Leggende
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 210
E mi dipingeva la vita un Edea di delizie e di felicità suprema.
pp. 255-256
E mi pare, corrano tai tempi in cui ognuno debba vestire per andar vestito, non per comparire..... Le splendide toilettes sono in massima discrepanza col nostro secolo positivo per eccellenza! Tutti dobbiamo esser economi in ragione diretta delle dirette imposte che ne fioccano.... Aggiungete, i Medori, gli Amadigi non esistono più; che poi d'aver oprato le mirabile al possesso delle loro Sninfie, se la svignarono da questa terra di triboli.... e riposano placidamente sull'Olimpo! - Eppoi, i giovani d'oggigiorno – una manica di scioperati – volendo ficcar il naso dove lor non lice, hanno finalmente sverginato la Bibbia; quel libro misterioso ch'era misfatto leggere che i preti spiegavano a lor modo – e hanno scontrato, che i nostri progenitori poi d'aver divorato il frutto del vieto, spalancarono gli occhi e si riconobbero ignudi! - d'onde appresero, si debba pensare alle vesti pria di stendere mano al frutto!
p. 264
La bella Dulcinea... quella cara fanciulla che m'amava tanto... che avea versato un fiume di lacrime nel separarci... che avea lasciato sospirosa e triste come una Didone... ebbene, colei s'era data in petto un novello amore!
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 330
Il Ponte Grande – da noi più volte menzionato in questo racconto – ebbe fin da tempo remoto il battesimo di Ponte del Diavolo, poiché fu sempre creduto opera dello spirito infernale. Una tradizione popolare – pur riportata dal Lamarmora ed altri scrittori – narra che questo ponte fosse fabbricato in una sola notte dal diavolo, che in quel tempo era al servizio e in molta intrinsichezza con Leonardo Alagon, quarto ed ultimo marchese di Oristano, verso il 1470. Si aggiunse pure, che l'ingegnere infernale, troppo affrettato nella costruzione, non ebbe tempo di collocare le due grosse pietre che vi mancavano.
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 380
Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa; sì, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti.