Religiosità
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 9
E tieni intento l'orecchio, e dil cuore ti sobbalza ad ogni eco lontana delle tue valli, non fosse il ruggito del simbolico Satana, che sferrando fumido, solchi col suo automa infuocato le ubertose tue pieghe.
p. 15
Come fosse avvenuto che, la madre di Ritedda, per nome Lucia, avesse trasportato i suoi penati da Aritzo a Lanusei, lo si sapeva dalla generalità degli abitanti. Lucia era stata una tradita vergine, scacciata dal domestico focolare, e venuta a ricoverarsi nella ospitale Lanusei, dove, in capo a pochi mesi, aveva dato alla luce una graziosissima bambina.
p. 17
Alla domenica, di buon mattino, andavano alla messa in Parrocchia; e alla sera, oh, alla sera, com'era costume, nella dolce stagione, si ballava sul sagrato.
p. 24
Si racconta che nella ricorrenza della festa di San Cristoforo ( sagra esistente nei territori d'Ilbono ) essendovi concorso molto popolo e con esso i Moschettieri di guarnigione a Lanusei, costoro ebbero il mal talento di fare certe levate di mano sulle forosette; di che grandemente sdegnato il popolo, dato il piglio a dei coltellacci, fece man bassa sugli inurbani forestieri. Si ricordano ancora i Sette Antoni, che solevano divertirsi al bersaglio dentro il paese, senza essere molestati dai Moschettieri. Ora i Sette Antoni non erano altri, che i sette famigerati banditi dell'Ogliastra.
pp. 24-25
Avveniva quindi che in tutte queste regioni si mantenevano vivi e immacolati i prischi costumi: mancava l'istruzione, erano prive di commercio; epperò vi si viveva rozzi, ignoranti e miseri. I soli preti avevano il compito di raddolcire quegli animi rudi; i preti che hanno avuto sempre sul popolo sardo un'autorità rispettata, e potevano mirabilmente adoperarsi a qualche innovazione. Ma i preti furono in ogni tempo, amanti dell'oscurantismo, nemici dell'esclusivo loro benessere.