Giuseppe Desś
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Desś
p. 11
laquo;Dio non è mai dalla parte dei poveri e dei giusti» diceva e scriveva attirandosi l’accusa di rivoluzionario e blasfemo; e, quasi a dimostrazione di questo apoftegma, i pastori arrestati, Mummìa e Tincone, furono condannati e impiccati, secondo l’uso, nella piazza principale dei loro rispettivi paesi, Tincone a Nuoro, e Mummìa a Norbio: furono anzi queste le ultime esecuzioni che si ebbero nell’isola prima della unificazione del Regno e dell’abolizione della pena di morte.
pp. 12-13
E che, Don Francesco, vi siete convertito? Vedo che state pregando! «No, io non so pregare,» disse stizzosamente «pregate voi anche per me. Quest’uomo è morto per il bene di tutti.» «Peccato!» disse la vecchia. «Era un brav’uomo, ed era anche bello.» L’avvocato annuì gravemente. «Anche Cristo era bello» disse. La vecchia scappò via come se avesse sentito una bestemmia.
p. 13
Fulgheri continuò a scrivere e a parlare contro la legge delle chiudende, si batté contro gli abusi e le ingiustizie, col solo risultato di confermare l’opinione di coloro che lo consideravano un pericoloso sobillatore e un giacobino. Fondò anche un periodico che dirigeva, scriveva e pagava da solo, per dibattere a fondo i problemi agricoli ed economici dell’isola, e, in particolare di Parte d’Ispi; attaccò il governatore, i giudici della Regia Udienza, fu ammonito, querelato, e infine processato e condannato a una lieve pena detentiva, che scontò nel carcere di Buoncammino, a Cagliari, ma non appena rimesso in libertà riprese la sua inutile battaglia.
p. 13
Apparteneva a un’antica famiglia patrizia, quella dei conti di San Giovanni Nepomuceno, ma in contrasto con la tradizione famigliare, aveva sempre avversato i Savoia per le proprie convinzioni repubblicane, e per il malgoverno esercitato nell’Isola.
p. 13
Intanto era stata proclamata l’unità del Regno, e Fulgheri non si stancava di ripetere che si trattava della unificazione della burocrazia dei diversi stati italiani, soltanto della unificazione burocratica; perché l’unità vera, quella per la quale tanti uomini si erano sacrificati, si sarebbe potuta ottenere soltanto con una federazione degli Stati italiani.