Leggende
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 219
Erano due studenti di Nuoro miei antichi compagni; andavano a fare una scampagnata in un ovile lì vicino e m'invitarono. Li seguii e passammo anche la notte lassù, cantando e ridendo. Quello che imitava la voce degli animali e il canto degli uccelli aveva un flauto e cominciò a suonare: a un tratto nel silenzio della sera tranquilla s'udì un lamento d'assiuolo, melanconico e cadenzato, or vicino or lontano come il grido di uno spirito errante nella notte. Lo studente suonava il flauto, l'assiuolo rispondeva col suo lamento; e il paesaggio notturno parve animarsi di folletti e di fate, di ninfe e di fauni, di cervi che si rincorrevano nel bosco e di lepri che danzavano alla luna.
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 32
La chiesa di San Francesco sorge sulle montagne di Lula. La leggenda la dice edificata da un bandito che, stanco della sua vita errabonda, promise di sottomettersi alla giustizia e di far sorgere la chiesa se veniva assolto.
p. 87
Credeva ai morti e agli spiriti erranti; e nelle lunghe notti della tanca, seguendo il gregge aveva più volte impallidito sembrandogli di veder guizzi misteriosi nell'aria, animali strani che passavano di corsa senza destare alcun rumore, e nella voce lontana del bosco, in quella immensa solitudine di macchie e di roccie, sentiva spesso lamenti arcani, sospiri e susurri.
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 756
E come dopo uno sforzo violento sentì le ginocchia tremarle; ebbe paura della sua promessa, ma non se ne pentì: lacrime di dolcezza e di angoscia tornarono a riempirle gli occhi; e attraverso il loro velo iridato le parve di vedere un arcobaleno curvarsi sopra di lei da un confine all'altro delle sue terre, e ricordò che da bambina andava in cerca dell'anello - l'anello della felicità - sepolto dove comincia o dove finisce l'arcobaleno.
Roma, Tip. G. Ciotola
L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia
Stefano Sampol Gandolfo
p. 30
Chi si faceva ad interrogare curioso i ciceroni e le guide mercenarie di quei giorni intorno a quei desolanti residui di una grandezza sparita: “Signore! Signora! ‒ si sentiva rispondere con mesto accento da tutti i rivieraschi del lago, uomini o donne, giovani o vecchi ‒ È là, dentro le prigioni sotterranee, umide, e buie di quel Castello dei Conti di Ginevra, che soffrì tanto, e che morì arsa viva… non l’avete mai sentita nominare? La Bella Savoiarda! Se sentiste che storia crudele”!