Geografia
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
pp. 147-148
Nè in me il buon padre praticava quel rigido costume adoperato dai Musulmani verso le loro donne nel tenerle cioè severamente custodite negli harem; tutt'altro, egli anzi mi concedeva molta libertà e mi permetteva di seguirlo nei suoi lunghi viaggi. Con lui visitai remote contrade - popoli diversi, e vidi svariati costumi e appresi un mondo di cognizioni. Una volta passando per l'Africa ci fu data occasione di fermare all'Etiopia ove il figlio dell'Emira avendomi veduta fu preso d'amore per me. Egli era un bel moro sui vent'anni, d'alta statura e di robuste membra; i suoi lineamenti erano graziosissimi, la sua fisonomia nera si, ma molto grata. Aveva i capelli maravigliosamente ricciuti, le labbra tumide e di corallo, i denti a filze di perle; gli occhi gli lampeggiavano più d'un berillo. << Le sue attrattive erano poi poste vagamente in mostra del simpatico costume che indossava; aveva al petto un giustacuore scarlato, alle gambe, candidi calzoni, ai piedi rosei calzaretti e in capo un vasto turbante attorcigliato. Col pugnaletto ritorto al fianco, con delle catenine d'oro schietto e gemme che gli brillavano da tutta la persona.
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Traversammo così quei vasti e ardentissimi deserti, che dividono l'Etiopia dal mare e finalmente, con la letizia del cuore, c'imbarcammo per Iaffa.
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Andava tra me pensando: Forse io sarò stata rapita in sogno dal mio Profeta a deliziarmi anzi tempo nel suo Olimpo... - forse, incantata dalle fate, venni da loro chiusa in uno di que' palagi che tengono sottoterra e che son di cristallo; ove secondo che narrano le nostre leggende i desinari, le cene e tutte cose s'apprestano da mani invisibili e vi sono cavalieri cangianti in alberi o in rupi, e amanti trasformati in sorgenti, che col loro querulo mormorio ti raccontano la storia d'uno sfortunato amore.
pp. 159-160
Queste mi furono subito intorno affettuose e sensibili al mio pianto – chi di esse mi offriva frutte gustosissime – chi confetti deliziosi. Chi poi tergeva benignamente le mie lacrime.... - E poiché io esternai il bisogno di voler respirare un'aria più libera, le sultane mi discesero nei vasti giardini del Serraglio. << Che dirò, madonna, di essi? - il sorriso più bello della natura era concentrato in quel luogo! - Ivi il cielo mi sembrava specchio levigato - la terra, uno smalto di smeraldi, frastagliato da vergini boschetti, da laghi tranquilli, d'argentei zampilli, d'allee odorose – dove scorrevano numerose famiglia di animali di diverse regioni – e vi cantavano variopinti uccelletti dal canto divino.
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Lo sconosciuto cavaliere s'intratteneva riscontrando un affresco che era dipinto delle quattro pareti della sala. – Esso veniva a rappresentare la memoranda battaglia di Meloria. - Quel dipinto era opera di Cimabue rinomato non tanto pe' suoi lavori, quanto per esser stato Maestro al famoso Giotto. - Forse questi, cinque anni dopo la data del nostro racconto, fu incaricato a ritrarre nella medesima sala quell'altra memoranda battaglia che i Genovesi vinsero sopra i Veneziani – Curzola.