Stefano Sampol Gandolfo
Roma, Tip. G. Ciotola
L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia
Stefano Sampol Gandolfo
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Chi sono quelle due matrone, che vestite di nero, coi volti nascosti in due fittissimi veli neri, hanno assistito e continuano ad assistere genuflesse a tutta l'oderna funzione in fondo alla cappella della Santa Sindone, lo sapranno i lettori nello svolgimento del racconto che intraprendiamo.
pp. 11-12
Avvolto nella sua tunica di panno grigio, che gli stringe ai fianchi una larga cintura di cuoio nero.
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Chi non può avere la fortuna di contemplare quest'oggi le care sembianze di quell'angiolo di bambino, che tutto va osservando estatico e sorridente sulle ginocchia materne, potrà ammirarle un giorno nelle pinacoteche della Casa di Savoia, e venerare sugli altari.
pp. 12-13
Venerandi Prelati, Eccelsi Principi, Illustri Baroni, Nobili Signori, Figliuoli, Fratelli, Amici miei dilettissimi, io vi saluto nel Signore!
[...] il mio primo pensiero è di prosternarmi colla faccia nella polvere per la vergogna dei miei peccati, di confessarmi indegno della grazia che mi concede, e di giurare solennemente al cospetto di Sua Divina Maestà, e Vostro, fede, ubbidienza ed amore eterno alle leggi di Dio, della sua Chiesa e del suo Vicario sulla terra.
[...] io non cesserò di pregare Dio Benedetto per la felicità dei miei antichi sudditi e del loro nuovo sovrano, acciò li governi con giustizia e con amore. Confermo il mio giuramento di voler vivere e morire in mezzo ai miei diletti compagni e fratelli, in questo sacro e tacito romitaggio, lungi dai tumulti del secolo, entro le cui mura mi sarà pascolo la contemplazione, conforto la preghiera, gaudio la penitenza.
Venerabili Prelati, Eccelsi Principi, Illustri Baroni, Nobili Signori, Figliuoli, Amici miei dilettissimi, pregate per me, come io pregherò debolmente per voi. Io vi saluto.
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Era il grande, il virtuoso, il tanto perseguitato Pontefice Eugenio IV, che da Firenze, ove travestito da povero frate aveva potuto riparare, fuggente dalla città eterna le ire dei turbolenti Colonnesi e il tradimento della corrotta regina Giovanna II di Napoli, indirizzava al Duca Amedeo VIII di Savoia queste belle ed affettuose parole.