Enrico Costa
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
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Cabras deve la propria fama alle sue donne, giudicate per voto unanime le più belle della Sardegna. [...] La fama delle belle donne di Cabras trasse in ogni tempo molti visitatori a quel paese; e non vi fu poeta, non storico, non archeologo, né viaggiatore, sardo o straniero, che non ponesse in rilievo l'eterno femminino di quel lembo di terra – cogliendo magari per pretesto la visita scientifica od artistica agli avanzi dell’antica Tharros, sepolti in quelle vicinanze.
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Più che al suo famoso stagno, così ricco di pesci, più che alle sue vigne e ai molti oliveti che gli fanno corona.
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Lamarmora, Valery, Delessert, Malzan, Mantegazza, Corbetta, e molti altri – venuti in Sardegna per studiarci in tutti i sensi – hanno dedicato più d’una pagina dei loro libri al villaggio di Cabras, come più d’una pagina hanno ad esso dedicato diversi scrittori sardi, fra i quali l’Angius e lo Spano. Malzan osserva, che gli abitanti di Cabras, per il loro tipo speciale, si distaccano in modo notevole dal resto dei sardi; locché egli ascrive alla loro derivazione dagli abitanti di Tito, nell’antica Fenicia, colà immigrati nel secolo XIII: “L’emigrazione in Oristano dei cristiani d’Oriente – egli scrive – dà la chiave del perché Cabras ricordi tanto sorprendentemente il tipo greco-orientale” [...] Lo Spano crede che la robustezza e il bel colorito degli abitanti di Cabras provengano unicamente dall'uso che essi fanno della vernaccia, vero antidoto contro la malaria.
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Valere, invece, ci dice che all’uso smodato del vino e della carne debbano i campidanesi la precoce loro vecchiaia, che, d’ordinario, comincia ai cinquant’anni.
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E il Lamarmora, punto nell'amor proprio, si vendicò del Valery, accusandolo di aver esagerato la bellezza degli asini di Sassari.