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autori

Romolo Riccardo Lecis

opere

La razza. Frammento di recentissima storia

Romolo Riccardo Lecis

Roma, Maglione e Strini, 1923

La razza. Frammento di recentissima storia

Romolo Riccardo Lecis

pp. 92-94
A tergo la busta recava i colori della brigata Sassari.
Il giovine lacerò la busta, tirò fuori un doppio foglio di protocollo ripiegato con molta cura, lo svolse, prima ancora di leggere disse alla madre: « È una relazione del Comando di reggimento » e poi lesse con una viva concentrazione di attenzione quel che segue:
Fac simile della "Proposta di premiazione al valore per il maggiore Ruggero Ersini"
Deposito X Reggimento fanteria
Ufficio Comando
"Ebbi alle mie dipendenze il maggiore Ruggero Ersini quale capitano comandante la compagnia X. del 151 fanteria (brigata Sassari) nel febbraio del 1915 […]
Segnalo un ciclo di azioni nelle quali il menzionato ufficiale diede ripetute prove delle sue eminenti qualità militari.
Il 25 luglio 1915 si offrì volontariamente per prender parte all’azione che doveva aver luogo in quello stesso giorno nel Bosco Cappuccio.
Il 26 dello stesso mese prese parte ad altro combattimento. Nella sera di quel giorno, in circostanze assai difficili, egli riuscì a riordinare e ricondurre più volte al fuoco e al contrattacco varî reparti alquanto scossi, rimanendo sempre calmo e imperturbabile davanti al nemico che minacciava con grandi forze di infrangere la resistenza della linea.
Nel giorno 27 egli prese parte ad una nuova azione nella stessa zona, ed anche in tale circostanza riconfermò la sua abilità di comandante. Per le qualità egregie dimostrate nel combattimento fu proposto per la medaglia d’argento al valore, ma ebbe solo quella di bronzo (27 luglio 1915. Bosco Cappuccio)".

italia ed europa, storia

p. 95
Seguivano queste brevi ma non laconiche parole segnate dal maggiore:
"Per mio figlio Marco
sardo d’origine per essere italiano di fede. Egli che ha cuore e coscienza non meno nobili dell’ingegno, vorrà tenere come mio primo titolo d’onore quello d’essere io stato combattente d’Italia. In eredità prima d’ogni altra cosa lascio a lui questo titolo perchè lo raccolga con orgoglio. L’operosa fatica per accrescere grandezza alla patria nei momenti di fortuna, per salvarla da un’onta nei momenti del pericolo, redime da ogni errore e da ogni colpa. Chi muore nella difficile missione è uomo che appartiene alla gloria".

italia ed europa

p. 97
Solo la vecchia signora se n’era valsa [della carrozza] per rade passeggiate verso la solitudine del Gianicolo.
Ella poi usciva di casa la mattina d’ogni giovedì e d’ogni sabato, per consuetudine, scendeva dinanzi alla chiesa di S. Maria del Popolo, si raccoglieva là per poco con devozione, poi risaliva nel legno, faceva il solito giro e rientrava.

arte, religiosità

pp. 100-103
Scendevano allora in punto per la strada deserta due sacerdoti, e appariva sul loro volto quel bagliore di luce ideale che viene dalla rinunzia ad ogni bene mondano, dalla preghiera e dalla contemplazione, e appartiene talvolta più alla vita del di là che a questa. E seguiva in landò scoperto un porporato con in mano un piccolo libro schiuso dinanzi, concentrato in meditazione. […] Ersini guardò ammirato, quasi notasse la verità per la prima volta, l’aspetto di quei sacerdoti dai quali partiva un raggio di benessere spirituale che gli toccava e gli apriva il cuore. Ersini non apparteneva alla categoria dei signori che professano per culto il disprezzo della sottana nera, dei sacri arredi e della chiesa. Per culto egli aveva altro: il rispetto a tutto ciò che è rispettabile; e la grandezza del magistero spirituale gli appariva troppo chiara e troppo alta per tentare il sorriso, spesso incosciente del dileggio. Conseguentemente a chi fosse strumento operoso delle mille idee trionfatrici di bene che s’imperniano nel cardine di una religione, tributava onore.
Tale era la sua coscienza. Cristiana? Lo crediamo. – E quello storico asserto di G. Washington, secondo il quale "l’esperienza e la ragione insegnerebbero non potere la moralità di un popolo mantenersi senza il principio religioso" non gli era, d’altro canto, ignoto; era bensì anche suo.
Ed ecco perchè non avrebbe egli compreso che altri gli avesse chiesto di portare altrove la concezione del divenire del gran progresso umano. Parallelamente alle altre conquiste formidabili della civiltà, Ersini non vedeva camminare una conquista ben importante: il sicuro progredire morale dell’uomo; ed era ciò, nel suo ardore civile, l’assillo tormentoso; era ben quella per lui la gran carie del mondo; era ben là che egli avvertiva l’inganno di una civiltà non compiuta che trascura lo spirito pur di servire attivamente alla materia. E, in verità, non si avrebbe qui un inganno quasi mostruoso, se propagato coscientemente?
Ora, se questa è una parentisi, chiudiamola: soggiungendo tuttavia che nella fatale sera del 4 maggio l’incontro dei sacerdoti ebbe il potere di richiamare Marco Ersini a quell’equilibrio stabile di pensiero che gli era necessario e che gli era venuto meno. Egli cadde – parrà strano a taluno che non sappia il candore delle anime credenti – nella più francescana meditazione sull’assoluto del dovere. Epperò noi ci accorgiamo di chiudere quella che potendo parere una parentisi è invece nesso logico utilissimo e imprescindibile. La rigidità inflessibile del dovere posta a norma di un’operante vita di sacerdozio fu per tutta un’ora l’addentellato solido dei pensieri di Ersini. Non già che vi fosse – e sia detto per chiarezza – in colui che aveva alta coscienza civile un dissidio interiore o una lotta latente nel dibattito al quale arrivava. Ma nondimeno quella norma nell’assoluto lo dominava – abbracciata com’era da quegli spiriti semplici con una dedizione veramente sublime. Ma sopra ogni cosa quell’esempio lampante di ardore racchiuso per la bellezza non terrena di un sogno di apostolato ch’era fatto di sagrificio lo soggiogava. Dall’attrazione esercitata da quelle anime sull’anima sua, si originava in Ersini questa segreta, sincera voce d’invidia: "Veramente beati se, come infatti credo, anche la profonda sofferenza è per loro fonte di più profonda gioia; se vita per loro vuol dire continuo amore e vuol dire sagrificio; se trapassare per loro è rivivere".

religiosità, riferimenti letterari, storia

pp. 103-104
Purificato il cuore dal dolore come purtroppo nessuna gioia può purificarlo, ogni scoria cadde; e dinanzi all’augusta grandezza della missione imposta dalla patria scomparve il resto.
Anche fu osservato come egli avesse saputo nelle ore di gaudio giurare fervorosamente che avrebbe ripagato di un indugio mille volte la patria stessa. Ed ora si compiva la promessa.

italia ed europa

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