Giacinto Satta
Sassari, Tipografia della Nuova Sardegna
Il tesoro degli angioni
Giacinto Satta
p. 26
Il cielo era già tutto bianco e le poche nuvolette vaganti all’orizzonte si coloravano dell’oro dell’aurora, quando il Delogu si destò.
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Fu in uno di questi rari momenti di lucido intervallo che vide, o gli parve vedere, curvo su di lui uno strano gruppo: una vecchia donna, vestita di nero, che in un atto pietoso tergeva con un pannolino la sua ferita e, in piedi, dietro di lei, un uomo d’alta statura, dalla lunga barba grigia, intento a seguire con gli occhi quanto la vecchia faceva.
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Da tutto quell’insieme triste, nero, sudicio emanava un’impressione, non disgustosa soltanto, ma inquietante.
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Proto Fera guardò curiosamente quel volto acceso, contratto dallo spasimo dell’ebbrezza, cogli occhi semichiusi, imbambolati, lagrimosi e lappoleggianti, sotto un’arruffata capigliatura rossa che andava a confondersi con una barbaccia incolta dello stesso colore.
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L’altro si tolse il cencio di berretto che gli cuopriva il capo e d’un colpo anche la parrucca rossastra e la barbaccia dello stesso colore.