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arte aspirazioni colori contatti con altri paesi costumi emigrazione flora e fauna gente geografia giornalismo istruzione italia ed europa leggende limiti lingua modi di dire nazioni extraeuropee religiosità riferimenti letterari storia

Gente

Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941

Colombi e sparvieri

Grazia Deledda

p. 148
Tutto il santo giorno gli uomini giuocavano alla morra come fanciulli, e i vecchi tacevano, seduti all'orientale sopra la pietra delle panchine, immobili e già morti prima di aver chiuso per sempre gli occhi.

costumi, gente

p. 189
La primavera calma e quasi austera dell'altipiano e quel grandioso paesaggio chiuso dal mare erano degno sfondo al quadro popolato di tipi bellissimi, dal vescovo decorativo seduto ai piedi di una quercia come un sacerdote druidico, ai vecchi pastori che neppure per mangiare si levavano il cappuccio dalla testa; dal prefetto pallido e sarcastico vestito da cacciatore, al segretario del comune che per l'occasione s'era comprato un abito da società e un
cappello duro.

flora e fauna, gente, geografia

pp. 197-198
Gli altri fantini, scalzi e a testa nuda, si sbeffeggiavano a vicenda lodando ciascuno il proprio cavallo [...] in lontananza sui dirupi dardeggiati dal sole nereggiava la folla qua e là come macchiata di sangue: il rosso dei corsetti paesani.
La fame e il calore del sole mi davano il capogiro; guardavo con ansia i cavalli più belli del mio, ma speravo di vincere almeno il secondo, almeno il terzo premio. Era necessario; bisognava che portassi a casa almeno cinque lire. Finalmente un uomo ci dispose in fila e batté le mani. I cavalli partirono come freccie fra nuvole di polvere e ben presto io, che fin da principio m'ero trovato fra gli ultimi, mi vidi solo, curvo sulla criniera umida del cavallo ansante, solo, ultimo, votato allo scherno della folla. Vinto da un'angoscia profonda cominciai a urlare per aizzare il mio cavallo; ma gli altri correvano sempre avanti ed io avevo l'impressione che si inseguissero e scappassero l'uno dopo l'altro pazzi di terrore e di rabbia.
Ma il più folle era il mio, ed io quasi del tutto disteso sulla sua groppa ardente più che guidarlo mi lasciavo trasportare da lui. Allo svolto sopra la fontana il cavallo che precedeva il mio inciampò e rallentò la corsa: in un attimo lo raggiunsi, lo sorpassai e il coraggio mi ritornò. Mi sollevai urlando: il cavallo come preso da un impeto di gioia nitrì e raddoppiò di velocità. Ecco sorpassato un altro cavallo, poi un altro ancora... Mi pareva un sogno. Prima di arrivare all'abbeveratoio, dove già la folla guardava e gridava, raggiunsi e sorpassai gli altri cavalli. Il  cuore mi batteva violentemente; vedevo tutto intorno grandi macchie rosse e sentivo come un ronzìo di api. La gioia mi dava le vertigini. Non pensavo più a niente, né al premio né alla matrigna; solo, all'improvviso, sentii una voce che mi fece tremare:
- Bravo, Oronou, bravo!.
Ma alla voce del padrone il cavallo sussultò e si scosse violentemente come per liberarsi del mio peso, ed io precipitai sulla polvere come un sasso buttato dall'alto...
La polvere mi parve rossa, i ferri del cavallo che mi passava sopra mi percossero la testa come martelli... Ma più che il dolore mi fece svenire il grido di terrore della folla.

colori, costumi, flora e fauna, gente

p. 203
Mi pareva d'essere su una montagna illuminata dalla luna, tra roccie fantastiche e tronchi d'alberi fossilizzati, e che noi tutti che formavamo il circolo del ballo tondo fossimo uomini primitivi riuniti per una danza sacra dopo la quale ciascuno di noi poteva portarsi via la sua compagna e folleggiare con lei nel paesaggio lunare, nascondendosi entro le grotte, baciandosi all'ombra delle quercie, vivendo insomma secondo il suo istinto e il suo desiderio.

costumi, flora e fauna, gente

p. 210
Intanto per continuare gli studi vendevo la mia poca roba: questo mi diminuiva agli occhi dei miei compaesani e si diceva che spendevo i denari per divertirmi. Ogni volta che tornavo in paese mi si guardava con maggiore curiosità e diffidenza

gente, istruzione, limiti

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