Giacinto Satta
Sassari, Tipografia della Nuova Sardegna
Il tesoro degli angioni
Giacinto Satta
p. 49
Ed era pur gentile la povera fanciulla, coi suoi capelli bruni naturalmente ondulati attorno alla fronte bianca, coi suoi occhi castani dall’espressione di inalterabile dolcezza, e la piccola bocca sorridente.
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L’individuo, ultimo arrivato, che rispondeva al bizzarro nomignolo di Falcu cecu – una figura, storica anche questa, di malfattore gallurese che una sua arditissima evasione dal carcere di San Leonardo rese celebre più che non l’abbiano fatto i suoi delitti – era un giovane già sulla trentina, di media statura, ma robustissimo, dal viso largo, ossuto, mal squadrato, i capelli e la corta barba d’un biondo di lino sbiadito, gli occhi grigi, piccoli, affossati, affetti da un leggero strabismo.
p. 64
Chi aveva banco in quel momento era, o appariva dagli abiti, un contadino agiato, d’un’età piuttosto matura, come lo dimostrava il grigio dei folti mustacchi e della corta barba.
p. 64
Ed egli, che aveva riacquistato la sua impassiblità turbata un istante, trasse da una tasca interna una lunga borsa di pelle, unta e nera dal molto uso.
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Egrave; un uomo sulla quarantina, dal volto d’un pallore che i suoi nuovi e numerosi amici trovano di un’aristocratica distinzione, messo anche più in evidenza da un collare di barba e da baffi nerissimi come i capelli che, secondo la moda del tempo, porta lunghi e ricadenti ai lati di una fronte ampia e bassa, sulla quale sono divisi da una larga discriminatura. Gli occhi grandi e neri sotto folte sopracciglia che si riuniscono alla radice del naso, darebbero alla sua fisionomia un’espressione di durezza, se non la temperasse un sorriso quasi costante che gli schiude le labbra mostrando i denti bianchissimi.