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Arte

Roma, Tip. G. Ciotola

L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia

Stefano Sampol Gandolfo

p. 176
Il ponte così detto di pietra, che vedesi a poca distanza dalla città, è un antico ponte romano, largo circa sei metri, gettato nel centro del sobborgo dalla parte di levante, ove passava in antico il Banteggio. È da ammirarsi in questo ponte il suo grande arco, tuttora ben conservato, sebbene le sue due estremità sieno sepolte sotto un suolo d’alluvione depositatovi dalle acque del fiume.

arte

pp. 176-177
L’arco trionfale di Augusto Cesare innalzasi maestoso alla distanza di cencinquanta metri dal ponte. La sua base e la sua volta sono ancora ben conservate, ma le statue e le iscrizioni, che lo adornavano, disparvero tutte per le ingiurie corroditrici del tempo, che minacciavano naturalmente tutto il pregevole edifizio, per cui si credette opportuno di ricoprirlo di ardesie. I capitelli delle sue colonne sono d’ordine corinzio; l’aspetto di tutto l’arco grandioso ed imponente.

arte, storia

p. 177
Le preziosa vestigia del vetusto suo anfiteatro, incominciano dentro la città, e precisamente dalla così detta torre romana, anch’essa ben conservata, e che si ammira tra la porta e l’antiporta, chiamata oggi della Trinità. Seguono a scorgersi nei ruderi di un’antica muraglia ornata di archi ed erroneamente creduti avanzi del palazzo pretorio; e vanno a spiegare tutta la loro bellissima conservazione nel centro dell’orto di Santa Caterina. Ove non è strano che dallo studioso dell’antiquaria facilmente discuopransi la sua forma ovale, le sue porte vomitorie, i serragli delle fiere, i gradini di marmo grigio ed altri molti preziosissimi ruderi, che un viaggiatore intelligente non deve trascurare di visitare insieme alle molte colonne, alle molte iscrizioni, ai molti affreschi, che la città possiede, in varie epoche diseppelliti dalle rovine della sua antica grandezza.

arte, colori

pp. 178-179
La Cattedrale, che come accennammo in altro luogo, vuolsi edificata sotto l’impero di Costantino e sulle rovine di un antico tempio pagano da Contrando re dei Borgognoni, successivamente ingrandita ed abbellita, offre […] molte cose degnissime di osservazione.
Sotto il coro discendesi per due belle gradinate in una cappella, che serve di tomba ai Vescovi ed ai Conti di Challaud, ricchissimi e piissimi signori di Aosta, che si mostrarono sempre benefici, sempre generosissimi verso questo sacro tempio principale della loro patria. Nel cui presbiterio sono da ammirarsi primieramente un magnifico dittico d’avorio, opera del 406, rappresentante l’imperatore Onorio, che sostiene colla mano una bandiera col motto: In nomine Christi vincas semper, con sopra il capo incise, in forma semicircolare, le parole: D. N. Honorio semper Augusto; e sotto i piedi queste altre: Probus, famulus, consul ordinarius.
In secondo luogo un superbo mausoleo innalzato alla memoria dell’illustre conte Francesco Challaud, Maresciallo di Savoia e gran Balì d’Aosta.
Ed in terzo luogo un altro mausoleo di qualche pregio, che racchiude le ceneri, chi dice del principe Tomaso di Savoia, e chi di Umberto, figlio naturale di Amedeo VII, e fratello spurio quindi del Duca Amedeo VIII, il nostro Eremita di Ripaglia.
[…] Noi siamo con questi ultimi. E quando non avessimo in suffragio della nostra opinione il leone, che vedesi scolpito nel monumento, recante il gran collare dell’Ordine dell’Annunziata colla parola FERT, che non era ancora adottata ai tempi del principe Tomaso, un fatto solo sarebbe sufficiente a confermarci sell’opinione nostra: l’accanito combattimento, che dovette sostenere in Aosta il cavaliere Umberto di Savoia in difesa dei Baroni di Roumilly.

arte, storia

pp. 200-202
Si può asserire, senza tema di essere smentiti, che in fatto di sacri templi, di tutte le città italiche la meno notevole è Torino, la capitale del Piemonte antico.
La stessa sua metropolitana, che vuolsi fondata dal Duca Longobardo Agilulfo sul principio del secolo VII, e ricostruita nel 1498 sul disegno di Bramante, ad eccezione della sua grandiosa Cappella Reale del Santissimo Sudario, nulla offre, che sia degno di osservazione.
A questo imponente santuario, che fa seguito alla Reggia, e che ammirasi in gran parte anche dalla sottostante Cattedrale per mezzo di una maestosa arcata sorretta da colonne, ascendesi per una pregevole gradinata.
Innalzato d’ordine del Duca Carlo Emanuele II sul disegno del Guarini, per la sua forma rotonda, per le sue ricche colonne e pei suoi pilastri di marmo nero a basi e capitelli di bronzo, è l’interno di quella ricchissima Cappella Reale, più che severo, mestissimo.
Vi ha chi si ostina a sostenere che la sua cupola è singolare, ma per la licenziosa stranezza delle sue forme, che è un vero sfregio dell’arte architettonica. Singolare non è neppure l’altare, benché disegno del Bertola e ricco a profusione stucchevole di ornati del Borelli. Singolare ed ammirabile è la duplice preziosissima sua cassa, che racchiude la Santa Sindone, il venerabile lenzuolo, in cui venne raccolto dal pietoso Giuseppe di Arimatea il Corpo Augustissimo del Redentore.
Santissima, adorabilissima Reliquia, che trasportata in Europa nel 1187 da una famiglia espulsa da Gerusalemme dal feroce Saladino, acquistata da un Goffredo di Charny della Sciampagna, fu dalla costui figliuola ed erede, andata sposa ad un gentiluomo del nostro Duca Amedeo VIII, dopo molte vicissitudini donata ai principi della Casa di Savoia.
I quali, dopo averla riverentemente ed a seconda dei tempi trasportata ora da Chambery a Vercelli, ora da Vercelli nuovamente, per secondare i desiderii del popolo, a Chambery, ora da Chambery al Castello di Lucento per ivi sottoporla all’adorazione di S. Carlo Borromeo a tale oggetto pellegrinante, venne finalmente rinchiusa là, ove oggi splendidamente la vediamo, e adoriamo. Checché abbia scritto contro la sua autenticità la immonda penna di un Calvino e di altri ignobili suoi detrattori.
Grande, bisogna dirlo, fu in ogni tempo la devozione dei Principi e delle Principesse dell’augusta casa di Savoia per questa prodigiosa e taumaturga Immagine del corpo Santissimo del Salvatore.

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