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autori

Francesco Fancello "Brundu"

opere

Il diavolo fra i pastori

Francesco Fancello "Brundu"

Roma, Mondadori, 1945

Il diavolo fra i pastori

Francesco Fancello "Brundu"

p. 139
La sera prima gli era giunta una lettera del fratello esule, quanto mai sibillina, ma con un brano anche troppo chiaro. Diceva: “Dimentichiamo il passato. Se tu riuscissi ad imbarcarti, troveresti qui una vita nuova e tranquilla. Io ti aspetto a braccia aperte.

emigrazione

p. 141
La camera ardente era stata preparata con ogni cura. La vecchia vestita di nero sembrava dormisse sul bianco catafalco, quantunque (per la verità) in atto poco serafico. Accanto al catafalco, su di un tavolino appositamente adornato con Drappeggio di velluto nero, erano stati deposti tre berretti militari, due di fanteria e uno di artiglieria, rispettivamente appartenenti alle lacrimate memorie dei tre figli della Beata, morti tutti in guerra.

costumi

p. 142
I visitatori cominciarono ad affluire, e sedendosi torno torno popolarono ben presto la camera ardente. Le donne indossavano vestiti neri e fisionomie di circostanza. Tutte s’asciugavano gli occhi appena entrate, ma s’intende che le parenti prossime, mentre abbracciavano piangendo la figlia della Beata, dovevano mostrare un dolore più intenso. E la figlia da parte sua, avrebbe dovuto versare lacrime e lamenti per ogni nuova venuta: senonchè la poverina era così sfinita per la Veglia e l’ambascia che non le riusciva di articolare parola e si stava smarrita, col volto terreo e gli occhi arrossati, quasi estranea in mezzo a tutta quella gente. Le donne cominciavano a essere prese da scandalo per una cerimonia così scadente e qualcuna ricciando il naso, sebbene con aria assai compunta, s’era già chinata all’orecchio della vicina per mormorare: “ Guarda un po’, non sa neanche piangere, questa capra”! In verità le visitatrici avevano qualche motivo di sentirsi defraudate nelle loro aspettative giacchè erano venute per tempo al solo scopo di vedere come se la sarebbe cavata la figlia della Beata, nessuna ignorando che ella era stata cacciata di casa a cagione del matrimonio fatto senza il consenso della madre buon anima taccagna ed autoritaria. E ora si doveva invece assistere allo sconcio d’una figlia che sta davanti al catafalco materno senza pianto e senza parole.

costumi

pp. 143-144
ldquo;Sorella mia” le diceva “se i tuoi occhi sono arsi e senza pianto, ci sono gli occhi nostri per lacrimare” “Noi sappiamo l’amore che tu portavi a tua Madre. E anche senza parole, i nostri occhi raccolgono i tuoi sospiri. “Povera Zia Zironima nostra, soltanto ieri si è distaccata dal suo patire; ma lunga è stata la sua triste agonia”. Il pianto cominciava a scorrere dagli occhi della lamentatrice. La voce a poco a poco si elevava e le parole si componevano in ritmo. Da qualche anno nessuno aveva più sentito una lamentazione secondo l’antico costume, ed ora a poco si elevava e le parole si componevano in ritmo. Da qualche anno nessuno aveva più sentito una lamentazione secondo l’antico costume, ed ora ecco, la giovane sposa scioglieva la sua commozione in canto.

costumi

p. 144
I versetti fluivano con le lacrime, naturalmente, in alterne o binate rime in cadenza, e la triste nenia aveva frequenti lacerazioni di pianto.

costumi

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