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Storia

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

pp. 83-84
Ecco là quell'altro tutto lindo e pettinato da parere un dio Cupido; col suo colletto alla diplomatica, colla sua cravattina bruna però picchettata a viola, coi suoi manichini alla moda – tutto spirante profumi, con un'aria dolce languida da cascamorto. - Egli è il prete alla moderna – il cicisbeo delle donne. Costui bazzica teatri, feste e balli, ove mena per solito una sua Psiche che ama quanto l'anima sua. Frequenta case signorili, ove al certo sono delle dee da incensare; e poichè, egli conosce un pocolino la musica e suonà benino al piano, viene pregato dalle donnine di suonare qualche pezzo, qualche fantasia nuova, ed egli, figuratevi se condiscende alla galante richiesta... Perciò non si da pranzo sontuoso senza che lui vi sia invitato, non si fa scampagnata senza che lui ci venga, anzi gnò diventa il direttore della brigata, o meglio il gingillino delle donne. - Ed è pur bello vederlo là attorniato da tante gonne dai colori svariatissimi, fare ora il giullare con mille spiritosità e buffonate, ora l'indovino e chiromante, leggendo sulle gentili manine quasi sempre un avvenire di rose, ora  il giocoliere con tanti pregi e destrezze sorprendenti!... E sì, ve l'assicuro io, che costui sa maneggiare destramente il bastone di Giacobbe – Così fatto sacerdote parmi il prete menestrello del secolo XIV. Quell'altro si tiene in casa un paio di servotte paffutelle e belloccie da far prevaricare un Sant'Antonio... E l'Ordinario fa un bel gridare ch'egli non debba avere a servizio donne, fuorchè sinodali.

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p. 113
Sei pur bello, mio sardo cielo!... L'animo sdegnoso di Tullio ti chiamò un giorno ingiustamente maligno.... nè per volger di secoli, la tua fama oltraggiata, s'è potuta riparare presso l'opinione degli uomini... Coloro che mai ti videro e che solo nutrono per te l'apatia ed il dileggio, per tale ti reputano tuttavia, e ti corrispondono incessantemente collo snaturato abbandono.

gente, storia

p. 115
Primeggiava fra tutti, Bono per la sua grandezza e ricchezza di pascoli e di bestiame; esso mi rammentò l'illustre nostro concittadino Giammaria Angioi che vi sortì i natali, il quale fu il primo a scagliar la pietra contro il feudalesimo, barbaro dominio che soggiogava tuttavia l'Isola colla più abbietta schiavitù. Ma egli fu vittima della tremenda ira feudale, fu bandito dalla patria, e gli toccò morire in terra straniera!... Mi rammentò un mio compatriota, l'esimio sacerdote Francesco Murroni, Parroco di Semestene; il quale, odioso anch'egli della tirannide, dotato di nobili sentimenti e di generoso ardire, avea preso ardente parte in quei moti liberali; ed egli pur si ebbe la stessa sorte toccata agli altri; fu catturato e chiuso infamemente nelle carceri di Sassari, ove morì pochi anni appresso!... Anche Bono con a capo il dottor Salvatore Frassu – altro illustre suo cittadino – come la maggior parte dei villaggi settentrionali, prese viva parte a quell'unanime grido di redenzione.

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pp. 115-116
Per cui partì da Cagliari il 20 giugno 1796 una Commissione Regia composta dei cavalieri Musso, Guiso, Delirio e Pintor-Sirugu ossia Pintoreddu. Arrivano in Bono il 20 luglio; piantarono 2 cannoni in S. Raimondo, i Bonesi fuggirono nella montagna di Suruddò tutti armati e facendo fuoco alla truppa. Si diede intanto il sacco al villaggio, uccidendo porci e bestiame: incendiando le case dei capi di Bonifacio Cocco, di Costantino Angioi, dei fratelli Rabatta e di Giovanni Antonio Manconi. Le truppe trovarono provvista di pane, carne e vino in molte case, si diedero a mangiare e bevere tanto che i soldati di Schmit restarono ubriachi, e cadevano per le strade. I Bonesi intanto erano all'erta, scesero dal monte, e s'impossessarono dei cannoni che portarono in trionfo dentro il villaggio. La Commissione partì per Ozieri, e l'affare fu ultimato con un'amnistia, e furono pure restituiti i vasi sacri che nel saccheggio furono tolti dalla chiesa.

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pp. 119-121
Questo Castello di Goceano – soggiunse – ha figurato molto nella storia dell'isola; esso fu innalzato nel 1127-29 da Gonnario di Torres. Verso l'anno 1191, dopochè Costantino di Torres era passato in seconde nozze con una donna catalana, detta Punclosia, questa fu rapita da Guglielmo di Massa dal castello dove essa si trovava, dopo un combattimento che succedette non lungi di la sopra la riva del Tirso; in seguito il castello fu restituito da Guglielmo a Gomita, fratello di Costantino. La storia dopo aver accennato il fine tragico di Barisone di Torres, assasinato nel 233 dai sicari di Ubaldo, soggiunge Adelasia, sorella di Barisone e vedova di Ubaldo, sposò in seconde nozze il famoso Ezio, figlio naturale dell'imperatore Federico, ma non ebbe molto a lodarsi di questo maritaggio, perchè la maltrattò, e finì di farla chiudere in questo castello dove sembra che essa morisse. - Questo Castello alla caduta del giudicato di Torres passò nelle mani dei Doria, indi fu occupato dai Giudici d'Arborea. - Nel 1323 fu dato in pegno col castello di Bosa da Ugone Giudice di Arborea per una forte somma che egli doveva al re d'Aragona; questi ne affidò la custodia a Raimondo Seminat. - Nel 1324 venne attaccato dai Pisani ch'erano sbarcati a Terraferma, ma non lo poterono prendere. - Nel 1328 Alfonso ne confermò la possessione ad Ugone d'Arborea. - Nel 1338 fu concesso a titolo di contea a Mariano, figlio d'Ugone. - In questa fortezza nel 1347 fu condotto il cadavere di Guglielmo di Cervellon morto nella foresta vicina, dopo la funesta giornata di Aidu de Trudu. […] Nel 1478 Arbaldo di Alagon ed il Visconte di Sanluri, dopo il cattivo successo dell'assedio di Ardara, e la disfatta di Mores, si ritirarono in questo castello. In fine nello stesso anno dopo la sconfitta del marchese d'Oristano sotto Macomer, Marongio, comandante dei Sassaresi al servizio del re d'Aragona, si diresse verso questo castello di cui s'impadronì dopo una corta resistenza, facendovi prigionieri due figli e due figlie naturali del marchese. Questo è l'ultimo fatto di cui il castello del Goceano è stato testimonio. D'allora in poi fu incorporato alla corona insieme a tutta la contea. Gli Aragonesi, padroni di questo paese, alla caduta dei marchesi d'Oristano, lo abbandonarono e così cadde in rovina.

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