Lingua
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
pp. 75-76
Tornando a noi, Guantino non aveva degenerato dal padre; gli aveva sortito dalla natura un animo generoso e grande – fin da giovinotto fu inviato a Genova a studiarvi il trivium ed il quattrivium e ad apprendervi l'arte militare che poi a quei tempi – prevaleva sopra ogni altra disciplina. Egli superò in tutto i suoi compagni - tant'è veniva da tutti portato ad esempio - e si meritò l'amore e la considerazione delle primarie famiglie genovesi tra cui, in particolar modo quella dei Doria e dei Malaspina. Da costoro fu armato cavaliere e ammesso a prender parte alle incessanti rappresaglie che si facevano le due rivali repubbliche Genova e Pisa. [...] I suoi concittadini furono solleciti a presentargli i più sinceri attestati di stima, ad ammetterlo nei Consigli della Comune – ad elevarvelo al dignitoso grado di Podestà; ed egli perito qual era in così fatti negozi, lo si vide amministrare con una saggezza e bontà non comune, spesse volte disponendo del suo avere per il benessere della patria.
p. 76
Talchè egli sarebbe stato associato al pubblico negozio, se la morte del genitore e le preghiere de' suoi compaesani non lo avessero richiamato ai patri lari.
p. 79
Guantino stette lungo tempo visitando quei luoghi santi, che tuttora presentano i vestigi di quel Grande che fondò la nostra Religione. Vi ammirò il tempio di Salomone, il S. Sepolcro, vi salì il Calvario, il Carmelo, il Libano; e sempre infervorato nell'esercizio di pie opere, nelle preghiere per la salute dell'anima di sua consorte – per cui sopportava le infinite molestie del lungo pellgrinaggio.
pp. 80-81
Quando a Dio piacque Guantino arrivò a Genova. Volgeva allora l'anno 1284 e la superba Repubblica cintasi or ora d'alloro per la famosa vittoria riportata sui Pisani nella memoranda battaglia nella memoranda battaglia della Meloria, festeggiava così segnalato avvenimento. Vi s'innalzavano archi di trionfo, vi si preparavano steccati per correr giostre e quintane; i gonfaloni dei Doria, dei Malaspina, dei Grimaldi, Fieschi e Spinola – tutte illustri famiglie genovesi, - sventolavano superbamente dei cospicui palagi.
pp. 82-84
Pisa dichiaratasi già nemica di Genova fomentando gli antichi rancori, incominciò l'offensiva col prendere verso il 1276 le difese d'un signore corso a svantaggio della rivale. Costei ne fu punta sul viso e si diede ad allestirsi per la rivendica. In un primo scontro ventiquattro navi pisane furono assalite e fugate. Pisa mal sopportando l'oltraggio, fece di tutto per armare cento e tre galee con le quali andò a schierarsi proprio di fronte a Genova, incitandola alla pugna con infiniti improperi e schiammazzi e gettando dentro le mura per milanteria freccie d'argento. Genova quanto mai superba e severa tutrice dell'onor suo, non appena fu in grado di mettere in mare cento venti galee, ricambiò l'insulto. Pisa ancor più inacerbita risalì sulle navi e corse sitibonda di sangue alla vendetta. Le due nemiche si scontrarono nello scoglio della Meloria che doveva dappoi eternare il fraterno eccidio, e quivi spiegatesi, dato il solito segnale, si azzuffarono. Alberto Morosini ammiraglio veneziano comandava l'armata pisana e Umberto Doria, la genovese. Il primo scontro fu d'ambe le flotte d'egual vigoria e ferocia; il mare ne fu tutto sconvolto e videsi trasformare in un momento - così erano precipitate le mosse delle navi, - in tanti solchi spumosi e densi. Era un continuo scagliar dardi l'un l'altro, proietili, animali velenosi raccolti in vasi di terra e materie incandescenti. [...] Effettivamente essa è fatta prigioniera con undici mila uomini..! Così Pisa giacque sorpresa dal nemico e dal tradimento..! Inallora si formava quel motto: << Chi vuol veder Pisa vada a Genova! >>.