Religiosità
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 103
Ma il poveretto s'avea fatti i conti senza l'oste!... quel di don Barrile avea pensato celebrare de magnis solennitatibus – e non era stato quindi consiglio levare la pezzuola per tutto il giorno.
pp. 115-116
Per cui partì da Cagliari il 20 giugno 1796 una Commissione Regia composta dei cavalieri Musso, Guiso, Delirio e Pintor-Sirugu ossia Pintoreddu. Arrivano in Bono il 20 luglio; piantarono 2 cannoni in S. Raimondo, i Bonesi fuggirono nella montagna di Suruddò tutti armati e facendo fuoco alla truppa. Si diede intanto il sacco al villaggio, uccidendo porci e bestiame: incendiando le case dei capi di Bonifacio Cocco, di Costantino Angioi, dei fratelli Rabatta e di Giovanni Antonio Manconi. Le truppe trovarono provvista di pane, carne e vino in molte case, si diedero a mangiare e bevere tanto che i soldati di Schmit restarono ubriachi, e cadevano per le strade. I Bonesi intanto erano all'erta, scesero dal monte, e s'impossessarono dei cannoni che portarono in trionfo dentro il villaggio. La Commissione partì per Ozieri, e l'affare fu ultimato con un'amnistia, e furono pure restituiti i vasi sacri che nel saccheggio furono tolti dalla chiesa.
pp. 148-149
Quante diavolerie sballa a quei gonzi che bevono tutto e snocciolano soldi a bizzeffe! - Non v'è dubbio, interuppi – in Sardegna c'è tuttavia la superstizione in sommo grado nelle masse popolari; ciò fa rilevare anche la grande ignoranza che sgraziatamente regna in esse, e il poco zelo del sacerdozio a cui dovrebbe incombere il diradare le tenebre che annebbiano quelle menti, e staccare il plebeo dalle sue credenze! Ma il suo sacerdozio per comune sventura, ha creduto tener il popolo ignorante, superstizioso, e tanto per estendere il suo dominio e reggersi su un trono creato dal fanatismo e dalle riscaldate fantasie della gente che, non contenta d'arrogarsi poteri sul Cielo e sull'Inferno, voleva governare sulla Terra!
p. 155
La sera innanzi la fanciulla m'avea chiamato a se; eravamo soli nel giardino – avevamo colti di molti fiori e ne avevamo intrecciata una ghirlanda. - Era un reciproco ricordo, il quale doveva tirarsi a sorte a cui toccasse il serbarlo; la sorte mi favorì, ed io me ne resi padrone e lo tenni meco come lo tengo. - Quello era presagio che io avrei mantenuta la fede a che Violetta l'avrebbe infranta!
pp. 162-163
Nel furore di quella battaglia caddi ferito, credetti morire e mi raccomandai a Dio. - Quando rinvenni era notte; al mio sguardo si svelava un quadro terribile.... << Al lume Delle stelle lampeggiano le sguainate Sciabole. Brillan di sanguigne tinte I purpurei pennacchi, erti ed immoti Come bosco di pioppe irrigidito. Del Re custodi e della legge, schiavi Sol del dover, usi obbedir tacendo E tacendo morir, terror dei rei, Modesti ignoti eroi, vittime oscure E grandi, anime salde in salde membra Mostran nei volti austeri, nei securì Occhi, nei larghi lacerati petti Fiera, indomita la virtù latina... >> Era il campo di battaglia.