Costumi
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
pp. 191-192
Infatti quei Sardi, nostri padri, erano irremovibili nelle loro parole; così lo fossero stati solo in punti d'onore; ma sgraziatamente lo erano anche nelle vendette!... Avrei del pari dovuto far notare a signor Efisio che i genitori hanno tutto diritto, anzi stretto dovere di educare i cuori dei figli, ma non mai soggiogarli, però quei buoni padri la pensavano a modo loro, e quel ch'è peggio, non volevano essere contradetti; ragione, l'ignoranza dei tempi e quell'avanzo di barbarie medioevali che tuttavia serpe fra i cuori non ingentiliti.
pp. 192-193
Signor Efisio – è duopo qui dirlo – era uno di quei genitori del tipo caratteristico, che come vi accennava, sono inflessibili nei loro propositi e non ascoltano voci del cuore, spesso sagrificando teneri affetti e rendendosi colpevoli di mostruosi delitti. Costoro si evadono dalle accuse colla pretensione di esser a lor affidato l'avvenire dei figli; epperò, per quanto omninamente possono, tentano d'assicurarlo, e soffocando ogni passione che lo pregiudichi! Come se un avvenire vantaggioso formi la felicità dell'uomo cui solo tende e la felicità sia un bene puramente materiale!.... Educhino i genitori i cuori dei figli e vi facciano gli sforzi; ma nelle aspirazioni siano lasciati liberi, perocchè sia questa legge di Dio, legge di natura! - La felicità dell'uomo non può raggiungersi che colla libertà e col conseguimento ragionevole dei rispettivi desideri. - Questi individui se mai ne sussistessero nelle presenti società, e che tanto pregiudicano il bene morale dei figli, si concilino da una volta coll'emancipazione dell'uomo e ritengano che l'uomo è nato libero e vuol morire libero!
p. 203
Io non vi capisco; quel che comprendo si è che i giovani d'oggigiorno, trattandosi di matrimonio fannoci su tanti commenti, si lunghi esami di coscenze ch'è una disperazione...... Al mio tempo, sì che si tirava colle lungagini nel pigliar moglie. Venuto al ventesimo anno – e vè, non si varcava senza contrarre nozze – s'abbandonava un pochino a quale fanciulla convenisse unirsi, poi si sceglieva il paraninfo per trattare il negozio presso la di lei famiglia, la quale fatto consiglio sulla moralità del giovine, e sul vantaggioso partito, si dava il Sì, e un mese dopo i due contraenti erano fidanzati. Indi si maturavano le nozze, che riuscivano brillanti e buone quant'altre mai!
pp. 222-223
La sera l'eletta gioventù si raccolse sul piazzale per ballarvi il ballo tondo, suonato dal tamburello e dal piffero; io intanto mi faceva ad ammirare il simpatico e ricco costume di quella incontrada. Hanno, le donne un ampio giuppone a larghe pieghe di vivacissimo scarlato, con un farsetto trapunto a fiordalisi, aperto di davanti e di dietro e strettamente allacciato – e un giustacuore dalle maniche fesse da cui riboccano gli sgonfi della camicia, di bianchissima mussola; usano costantemente un drappo candido, che circonda la testa e una parte del viso a foggia di monachelle, e il gonnellino di panno bleu a ricci longitudinali, orlato da gallone azzurro, con un fiocco di dietro che scende a svolazzo. Il giustacuore poi, oltrecchè è ricco di ricamo, viene assicurato nel polso con bottonatura d'argento o d'oro a filigrana. Il costume degli uomini è press'a poco quello dei paesi del Logudoro, variando solamente nelle attillature, e manifesta una razza indipendente e fiera.
pp. 223-224
Quei berrettacci frigi – quei tabarri greggi – quelle bracche alla romana – e le pilose calzature. Danno all'uomo aspetto ruvido e selvaggio... Abbiamo persino di quelli che vestono la melote – detta dagli antichi Romani mastrucca – in cui stanno nicchiati come testuggini nel guscio! - Cotestoro, anziché ritenere ormai un tale arnese per oggetto d'archeologia, s'ostinano a portarlo qual caro retaggio dell'illustse loro Capo, il fiero Amsicora.