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autori

Enrico Costa

opere

La bella di Cabras

Enrico Costa

Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007

La bella di Cabras

Enrico Costa

p. 27
Sul vasto campo, lambito dalle onde dello stagno, si svolge la parte dilettevole del programma festivo, dedicata al ballo tondo, alle allegre merende e alla corsa dei cavalli, che parton dalla gran torre e arrivano là, percorrendo due o tre chilometri di strada.

costumi, geografia

pp. 27-28
Intorno al campo, qua e là, carri con botti di vino nero, o di vernaccia, ai quali ricorrono i festaiuoli per inaffiare abbondantemente gli aranci e i mandarini di Milis, di cui si fa un consumo grandissimo. E' veramente grazioso vedere centinaia di persone, a gruppi distinti, in piedi o sdraiati sull'erba, a far merenda, o a cioncare. Mentre da una parte s'improvvisa il famoso ballo tondo con canti e launeddas, a cui prendono parte i soli uomini, dall'altra si assiste alla corsa dei barberi, che si possono comodamente veder arrivare, senza interrompere la merenda e senza bisogno d'alzarsi in piedi. Le donne del paese, per la maggior parte in piedi o accoccolate, si schierano lungo il muro di cinta che fiancheggia la chiesa; e di là saettano coll'occhio curioso e birichino le scene dell'allegra festa e i volti dei fidi innamorati, che ballano... senza donne.

costumi, geografia

p. 27
Dal corpo del fabbricato spuntano superbamente la gran cupola dell'altare maggiore e il cocuzzolo piramidale del campanile, l'una e l'altro placcati con mattoni verniciati a diversi colori, che splendono al sole come la corazza a squame di un grosso muggine di stagno.[...] Quest'uomo, che pare solitario in mezzo alla folla, ha un compagno in alto, il campanaro; il quale non fa che picchiare a ripicchiare sulla campana; tentando in unione col suo mesto collega, di concertare un terzetto allegro, tratto dai tre regni della natura; bronzo, legno e pelle d'asino. [...] L'occhio spazia sopra uno sterminato orizzonte, rotto qua e là dal ciuffo di qualche palma isolata, o dalle acque stagnanti che dormono ad occidente del paese. Intorno al campo, qua e là, carri con botti di vino nero, o di vernaccia, ai quali ricorrono i festaiuoli per innaffiare abbondantemente gli aranci e i mandarini di Milis, di cui si fa un consumo grandissimo.

arte, costumi, flora e fauna

p. 27
Dal corpo del fabbricato spuntano superbamente la gran cupola dell'altare maggiore e il cocuzzolo piramidale del campanile; l'una e l'altro placcati con mattoni verniciati a diversi colori.

arte

pp. 28-29
Dovrei qui spendere qualche parola sulle launeddas, sul canto e ballo sardo, e sulla corsa dei barberi, ma lo credo inutile, poiché in proposito si è detto e scritto un mondo di roba. Secondo il Bresciani tutto in Sardegna risale all'Oriente. Nel ballo sardo egli riscontra i balli pirrici della Troade, dei Cureti in Creta, dei Coribanti in Frigia, dei Dàttili in Bitinia, dei Salii nel Lazio; balli che si facevano a suon di crotali, di sistri e di tibie, le quali non sarebbero altro che le sarde launeddas a tre calami. Parlando di certi balli sardi, veduti a Pirri ed a Quarto, il Bresciani dice di avervi notato “...il corrotto delle feste adonie con tutto lo smaniare delle donne di Biblo e di Berito sopra il giovane Adone ucciso dal cignale, e poi ricondotto a vita pel grazioso dono di Proserpina...” E scusate se è poco! Lo stesso scrittore trova orientali i giuochi pubblici e segnatamente le corse dei cavalli, la foggia dei freni, il montare in sella e il gettarsi indietro correndo. Corbetta invece scrive che quello dei sardi “è un correre veramente barbaro, proprio dei veri selvaggi delle lande e pampas dell'America del Sud...”. Sono asiatici, o sono americani i nostri fantini? Il Bresciani ama tanto le voci del canto sardo, nelle quali ei trova “una certa grazia che appaga l'udito e lo accarezza dolcemente con tale non so che di soave mestizia, la quale è creata da un tremolio che fan le voci...”. Il Corbetta invece non può soffrire la musica delle launeddas, la quale (dice lui) “è piuttosto barbara che primitiva: un'armonia che non è armonia, tutt'altro che dolce; eppure i sardi ne vanno pazzi...” Sempre d'accordo gli scrittori di cose sarde”.

costumi, geografia, lingua, nazioni extraeuropee

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