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arte aspirazioni colori contatti con altri paesi costumi emigrazione flora e fauna gente geografia giornalismo istruzione italia ed europa leggende limiti lingua modi di dire nazioni extraeuropee religiosità riferimenti letterari storia

Riferimenti letterari

Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945

La via del male

Grazia Deledda

p. 338
Ed ecco, ad un tratto, un giovine istranzu, cioè d'un paese vicino, si alzò, col bicchiere in mano. Tutti aspettarono un brindisi, ma il giovinotto sollevò il bicchiere, mosse la mano sinistra con la punta dell'indice e quella del pollice unite, e cominciò a declamare una strofa del poema: Su triunfu d'Eleonora d'Arborea, d'un poeta sardo:
Cando s'amore cun sas frizzas d'oro,
Sa prima olta m'hat fertu su sinu...

lingua, modi di dire, riferimenti letterari

p. 346
laquo;Sono troppo felice, ho fin quasi paura», pensava, mentre trapuntava una collana per il suo Francesco, con una pazienza ed un'abilità da Aracne.

riferimenti letterari

pp. 349-350
Una volta ho visto una Bibbia con le figure colorate: c'era il paradiso terrestre con alti alberi e campi fioriti, così come in questa tanca. Adamo ed Eva camminavano sull'erba; ecco, mi pare che anche noi siamo nel paradiso terrestre. Quante volte ti ho desiderata, qui, quando ero scapolo. Ah, vedi, mi pare un sogno ora...”
E la stringeva a sé, quasi pauroso di vederla sparire. Ella lo lasciava fare, calma e sorridente come una dea; e passava calpestando i fiorellini e gli insetti, e strappando le rose selvatiche che le sfioravano la mano.
E le giovenche bianche macchiate di nero, i tori rossi dai grandi occhi umidi e come sognanti, i vitellini color caffè-latte, col muso roseo e le corna nascenti, volgevano lentamente il capo e scuotevano la coda, quasi salutando i loro giovani padroni.

colori, flora e fauna, riferimenti letterari

p. 351
Quando si svegliava Maria preparava il caffè, poi sedeva davanti alla capanna, all'ombra della roccia, e trapuntava una camicia, mentre Francesco leggeva un numero arretrato della Nuova Sardegna, o il poema sardo Su triunfu d'Eleonora d'Arborea, del poeta Dore di Posada.

riferimenti letterari

Roma, Maglione e Strini, 1923

La razza. Frammento di recentissima storia

Romolo Riccardo Lecis

pp. 100-103
Scendevano allora in punto per la strada deserta due sacerdoti, e appariva sul loro volto quel bagliore di luce ideale che viene dalla rinunzia ad ogni bene mondano, dalla preghiera e dalla contemplazione, e appartiene talvolta più alla vita del di là che a questa. E seguiva in landò scoperto un porporato con in mano un piccolo libro schiuso dinanzi, concentrato in meditazione. […] Ersini guardò ammirato, quasi notasse la verità per la prima volta, l’aspetto di quei sacerdoti dai quali partiva un raggio di benessere spirituale che gli toccava e gli apriva il cuore. Ersini non apparteneva alla categoria dei signori che professano per culto il disprezzo della sottana nera, dei sacri arredi e della chiesa. Per culto egli aveva altro: il rispetto a tutto ciò che è rispettabile; e la grandezza del magistero spirituale gli appariva troppo chiara e troppo alta per tentare il sorriso, spesso incosciente del dileggio. Conseguentemente a chi fosse strumento operoso delle mille idee trionfatrici di bene che s’imperniano nel cardine di una religione, tributava onore.
Tale era la sua coscienza. Cristiana? Lo crediamo. – E quello storico asserto di G. Washington, secondo il quale "l’esperienza e la ragione insegnerebbero non potere la moralità di un popolo mantenersi senza il principio religioso" non gli era, d’altro canto, ignoto; era bensì anche suo.
Ed ecco perchè non avrebbe egli compreso che altri gli avesse chiesto di portare altrove la concezione del divenire del gran progresso umano. Parallelamente alle altre conquiste formidabili della civiltà, Ersini non vedeva camminare una conquista ben importante: il sicuro progredire morale dell’uomo; ed era ciò, nel suo ardore civile, l’assillo tormentoso; era ben quella per lui la gran carie del mondo; era ben là che egli avvertiva l’inganno di una civiltà non compiuta che trascura lo spirito pur di servire attivamente alla materia. E, in verità, non si avrebbe qui un inganno quasi mostruoso, se propagato coscientemente?
Ora, se questa è una parentisi, chiudiamola: soggiungendo tuttavia che nella fatale sera del 4 maggio l’incontro dei sacerdoti ebbe il potere di richiamare Marco Ersini a quell’equilibrio stabile di pensiero che gli era necessario e che gli era venuto meno. Egli cadde – parrà strano a taluno che non sappia il candore delle anime credenti – nella più francescana meditazione sull’assoluto del dovere. Epperò noi ci accorgiamo di chiudere quella che potendo parere una parentisi è invece nesso logico utilissimo e imprescindibile. La rigidità inflessibile del dovere posta a norma di un’operante vita di sacerdozio fu per tutta un’ora l’addentellato solido dei pensieri di Ersini. Non già che vi fosse – e sia detto per chiarezza – in colui che aveva alta coscienza civile un dissidio interiore o una lotta latente nel dibattito al quale arrivava. Ma nondimeno quella norma nell’assoluto lo dominava – abbracciata com’era da quegli spiriti semplici con una dedizione veramente sublime. Ma sopra ogni cosa quell’esempio lampante di ardore racchiuso per la bellezza non terrena di un sogno di apostolato ch’era fatto di sagrificio lo soggiogava. Dall’attrazione esercitata da quelle anime sull’anima sua, si originava in Ersini questa segreta, sincera voce d’invidia: "Veramente beati se, come infatti credo, anche la profonda sofferenza è per loro fonte di più profonda gioia; se vita per loro vuol dire continuo amore e vuol dire sagrificio; se trapassare per loro è rivivere".

religiosità, riferimenti letterari, storia

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