Storia
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 15
O, Francesco Hernandez, tu che fosti il primo a recare da Tobasco la deliziosa pianta io ti saluto, e meco ti salutiamo e venerino quanti mai di essa facciano consumo!
p. 15
Di pari tempo tolsi dal carniero l'immortale poema del Canton di Goffredo, la Gerusalemme liberata.
p. 17
Vedi le invite armi dei Crociati affrontare con impeto sovrumano il Barbaro feroce – e rintuzzargli ben mille volte e mille l'insano ardire; e sconfiggerlo e fugarlo in piena rotta, anche a dispetto dei prodigi e delle furie d'averno.
pp. 18-19
Esule fin dai verd'anni dalla sua patria, Sorrento, ove nacque l'anno 1544, Torquato Tasso ramingò per l'Italia con suo padre, caduto ingiustamente in disgrazie del suo principe – e fino a che , non si riducessero entrambi a prendere ferma dimora in Padova. Ivi il Tasso frequentò con grande profitto le pubbliche scuole, e non tardò a manifestarsi in lui un sublimissimo ingegno e uno svegliato poeta; tant'è, ancora giovinotto diede alla luce di molte poesie, e pose mano a quel celebre poema, che doveva poi onorare tutta l'Italia. Fin d'allora, e nella fresca età di ventun anno, per la fama delle sue giovanili, fu invitato e accolto onorevolmente nella corte di Ferrara. Colà il Tasso, terminò di scrivere e pubblicò la sua Gerusalemme. [...] Ella fu la principessa Eleonora, sorella del Duca d'Este, presso cui albergava. Ella lo consolava con dolci e amorevoli parole; e gli addimostrò tanta benignità ed affetto, che il giovine poeta sentissi per lei commuovere, fin nelle più intime fibre del cuore, e l'amò.
pp. 20-21
E lo sciagurato Duca, anzi che compiangerlo, grandemente s'offende d'un tale amore, condanna il Tasso come pazzo, e come tale lo fa chiudere nell'Ospedale di Sant'Anna in Ferrara. Ivi l'infelice Torquato conobbe l'ingiustizia degli uomini e quanto sia folle l'affidarsi all'amicizia dei grandi... Ma il mondo pur seppe che il Principe, che lo aveva onorato, fu a ciò indotto, non per i meriti di quella gran mente, ma solo per un fasto di sò stesso. Il Tasso languì per ben sette anni! In quell'orrido carcere, oppresso dall'angustie dell'anima; finalmente, per l'intercessione di molti Principi, riebbe la libertà. Inallora fu veduto lacero e sfinito qual pezzente, errare per lungo nelle itale contrade quell'uomo, che tanto aveva onorato la sua patria! Ma la fama che si aveva acquistato delle sue opere, e che sempre più fulgida e gloriosa si divulgava, lo protesse anche nella miseria. E gli fu chiamato a Roma dal cardinale Cinzio Aldobrandini, suo antico amico, il quale – pel singolare affetto che gli nutriva e per i meriti dello straordinario ingegno del Poeta, gli aveva impetrato presso papa Clemente VII, suo zio, la corona d'alloro da conferirgli in Campidoglio. Sorrise il Tasso al maestoso invito, e non perchè gli premesse assai l'alto onore che lo aspettava, ma a sconfiggere finalmente l'invidia dei suoi avversari che lo perseguitava, accettò, e venne a Roma. Là, egli si era ritirato nel pacifico Convento dei frati di Sant'Onofrio colla sicura persuasiva di scendere da quel colle, solo pel trionfo. [...] Era il dì 25 aprile dell'anno 1595. Torquato Tasso fu vittima della crudeltà e dell'invidia degli uomini!