Romolo Riccardo Lecis
Roma, Maglione e Strini, 1923
La razza. Frammento di recentissima storia
Romolo Riccardo Lecis
p. 167
Tutti gli ufficiali ammirano il valore e l’abnegazione del soldato sardo; io faccio del mio possibile perché questa stima si accresca sempre più.
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Possiamo senz’altro dire ch’egli si proponeva di rivedere, ripreso che avesse vigore, tutti i punti strategici o non, pittoreschi e felici di Barbagia: sarebbe ripassato per le foreste e i boschi e is tancas dei cui mille diversi aspetti serbava un ricordo chiaro ad onta della lunga assenza.
Quella severa Barbagia superba di sue orride bellezze soggiogava il cuore dell’artista e il cuore del figlio: l’uno assetato di bellezza, di natura ed arte, l’altro assetato e traboccante d’amore.
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I luoghi di Barbagia si prestano per le cavalcate classiche in modo meraviglioso. Si affrontano erte che sono per il cavallo una prova difficile; si sente con orgoglio giungendo su ripiani superbi l’ansito violento della bestia generosa che si scrolla, rode i freni, si ferma e studia attentamente le altre erte che si susseguono. Si superano anche quelle, a trotto, a galoppo, e si conquista un paradiso. Sono orizzonti sconfinati, a quando chiari, a quando pallidi, a quando civettanti tra mille tinte incerte disgregantisi e ricomponentisi di continuo; le catene lontane delle montagne appaiono in una sola linea fluttuante di cui non si scorge più la fine: e da quello sfondo e da quella visione lo spirito avvinto, sospeso, non si stacca se non estasiato.
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Epperò, ecco Barbagia e Ogliastra, le regioni sorelle e finitime unite dagli stessi caratteri biologici di razza, attraverso la parola di un illustre prelato che le dilige e le soccorre d’amore, instancabilmente: "Ricca, varia. Bella tutta la plaga. In capo il Gennargentu; a destra, ai piedi, il Flumendosa; a manca, dal Monte Santo, sui confini di Dorgali, a porto Corallo, presso Muravera, il Mar Tirreno.
Ovunque l’orizzonte è come una festa di monti, di colli, di balze che si alternano di giogaia in giogaia come gigantesche onde incalzantesi al mare: quasi ciascuna catena sta a sè, ed ogni monte o colle sorge da sè, dai piedi nella pianura, e con le pendici, con le vette soleggiate ed ombreggiate dalla propria luce.
Appaiono le rocce brulle, sassose, capricciose, irte, facili, tagliate a picco; e colline incantevoli, verdeggianti, simmetriche, come innalzate a belvedere sulle cerulee onde del mare".
Ai piedi del Gennargentu, propriamente della montagna Perdaliana, che all’altezza di circa 1300 metri termina acuminata in forma precisa di gigantesco castello, con mura e torri e spalti e merli, figurano belli e caratteristici i così detti corongius i quali movendosi dal Nord al Sud Est, verso la stazione di Gairo prima, per Ulassai, Jerzu, poi; di qua fino a Monte Ferru. Di là sino a Taccu Mannu ed a Tacchixeddu di Tertenia, vanno come una sola catena compatta di ciclopiche muraglie dolomitiche – ove crollanti ed ove superbe nella loro interezza – coronate di roveri, di cespugli, dalle più fantastiche forme di stalattiti sotto la volta del cielo!
E la vegetazione è ricca. Varia, poderosa ovunque! […]
Quale incanto nell’altopiano di Sadali, profumato di timo, serpillo, ramerino, issopo, maggiorana!.... Come più aprico l’altro che dalle pendici di S. Vittoria va fino alla solitaria Escalaplano, ed indi – solcato dal Flumineddu, limitato al Sud dal Monte Cardiga, ad est dalla contrada di Quirra – volge più alto, più ricco verso Perdas de fogu e poi fino al Corongiu di Jerzu!
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E la vegetazione è ricca. Varia, poderosa ovunque! Qui gli impareggiabili versi di Orazio:
"Qua pinus ingens albaque populus
Umbram hospitalem consociare amant
Ramis et obliquo laborat
Lympha fugax trepidare rivo"
si avverano a meraviglia, e l’ipercritico non ha nulla a ridire!...
Ed invero vedi insieme la quercia gigantesca e il pino e il pioppo e l’eucaliptus gigante: il castagno, l’ulivo capriccioso selvaggio, l’ontano, l’olmo, il ginepro, l’arancio, il cedro, la palma altissima, il fico d’India, cactus incessante, secolare, con mille fusti su mille fusti, il lentischio, l’oleandro fiorito, e il corbezzolo con le coccole come gocciole di sangue, mirto, sparto, ferula, roveri e pruni d’ogni sorta: la canna palustre pennacchiuta, ortacei di ogni specie: carrubi, mandorli e frutteti; una vegetazione di un verde cupo quasi nereggiante corre in ogni senso ed in ogni verso dal mare al piano, dal colle al monte: ogni roccia è inghirlandata, ogni crepa di sasso e di macigno ha un ciuffo di verde.