Geografia
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
pp. 43-44
Morte al Bastardo! >> a cui fecero eco tutti gli altri: in un momento l'immane feudatario si vide serrato da una folla numerosa di popolo che con le arme brandite sta per piombargli sopra onde far di lui non più udito strazio... egli frema di dispetto e d'ira; da di piglio alla spada e facendola roteare tenta sospendere l'ora della sua fine.... Sta per darsi vinto – quando un giovine cavaliere aprendosi il passo fra quella calca, reprime con siffatte parole ogni più barbaro procedere: - Frenate, o Sardi, l'ira vostra, non vogliatevi contaminare nel sangue d'un uomo che come che triste la di lui morte non gioverebbe per nulla a mitigare i terribili colpi della vostra avversa fortuna!... Qual pro pel Logudoro l'assasinio d'un bastardo del suo tiranno? Lo scellerato Michele Zanche non rimarrebbe ancora a capo del comando! O toglierebbe dall'essere quel tristo e crudele Signore?... Riponete i vostri stocchi, badate a ben altro modo acciò da una volta scuotiate il giogo che vi conculea e vi rendiate liberi e indipendenti.
pp. 44-45
Dalla parte del ponente si erano levati densi nuvoloni che in un momento avevano occupato tutta la distesa del cielo rendendola fosca e minacciosa – e avevano antecipato sulla natura le ombre della notte. Si vedeva la villanella premurosa nel ricondurre all'abituro le sue capre – e il pestorello più sollecito nel chiamare a raccolta il suo gregge. Il boschetto che esisteva fra Ploaghe e Ardara era in quell'ora immenso nel silenzio, solo qualche volta vi si udiva l'usignolo cantare un dolcissimo canto, mentre il cinghiale lasciato l'ispido covo pasceva tranquillo, e il capriuolo gareggiava nel corso con la sua compagna. Odesi a un tratto per quegli inospitali sentieri il caplestio di cavalli mossi a gran fuga e tosto vedonsi comparire due furibondi cavalieri che sferzano, spronano, divorano la via - senza tregua finchè non raggiungono una vasta mole di castello ove smontano. Essi erano il Bastardo e Moro di ritorno della festa di Salvenero avviati al Castello d'Ardara loro dimora.
pp. 46-49
Adelasia di Torres sarda eroina fra le più illustri però oltre ogni dire sventurata, dopo la morte del suo primo marito Ubaldo Visconti, il quale fu giudice di Gallura e di Torres a un tempo era passata in seconde nozze con Enzo il bastardo di Federice II di Germania. L' ambizione di essere nuora dell'Imperatore e il superbo titolo di regina che questi scaltramente le prometteva e a cui venne innalzata circa il 1240, avevano disposto l'incauta principessa a contrarre quel maritaggio, il quale poi le doveva costare un mondo di sciagure per tutto il tempo della sua vita. [...] In modo speciale inveiva contro le pulzelle del suo dominio; queste venivano rapite dai ferocissimi bravi, che si teneva attorno per servirlo, e trasportate nel Castello, ove poi di essere oltreggiate e turpemente contaminate, si facevano morire fra i più crudeli tormenti.
pp. 51-52
Il dipinto alludeva all'eroico fatto della principessa Verina figlia di Comita di Torres, la quale, avendo sorpreso dodici mori che a tradimento di notte tempo tentavano appicciar il fuoco agli accampamenti dei Sardi, con maschio ardire ne uccise due e poi corse ad avvertirne i Sardi, che usciti alla lor volta fecero compiuto massacro non solo di quei dodici, ma di ben due mila infedeli. Con ciò la principessa Verina fu pienamente vendicata dell'immatura morte del suo sposo Artemius ucciso poco tempo prima mentre combatteva contro gli stessi mori. - il fatto avvenne circa l'anno mille. Quella sala era la reggia dei dinasti turritani in cui amministravano la giustizia fin da quando la vetusta città di Torres venendo distrutta dalla pirateria saracena, indusse Comita II e la sua sorella Giorgia a trasferire la corte in Ardara. Stavano in quell'ora nella reggia due individui attorno ad una certa bisogna mentre ragionavano con la più bella tranquillità del mondo. Uno di essi era un vecchiotto grinzoso dal naso aquilino, dagli occhi di civetta, di bassa statura - esile esile; l'altro - una donna avvizzita anch'essa dagli anni e più che da questi, dalla lascivia; ma d'un alta taglia e d'una remota beltà che se l'intravedeva nel volto. Ella era Bianca Lanza lombarda così detta nelle storie - e colui, Donno Michele Zanche il sedicente Giudice di Torres.
p. 54
Di esentare il Giudicato da ogni e qualunque pretesa vi possano avere que' bravi marchesi di Massa che non si stancarono mai di farmi la guerra... e la Eccellentissima Santa Sede, che quando trattasi di successioni, non la mancano sicuro dritti d'addurre e pretensioni.