Limiti
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 61
laquo;Mio padre ha ragione», pensava, «io sono un ometto di cacio fresco, una bestia, uno sciocco. Che bisogno c'è di pensare alle donne, e specialmente alla donna che non si deve guardare? Non si può vivere altrimenti? Uomini bisogna essere, uomini, leoni; ed io sono un agnello, una pecora matta. Ma cosa posso far io? Non mi sono fatto io così; se mi fossi fatto io, mi sarei fatto col cuore di pietra. Ma, chi sa, col tempo mi passerà questa pazzia.»
p. 69
- Una cosa è il sogno, un'altra è la realtà, Elias Portolu. Io non ti sconsiglio se tu hai la vocazione, ma ti dico che neppure ciò ti salverà. Uomini siamo, Elias, uomini fragili come canne; pensaci bene.
p. 70
Chiamo mia madre in disparte, e sento salirmi alle labbra le parole che già avevo preparate. Essa mi guarda, ed ecco, improvvisamente, sento battermi forte il cuore, e un nodo mi chiude la gola. Ah, no, zio Martinu mio, è impossibile, io non posso parlare, anche volendolo. Potrei commettere un delitto, ma rivelare quella cosa ai miei parenti, no. Non è possibile.
p. 71
- Il fatto che ti ho raccontato, - aggiunse il vecchio, - non ha, certo, confronto con la tua storia; ma dimostra egualmente come al disopra di noi ci sia una forza che noi non possiamo vincere. Tuttavia se tu puoi, Elias Portolu, cerca di fare qualche cosa!
p. 72
D'improvviso sollevò il capo, e stette come ad ascoltare una voce lontana; poi prese il foglio, la penna, il tubolo, rimise tutto nel nascondiglio, e ritornò verso la capanna. Non poteva vincer la forza superiore di cui gli aveva parlato zio Martinu.