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Flora e fauna

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico

Marcello Cossu

pp. 51-52
Il dipinto alludeva all'eroico fatto della principessa Verina figlia di Comita di Torres, la quale, avendo sorpreso dodici mori che a tradimento di notte tempo tentavano appicciar il fuoco agli accampamenti dei Sardi, con maschio ardire ne uccise due e poi corse ad avvertirne i Sardi, che usciti alla lor volta fecero compiuto massacro non solo di quei dodici, ma di ben due mila infedeli. Con ciò la principessa Verina fu pienamente vendicata dell'immatura morte del suo sposo Artemius ucciso poco tempo prima mentre combatteva contro gli stessi mori. - il fatto avvenne circa l'anno mille. Quella sala era la reggia dei dinasti turritani in cui amministravano la giustizia fin da quando la vetusta città di Torres venendo distrutta dalla pirateria saracena, indusse Comita II e la sua sorella Giorgia a trasferire la corte in Ardara. Stavano in quell'ora nella reggia due individui attorno ad una certa bisogna mentre ragionavano con la più bella tranquillità del mondo. Uno di essi era un vecchiotto grinzoso dal naso aquilino, dagli occhi di civetta, di bassa statura - esile esile; l'altro - una donna avvizzita anch'essa dagli anni e più che da questi, dalla lascivia; ma d'un alta taglia e d'una remota beltà che se l'intravedeva nel volto. Ella era Bianca Lanza lombarda così detta nelle storie - e colui, Donno Michele Zanche il sedicente Giudice di Torres.

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pp. 52-53
Diceva questi versando un certo liquido verdastro in un nappo: - Veramente la Sardonica, mia dolce amica, l'è quel singolare veleno che si dovrebbe adoperare da ogni buon cristiano.... quando gli conviene spacciare al mondo di là, qualcuno dei suoi nemici. Figurati - essa fa venire la morte fra le risa sgangherate che è un piacere, talchè l'uomo, si direbbe trapassi contento come una pasqua! Pensa adunque se io poteva scegliere miglior veleno.... a colei, che non ne vuole sentir più di questo mondo ingrato.

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p. 55
E ciò detto consegnava la cappa a Bianca, accennandole di partirsi. Poco dopo entrò nella reggia un fraticello chiuso in una tunica di panno greggio, col largo bacucco tirato fin sugli occhi. Costui aveva un viso terreo e macilente, ove brillavano due occhietti vivi vivi, ma cenerognoli e vi campeggiava un naso adunco come un becco di nibbio.

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pp. 58-59
Il conte Guelfo di Donoratico, figlio dell'infelice Ugolino della Gherardesca. - Mio stimato Signore... e l'uccello che si vuole sgabbiare? - Messer Lamberto di... - Basta! colui è un grande assasino... piccola bagatella uno degli affigliati di Santa Zita... O, il capo di costui pesa troppo e dev'essere mezzatto! [...] - Come va, Gomita, che tu intercedi grazie a favore di quel conte? Non è egli l'implacabile nemico del tuo padrone Nino Visconti?... E adesso che ci penso, messer Lamberto è uno dei caldi aderenti dei Donoratico.

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p. 58
Si, ecco ti si domanda la libertà di certo uccello che al presente sta chiuso nelle tue gabbie.

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