Arte
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
pp. 92-93
Il prete grosso e tondo come l'O di Giotto - compagno di partita di Cataplasma - è il nostro bravo parroco Don Giocondo – uomo costui di assai buon'umore, che si infischia del Papa e di quanti lo reputano infallibile...! Celebra tutti i giorni la messa – fa le debite recite – perocchè ve ne siano che non fanno mai – e poi si dà il bel tempo come vedi, e giuoca alle carte nella bettola.
p. 100
Mammà me lo fa spesso vedere dipinto in un amuleto che si tiene sempre indosso... Ose vedessi! Se vedessi com'era bello mio papà.
p. 106
Il sole non tardò a levarsi, e diffondendo una luce lietissima e un tepore assai piacevole – gli uccelli lo salutavano con una salve d'ilarità. A questi giocondi accordi s'univano quelli dei vignaiuoli, villanelli e villanelle che si facevano ogn'intorno nella campagna, con animosità e gaiezza singolare. Noi percorrevamo un sentieruzzo poco discosto dagli argini d'un fiume; di fronte avevamo il Castello che spiccava a cavalieri d'un erto colle su una roccia di granito – sembrava un gigante atterrato, che vibri un ultimo sguardo terribile sul suo inesorabile distruttore, il tempo. A destra e a mancina avevamo colline e convalli, coltivate a vite e a fruttaglie, da cui partivano i canti festevoli della vendemia.
p. 109
Eravamo arrivati alle falde del poggio sul culmine del quale s'ergeva il romantico Castello. Il colle era ertissimo, scosceso, ingombro di macchioni di rovo e di virgulti; il salirvi a cavallo era cosa difficile fino alla sua meta e poi affatto impossibile di lì in sù.
pp. 115-116
Per cui partì da Cagliari il 20 giugno 1796 una Commissione Regia composta dei cavalieri Musso, Guiso, Delirio e Pintor-Sirugu ossia Pintoreddu. Arrivano in Bono il 20 luglio; piantarono 2 cannoni in S. Raimondo, i Bonesi fuggirono nella montagna di Suruddò tutti armati e facendo fuoco alla truppa. Si diede intanto il sacco al villaggio, uccidendo porci e bestiame: incendiando le case dei capi di Bonifacio Cocco, di Costantino Angioi, dei fratelli Rabatta e di Giovanni Antonio Manconi. Le truppe trovarono provvista di pane, carne e vino in molte case, si diedero a mangiare e bevere tanto che i soldati di Schmit restarono ubriachi, e cadevano per le strade. I Bonesi intanto erano all'erta, scesero dal monte, e s'impossessarono dei cannoni che portarono in trionfo dentro il villaggio. La Commissione partì per Ozieri, e l'affare fu ultimato con un'amnistia, e furono pure restituiti i vasi sacri che nel saccheggio furono tolti dalla chiesa.