Flora e fauna
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 41
Purchè non sia l'attendere del corvo!
p. 43
Ragione, un fico!
p. 46
Ma la cordula è vivanda da leccarsi le dita. Qui, con licenza del sardo lettore, voglio descrivere questo prodotto della cucina sarda. Tratte le viscere al capretto, o al porcellino, e ben rinettatele con molt'acqua, si pigliano il fegato, il cuore e la coratella, e involtele ne proprio omento, coi budellini legano girandoli a guisa di nastro, con molte intrecciature; indi s'infliggono a uno schidione, e rivolgendole alla viva bragia, si cuocono e se ne fa quell'arrosticciana delicatissima, che si chiama appunto cordula.
pp. 46-47
Quindi successe nei commensali come una lotta, nel contendersi palmo a palmo, o meglio, brano a brano non certo il terreno, ma l'opima spoglia del povero porchetto, che in breve fu letteralmente spazzato, fra l'acciottolìo dei tondi e l'eloquente tintinnìo dei bicchieri. Siffatamente era terminata la cena. I nostri giovani, bevuto un ultimo bicchiere, pagato lo scotto, uscirono di cantina, e poi di aver gironzato alquanto per le vie della città, se ne andarono saporitamente a dormire.
p. 46
Dopo la cordula venne portato in tavola il succulento porchetto, altra specialità sarda, cui, Padre Bresciani, illustratore classico dei nostri Costumi, dedicò una lunga pagina, ad uso e consumo dei gastronomi.