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Costumi

Lanusei, Tipografia Sociale, 1885

Ritedda di Baricau

Marcello Cossu

p. 86
La tradizione attribuisce la formazione di questo passaggio ad un miracolo del famoso S. Giorgio, Vescovo di Barbagia, onde prese il nome. Si racconta, a proposito, che condotosi un giorno per la visita pastorale in queste parti montuose della sua diocesi, questo santo Prelato, trovandosi molto stanco, e obbligato di dover percorrere ancora della strada molto spaventosa e lunga per arrivare ad Osini, egli comandò alla montagna di aprirsi per facilitare un mezzo più pronto per arrivare' a questo villaggio; ciocchè fu dato all'istante.

costumi, geografia, italia ed europa, leggende, religiosità

pp. 94-95
Alla punta del dì, e lungo le notti serene, il Barbaricino trae la sua mandria dove e più abbondante il pascolo, né si piglia gran pensiero che questo gli appartenga o no: basta per lui che il suo armamento divenga numeroso e pingue. Di qui nascono frequenti contese, le quali spesso si risolvono con derubarsi a vicenda, o l'adiposo castratto, od il tenero torello, o la succulenta porchetta; quando non degenerano in risse, in coltellate e persino in schioppettate. Il Barbaricino veste costantemente la mastruca, come al tempo degli antichi Petidi, né malgrado l'invadente civiltà, i costumi dal suo vivere sono punto modificati da quelli dei prischi tempi. D'ordinario si ciba di carne e latticini, e non è corso gran tempo, in cui mangiava tranquillamente il famoso Pane di ghiande. I Barbaricini specialmente quelli dei villaggi di Baunei di Urzulei e di Triei solevano cuocere le ghiande nell'acqua, e come erano ben rammorbidite, le pestavano nel mortaio, e con uno spianatoio le schiacciavano e rimenavano sopra una lastra di pietra liscia. Indi cospargevano quel fitto pastume d'una specie di loto d'argilla untuosa, e fattone tortelli, a guisa di sfogliate, li spruzzavano di cenere, affinchè non s'appiccicassero al forno, e per dare loro un po' di sapore gli ungevano con strutto, lardo o con olio.

costumi, flora e fauna, geografia, italia ed europa, lingua

p. 97
Giorgio tolse la sua buona lama di Guspini, l'aguzzò con l'acciarino e fece in brani l'opima spoglia.

costumi, geografia, lingua

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

pp. 6-7
E il mattino del dì prefisso, levatomi per tempissimo mi abbigliai alla cacciatora; tolsi meco tutto l'occorrente per la caccia: alcun poco di biancheria che misi provvisoriamente nel carniero, qualche libro dilettevole, il mio fucile a due canne << vero rubans >> e il mio Moltke, cane di razza puenter, puro sangue. Noi Sardi, andiamo matti per la caccia, tanto più ci si addice, chè la natura volle esserci prodiga di selvaggina. Su pei nostri monti dirupati, che si estendono in pittoresche giogaie per tutti i versi dell'isola, formando profonde valli, rivestite perennemente di verdeggianti foreste, scorrono a branchi numerosi cervi, daini, cinghiali e mufloni. Fra le nostre boscaglie vivono in coppia volpi e scoiattoli, dalle nostre pelli ricercatissime di velluto; fra i cespuglietti, timidi leprotti e quaglie, voli frequenti di pernici e d'uccellame, che il sardo sa ben cacciare e apprestarne una succulenta imbandigione. Tuba sulle apriche colline il palombo e la tortorella – Starnazza nelle pingui paludi l'anitra e l'oca, e vi si ascolta, nelle ore solitarie di notte, il grido angoscioso del butor.

costumi, flora e fauna, gente, geografia, lingua

p. 7
L'Omnibus che doveva condurmi alla volta dell'amico non partiva che circa le sette, ed io, varcando la soglia di casa aveva contato solo le ore sei che scoccavano all'Orologio di Città.

arte, costumi, lingua

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