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Costumi

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

p. 138
Giunti pertanto nell'ovile, fu una gran noia da parte dei pastori che ci ricevettero con somma cordialità; poco dopo si inagurò la tosatura con certe cerimonie pastorali, con certe tosature e oblazioni in croce, fatte su una nivea pecorella, e tosto i pastori dettero mano ai ferri e intrapresero il lavoro. La comitiva s'era abbandonata all'allegrezza. Era bello vedere quelle gaie pastorelle, quei vispi garzoncelli, quali cantare sulle corde d'una sarda cetra, quali al suono della zampogna, quali formar cori e intrecciar carole con un tripudio farnetico esuberante.

costumi, flora e fauna, lingua

p. 143
A tal fine arrivati in paese, sostato un poco, Paolo e Riccardo si dettero premura d'uscire pel villaggio a invitare gli uomini più intendenti delle caccie, detti Capi-caccia, e gli aizzatori con le diverse mute dei cani, indispensabili in simili partite

costumi, flora e fauna

p. 151
La nostra brigata lungo il cammino era andata ingrossandosi; c'imbattevamo di frequente in gruppi d'uomini foresi, incapucciati, con lo schioppo in spalla; e in altri che avevano appresso grossi cani pel guinzaglio. - Erano i Capi caccia e gli Aizzatori con le diverse mute di cani, indispensabili nelle nostre caccie grosse. I raggi sbiesci del sole che ci ferivano, proiettavano sul terreno ombre fantasticamente grandi. - Sembravano giganti assisi su mostri con lunghe partigiane in resta. Quando arrivammo al luogo destinato per la partita, scendemmo da sella, consegnammo i cavalli ai domestici e c'internammo nel bosco. I capi caccia si dettero a ordinare le poste, nei diversi varchi, formando un semicerchio di sentinelle avanzate a cui si davano ordini speciali, nel tirare e la consegna di non muover passo; ciò per evitare degli equivoci disastrosi, potendo nella mischia ferire il compagno, o rimaner ferito. Dopo ciò, fecero marciare avanti gli Aizzatori, che si perdettero nel folto del bosco ove stavano accovacciati il feroce cinghiale e il volipide capriolo.

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p. 157
Oltre al mio cignale s'erano finiti due daini di che se n'era fatta gran festa ai bravi tiratori, ai quali, com'è costume, s'erano donati il vello e la testa della fiera uccisa. Fra costoro fui annoverato io, e come tale mi si fecero i niente meritati onori!... Dopo, i Capi-caccia squartarono le fiere, e a ciascuno fu data la sua parte di spoglia opima!... quindi s'imbandì la refezione, si mangiò e si bevè e si fece tripudio grande.

costumi, flora e fauna, lingua

p. 160
Volgeva intanto l'anno 1866. Italia avea un'altra volta chiamato i suoi generosi figli a redimere dallo straniero la bella Venezia, e a sciogliere le secolari catene a Roma soggiogata da un Papa-re. - Fu udito per ogni città, per ogni villaggio lo squillo della tromba guerriera; fu veduto accorrere numerose schiere di volontari con il grido unanime di redenzione, con un comune desiderio, con una sol meta. - Italia doveva essere una – dovea esser grande, bella e forte, e assidersi orgogliosa in Campidoglio con ferreo diadema in fronte!

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