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LA STELLA DI SARDEGNA. GIORNALE POPOLARE SETTIMANALE

Anno I - Sassari, 31 Ottobre 1875 Numero di saggio

Volume I (dal 1 Dicembre 1875 al 31 Marzo 1876)

Anno I - 12 Dicembre 1875, numero 2

La Stella di Sardegna. Giornale popolare settimanale
Anno I - Sassari, 31 Ottobre 1875 Numero di saggio
Si pubblica ogni domenica

PROGRAMMA

Dopo le varie vicende subite da quanti giornali sortirono la luce in Sassari, specialmente dal 1869 a questa parte, l'animo nostro stette in dubbio se si dovesse tentare la prova di un altro periodico.
Incoraggiati dai consigli delle persone più autorevoli dell'Isola, le quali ne promisero aiuto, decidemmo di pubblicare La Stella di Sardegna.
Non facciamo inutile pompa di molte parole, e, peggio ancora, di grandi promesse, ché il numero di Saggio chiaramente addimostra e lo scopo nostro e le materie che tratteremo. Il progresso materiale, intellettuale e morale dell'Isola nostra, che sicuramente s'incammina nella via della civiltà, ecco il fine precipuo. E perciò nel nostro periodico vedranno la luce scritti scientifici e letterari; né sarà trascurata la parte amministrativa locale e quanto riguardi il benessere della Sardegna, non disgiunto dal benessere della Italia, che, divenuta nazione, ha omai ripreso il posto cui anelava da secoli, e che si ebbe finalmente mercé i sacrifizi dei figli generosi, i quali versarono il sangue per ottenere l'unità, la libertà e l'indipendenza, senza delle quali nessun popolo può risorgere a vera vita.
La nostra bandiera è quella della verità e del progresso; però le inutili e virulente polemiche non avranno alcun posto nella Stella di Sardegna . Meno ancora cercheremo di penetrare il santuario della famiglia e della vita privata delle persone, che rispettiamo e rispetteremo sempre, qualunque sieno le loro opinioni religiose e politiche.
Il nostro giornale servirà di palestra scientifica e letteraria specialmente ai giovani, i cui scritti pubblicheremo, sempre che ci paiano di meritare l'onore delle stampe.
E in quanto a scienze, il nostro programma è questo: le medesime occuperanno bensì un posto principale nella Stella di Sardegna; però c'impegneremo a un tempo e di presentare le disquisizioni scientifiche, spoglie di quel rigoroso tecnicismo che oggi in molti rami dello scibile rende ostrusi e incomprensibili certi concetti, per altro ovî e facili, e di chiarire le luminose e importanti applicazioni che i principii subiscono nell'ordine dei fatti, cioè nella vita pratica e sociale. Così speriamo di raggiungere lo scopo eminentemente educativo che noi ci proponiamo, e di far penetrare anche nelle classi meno colte quelle verità che sono la base del vivere libero e civile.
In altri termini, non tediare i lettori con aride disputazioni scolastiche, ma parimenti non omettere quanto possa renderli informati sui progressi delle scienze, è il compito cui noi costantemente disimpegneremo.
Sotto questo riguardo nella Stella di Sardegna troveranno il loro posto articoli di scienze sociali, storiche, naturali, e dettagli e rendiconti, su nuove scoperte e invenzioni, cenni bibliografici dei libri che ci verranno spediti, e tutto quanto insomma può, nel campo scientifico e letterario, comportarsi coll'indole e con lo scopo del nostro giornale.
La cronaca politica, la cronaca dell'Isola e della nostra città apparirà pur essa settimanalmente, e confidiamo che i nostri corrispondenti, lasciata da parte ogni gara privata, intenderanno con noi al grande scopo di giovare al paese, additandone pietosamente i mali, e proponendo efficaci e sicuri rimedî.
Accetteremo anche articoli popolari d'igiene, poesie, racconti, romanzi e quanti componimenti valgano ad arrecare lustro e decoro alla patria nostra, e così speriamo che la Stella di Sardegna, in breve, apporterà quella luce che noi desideriamo.
Uniamoci tutti in questa santa e difficile opera: dessa non sarà vana certamente e produrrà col tempo quei frutti, che noi bramiamo con tutta l'anima.

LA DIREZIONE

 

LE CASSE DI RISPARMIO

Si compie ai dì nostri un profondo e benefico rivolgimento sociale nell'emancipazione d'un terzo stato, che prima sotto la fierezza degli antichi ordini non avea, certo, ragion di essere, poiché quasi schiavo e mancante d'ogni legale facoltà d'azione, non poteva aspirare a quei vantaggi, che oggi si ripetono dal lavoro libero e dal libero scambio. Ma la costituzione autonoma di questo nuovo ceto operaio ed industriante non è scevra di pericoli: non basta che il medesimo abbia acquistato la coscienza di aver diritti eguali a quelli degli altri uomini; occorre che le abitudini del risparmio, dell'ordine, dell'amore alla famiglia penetrino in questa classe e la premuniscano contro il vizio e l'ignoranza, vere e precipue cause del pauperismo, le cui file pur troppo si ingrossano di operai imprevidenti, che non seppero sottrarre ai bagordi una parte anche minima delle loro mercedi. Numerose istituzioni sorsero perciò in questi ultimi tempi a togliere i temuti guai d'un falso indirizzo dato all'emancipazione degli uomini di lavoro e ad ottenere anzi che ancora fra di essi si stabiliscano con lieve sagrifizio una prosperità ed un ben essere sempre crescenti. Tra questi instituti uno ve ne ha principalmente, il quale vuoi per la sua azione moralizzante, vuoi per i materiali benefizî che arreca merita senza dubbio una preferenza.
È appunto la Cassa di risparmio questa istituzione alla quale intendo accennare e di cui voglio oggi tener qualche parola, per invogliare, se pur sarà possibile, i miei concittadini operai ad unirsi concordi per formare una in Sassari e così arricchire il paese d'uno stabilimento che sarebbe il forte in cui essi cercherebbero riparo ed asilo nella difficile e lenta crisi che tutti attraversiamo.
Le casse di risparmio non sono altro che modesti banchi di deposito a titolo oneroso: esse ricevono le somme anche lievissime risparmiate dall'operaio, pagano loro un interesse e si obbligano di restituirle alla domanda.
Le medesime, giusta il detto del più popolare fra i nostri economisti, il Boccardo, sono le vere banche del povero; gli offrono un sicuro impiego per i suoi esigui capitali; nei tempi di prosperità stimolano l'operaio a premunirsi contro gli eventi delle crisi; nella gioventù lo invitano a prepararsi un peculio per la vecchiaia; quando egli si forma una famiglia, questa vi trova già un patrimonio.
La loro istituzione pare sia recentissima e che non vada oltre il cominciare di questo secolo: il primo tentativo ne fu fatto in Amburgo nel 1798 dalla signora Y. Wakefield, ma esso riguardava solo i fanciulli. Però la buona idea fu accolta e perfezionata dal Rev. Duncan, che fondò queste casse sulle vere loro basi. D'allora in poi le medesime furono accolte ed imitate in Isvizzera, in Inghilterra ed in tutti i paesi civili del mondo. Nella Gran Brettagna specialmente tali instituzioni presero un sì largo sviluppo, che oggi contano un capitale di oltre 400 milioni.
Gli elementi che informarono le prime casse di risparmio e poi le successive furono sotto sopra le seguenti: 1° A ciascun operaio si rilascia un libretto, che costituisce il suo titolo di credito verso la cassa: in esso si annotano tutti i depositi, gli interessi che si corrispondono ed il ritiro delle somme effettuato dai deponenti; 2° Appunto perché le casse di risparmio furono stabilite per ovviare agli inconvenienti delle grandi banche che non accettano le somme minime, esse ricevono in deposito anche una lira, danno facoltà di accrescere i versamenti giacché in qualunque tempo si ricevono nuove somme, alle quali si corrisponde un interesse e che si restituiscono alla prima richiesta; 3° La Cassa cerca un impiego fruttifero ai capitali raccolti; però siccome questa è un'istituzione creata per gli operai, si è cercato di evitare un eccesso di depositi, che non si sarebbero potuti facilmente investire, e si è fissato quindi un limite alle somme da riceversi: in Francia fu questo prima stabilito a lire 3000 e poi ristretto a mille; nelle casse di risparmio italiane si determinò il maximum in lire 5000; 4° Il saggio dell'interesse dee sempre essere inferiore al corso della piazza, perché la cassa rende un servizio, e le spese che sopporta debbono andare a carico dei deponenti che lo ricevono; 5° Le operazioni di antecipazione e di sconto eseguite dalla cassa onde si ponga in grado di pagare un interesse sui depositi, deggiono sempre essere ad una ragione superiore di quella corrisposta ai propri clienti. Quindi i prestiti saranno ben garantiti ed a brevi scadenze, perché avendo i depositanti il diritto di rilevare le loro somme, i debiti ed i crediti debbono essere ordinati in modo, che al sopraggiungere di una crisi le dimande di restituzione possano essere soddisfatte dai crediti che maturano successivamente a brevi intervalli. Per questi motivi si stabilì in molte casse di risparmio che le piccole somme si rendessero alla domanda, mentre per quelle di una certa importanza la restituzione avesse luogo alcuni giorni dopo la richiesta.
Le casse di risparmio poggiate su questi principii han fatto buona prova per tutto: senonché soggiacquero in Francia ad una crisi spaventevole nel 1848, mentre negli altri paesi han traversato le crisi più violente senza scosse sensibili, ed in Italia hanno proseguito a prosperare a dispetto delle guerre, dello sbilancio ed anche del corso forzoso dei biglietti della banca Nazionale. Ciò è nato dallo stretto legame delle casse di risparmio francesi colle istituzioni di credito dello Stato: il governo stretto dal bisogno, stendea la mano sui depositi, e quando al sopraggiungere della rivoluzione tutti dubitavano e ne chiedevano la restituzione, il Governo, doveva pagare 355 milioni e non potea: negli altri paesi al contrario le casse aveano un'Amministrazione indipendente dal Governo, ed anche nei rivolgimenti politici conservavano la fiducia dei loro creditori e non erano obbligate a far pagamenti straordinarî. Per la qualcosa si dee ritenere come condizione di solidità delle casse di risparmio la loro indipendenza dal governo; non già che debbano avere una libertà illimitata ed assoluta, ma il potere sociale non può esercitare altr'azione in questi istituti all'infuori di quella che gli spetta su tutte le faccende economiche, di proteggere cioè la libertà di ciascuno e vigilare in pari tempo a che non si violino le leggi e si turbi l'ordine pubblico.
Esaminato l'organismo generale di questi banchi del povero, vediamo più dappresso quali ne siano i vantaggi.
Le casse di risparmio si può ben dire esser al tempo stesso un'istituzione economica, morale e politica: instituzione economica perché fondata nel risparmio, che è la sorgente e la causa del capitale, di cui facilitano la formazione, premiando l'operaio della sua previdenza col chiamarlo ai benefizi dell'interesse. Non sono rari infatti i casi di operai, che avendosi imposto con lodevole costanza delle privazioni nella gioventù, siensi poi trovati proprietari d'un capitale, che li ha posti in grado di aprir bottega e realizzare vistosi guadagni.
Si è calcolato che un operaio il quale a vent'anni avesse risoluto di risparmiare sul suo salario ed aggiungere al libretto una lira per settimana si troverebbe padrone di un capitale di lire 1000 a 35 anni, di 2000 a 45, di 3000 a 52. Ma anche un altro benefizio offrono sotto l'aspetto economico le casse di risparmio.
Le medesime presentano all'operaio tutta l'opportunità di ascendere i più importanti gradini della scala del credito popolare. Le associazioni mutue infatti così felicemente stabilite fra gli artigiani ed i piccoli fabbricanti allo scopo di procurarsi reciprocamente a mezzo del credito comune i fondi necessarî per l'esercizio della loro industria o del loro commercio, non ricevono nel proprio seno che quei soli individui che coll'abnegazione e col sagrifizio si hanno già creato un peculio da conferire nella massa sociale. Di questo nuovo sistema di banche popolari io me ne occuperò largamente nei successivi numeri del giornale; per ora mi basti l'avvertire come le casse di risparmio sieno quasi un istituto preparatorio, che aprono all'uomo di lavoro le più larghe ed estese vie del credito.
Le casse di risparmio sono inoltre una istituzione eminentemente morale. Le medesime frenano i vizi, e stimolano la virtù dell'operaio. La corruzione si alimenta col denaro; ogni lira perciò versata nella cassa possiamo esser certi che è tanto di sottratto ai cattivi abiti, è tanta ricchezza che si raccoglie e si accumula e che altrimenti anderebbe infruttuosamente dispersa e consumata.
Finalmente le casse di risparmio sono una vera instituzionre politica, poiché la più sicura guarentigia per la tranquillità d'un paese è l'agiatezza dei suoi abitanti. Ora le casse di risparmio assicurando all'operaio una men dura ed anzi prospera posizione in società faran cessare le sue ire contro il capitalista e lo premuniranno da tante teoriche sovvertitrici, con cui oggi si tenta di abbattere l'attuale ordine di cose per riformare il genere umano su piani, il cui minor difetto è quello di non essere attuabili: il libretto della cassa di risparmio è un certificato di amore al lavoro, di animo temperato, di spirito preveggente, di attaccamento all'ordine e di rispetto alle leggi, e quanto più cresce il numero dei libretti tanto più scema il numero degli operai turbolenti. In Francia sono 600,000 le persone munite di libretto, ed il Direttore della Cassa di Parigi affermava nel 1845 in un suo rapporto, che nessuno dei deponenti era fino allora incorso in processi per sommossa, insurrezione od illecita mena politica, cosa peculiarmente degna di nota in un paese come la Francia. Il comitato della Camera dei Comuni, che fece una inchiesta sullo stato dei costumi in Inghilterra e nel paese di Galles attribuisce il miglioramento che ebbe a segnalarvi all'influenza delle casse di risparmio ed alla propagazione dell'insegnamento primario.
Essendo dunque tali e tanti i benefizi di queste casse, ogni saggio governo dovrebbe circondare de' suoi favori questa preziosa instituzione, ma sopratutto sono gli stessi operai che dovrebbero averla a cuore e far sì che ogni paese anche di minor importanza avesse la propria cassa di risparmio. Per facilitare questa diffusione anche nelle piccole borgate e nei villaggi, si immaginarono le casse di risparmio postali adottate prima in Inghilterra dall'illustre Gladstone, proposte poi in Italia in un disegno di Legge presentato l'8 dicembre 1870 dai Ministri Sella, Gadda e Castagnola e non a guari vivamente discusse nel congresso degli economisti di Milano. Per non ir troppo nelle lunghe lascio ad altro numero il discorrere per disteso di questa riforma sotto molti riguardi utile, ma sotto altri assai pericolosa. La gravità dell'argomento mi pare che non comporterebbe lo scriverne così superficialmente; perciò faccio punto, augurandomi fin d'ora che i nostri operai, i quali così bene si sono uniti in varie società di mutuo aiuto, vorranno ancora compier l'opera sì bene iniziata, creando una piccola banca, che raccolga ed utilizzi i loro risparmi. Io perciò affin di riuscire nel nobile intento mi dichiaro fin d'adesso disposto a fornire ad essi oralmente (ove ne venga richiesto) quelle direzioni e schiarimenti che sarebbero necessari a far attecchire anche fra di noi una sì bella istituzione.

AVV. CARMINE SORO-DELITALA

 

 

 

 

ULTIMI GIORNI
DI
GAETANO DONIZETTI

ALLA CITTÀ DI BERGAMO
In occasione del trasporto degli avanzi dell'Illustre Maestro alla Basilica di S. Maria Maggiore, il 12 settembre 1875

Ben la ravviso! È questa:
Questa è l'Urna che accoglie
La polvere d'un Grande! Oh, te beata,
O terra fortunata,
Che in sen racchiudi sì preziose spoglie!
In bruno ammanto e mesta
Oggi qui piange e qui si prostra l'Arte
Primogenita figlia
Dell'Universo - ed oggi, riverente,
Qui, di duol, di pietà, di meraviglia
È compresa ogni mente!

Salve, salve, o fecondo
Genio immortal che con sublimi note
Scruti del cor le vie!
Io ti saluto, o trovator profondo
Di sacre e di profane melodie!
Ma, se benigno il Ciel nella tua mente
La sacra fiamma accese
Che ti fe' Grande ed immortal ti rese,
Ben ti fu cruda e avversa
La fral natura!... ed ella al fin ti vinse...
Il lampo del tuo genio,
Oimè, per sempre la ragion t'estinse!...
E fosti tolto alle ospitali sponde
Delle Senna, ove tu, sovrani onori,
Plausi t'avesti e allori;
E salutasti ancor la benedetta
Povera tua casetta,
Colà, dove sei nato.
Ma in qual misero stato
T'accolsero quel dì le care mura
Dell'altera città, che, ai gelsi in grembo,
Posa tra il Serio e il Brembo
In delicata altura!
Fu un triste giorno, un giorno di sventura
Il dì del tuo ritorno!
I

Mi par vederlo! Il sol lento e sereno
Scende dai monti, e un tenero saluto
Manda all'amica terra
Che piange al triste annunzio e si scolora...
Tace ogni cosa, è l'ora
Che a noi più stringe il core:
L'ora solenne in cui la nostra mente
Scorda i brevi tripudii
Per richiamare i giorni del dolore.
Eccolo, è desso. Mesto, taciturno
E con le braccia al petto,
Ei lentamente al suo veron s'appressa:
Ed il perché non sa! Pallido ha il volto,
Ma sereno l'aspetto.
Brev'istanti egli sta così raccolto,
Poi solleva la fronte
E avidamente le pupille affissa
In quel cielo, in quel sole ed in quel monte.
Dolce è la sua sembianza:
Diresti che un ricordo, una speranza
Attraversi la mente
Del povero demente.
Oh, deh, pietoso Cielo,
Squarcia tu almen quel tenebroso velo
Che offusca il suo intelletto!
Riaccendi nel suo petto
Gli estri del canto, ed alla sua pupilla
Ridona, anco una volta,
Quella sacra scintilla
Che l'animava un dì, quand'ei potea
Per recondite vie
Rapir le melodie
Che si celano arcane nel creato!
Quel bel campo smaltato
Di bianchi fior, quel sol, quell'orizzonte
Gli destano nel core
Un palpito di gioia e di dolore:
Ed il perché non sa!... lo chiede invano!
Come in sogno lontano
All'inerte memoria fan ritorno
Giorni d'amor, di gloria e di sventura,
Ma son pallide immagini fugaci,
Brevi sogni mendaci
Che rati si dileguano
Nelle tenebre eterne del pensiero.
Pur non è menzognero
Il palpito gentil che lo ha turbato.
Quei luoghi a lui son noti! Egli ha veduto
Altra volta quel cielo, egli ha provato
Altra volta quell'ansie
E quel febbrile incanto
Che in cor gli accese i primi estri del canto!
Ma dove, dove mai vide l'azzurro
Di quel limpido ciel? Dov'egli mai
Quell'incanto provò? Perché quell'ora
Con voluttuoso fascino
Così favella all'anima
Dell'infelice?... Non lo sa... l'ignora!
Oh ciel pietoso, deh ridona all'egro
Mesto cantor di Bergamo
Un raggio di tua luce!... E tu rispondi,
Rispondi a me una volta,
O DONIZETTI, e, se lo puoi, m'ascolta!
"Non ravvisi più dunque la natura
Che or piange a te d'intorno?
Tu sei qui, fra le mura
Della natìa casetta. È questa l'aura
Che respirasti un giorno:
Fra queste amiche piante
Tu corresti fanciullo, e l'ansie tutte
Provasti di quel santo
Ardor sublime che ti fe' poeta.
» Io non t'inganno, credi!
Tu non sei più fra una gente straniera.
Guarda intorno... non vedi?
Qui ti sorride eterna primavera;
Questo è cielo italiano,
Questi sono i tuoi campi, e quest'accento
L'udisti un giorno dal materno labbro
A canto alla tua culla;
Qui ti parlò d'amor la prima volta
Una cara fanciulla e nella dolce
Calma di questi colli,
Al ciel rapisti quella melodia
Che, volando per l'etra,
Immortalò la tua splendida cetra.
«Il delirio di LINDA e di LUCIA;
Il gagliardo ed altero
Patrio amor di FALIERO;
E il pianto di TOQUARTO; ed il pietoso
Santo materno affetto,
Ch'anco i delitti all'empia
Figlia dei BORGIA perdonar facea;
E la fiamma che in petto
Nutrì per GEMMA il tuo feroce moro;
E il pentimento de la bella rea
FAVORITA del Re, tu concepisti
Coi divini concenti
La prima volta qui... non lo rammenti?»

O ciel pietoso, deh, ridona all'egro
Mesto cantor di Bergamo
Un raggio di tua luce! egli è un demente.
Ahi sorte troppo dura!
Sempre al Genio compagna
Vuoi dunque la sventura?
Povero DONIZETTI! La sua mente
È confusa, sconvolta...
Egli sorride, sì... ma non m'ascolta!

II

Volarono sei lune. È giunta sera
Fra i bei giorni d'aprile una giornata,
Ed un'aura leggera,
Tepida e profumata,
Mormora tra le frondi
Dei platani e degli olmi. Una soave
Quiete regna intorno, e la natura
Placida si riposa
In seno ad una notte silenziosa.
Sol Donizetti veglia
A canto al suo verone; e mentre ei volge
La spenta sua pupilla all'orizzonte,
Un'armonia lontana,
Indistinta ed arcana,
Rompe il silenzio di quell'ombre, e vola
Come un dolce lamento
Sovra l'ali del vento.
O incanto, o meraviglia!
Schiude il labbro quel grande, e le sue ciglia
S'inarcano a stupore;
Ei, per la prima volta,
Tende l'orecchio avidamente... e ascolta.
È un dolce suono, è la mesta canzone
D'un giovinetto che ritorna stanco,
Per un'alpestre via,
Alle materne valli, e a la natìa
Povera sua capanna. Egli conduce,
Al suon della gironda,
Una bella fanciulla a cui fu tolto
Il ben dell'intelletto. In quell'accordo
V'ha una cara speranza, è un pio saluto
Alle bianche montagne ed alle valli
Di Chamouny. Quella canzone è mesta:
Mesta come quell'ora!
Tace per poco e par che si dilegui
Quel misterioso canto,
Ma poi, più triste ancora,
Ripete i cari accordi un'altra volta...
O meraviglia, o incanto!
Parla il Creato, e Donizetti ascolta!
È un suon di pianto: un flebile sospiro
Di donna innamorata, è l'infelice
Figlia di Lammermor che fugge l'ara
E le nozze abborrite:
È una vergine cara
Che di Lucia risponde al dolce nome.
Bianco vestita e sparse al sen le chiome
Solitaria s'aggira
Sospirando d'amor... Povera pazza!
Ella sogna e delira, e nel tumulto
Degli smarriti sensi
Vede fumar gli incensi,
Vede il Ministro, e cerca con lo sguardo
Il suo diletto Edgardo.

Da un'arcana virtù trasfigurato
Balza in piè Donizetti. Un improvviso
Raggio gli splende in viso; alta ha la fronte,
Maestoso l'aspetto;
E volgendo uno sguardo all'orizzonte
Manda un sol grido, un grido
Ch'echeggia nel profondo
Delle tacite valli, e che, volando
Dall'uno all'altro lido,
Desta l'intero mondo:
"Gran Dio! Quest'è la luce
Che torna al mio pensier! Sì, ti ravviso
O mia terra natìa!
Sì, nel mio cor ti sento
O flebile lamento
Della mia Linda e della mia Lucia!!!"

Fu l'ultima scintilla
D'una lampa che muor! Lontan, lontano,
Per l'ombre della notte, lentamente
Si morìan quegli accordi,
E con essi morìan nella gran Mente
Le immagini e i ricordi
Dell'Arte, della Gloria, e d'ogni affetto...
Ma... che fa Donizetti? Ahi poveretto!
Ei non dispera ancor! Corre, furente,
Al suo negletto cembalo,
E tenta, tenta invano
Con tarda, incerta mano,
Di richiamar le misteriose note
Che ritornano al Cielo.
Ma si ferma quel povero infelice,
E tentennando il capo, mestamente
Manda un sospiro, e dice:
"Ohimè!... per quella vôlta nera nera
Fuggì la melodia!...
Io l'ho perduta! Il vento della sera
Me l'ha portato via!"
E, come fior che per notturno gelo
Si piega in sullo stelo,
Il capo ei declinò, pose l'ardente
Fronte sui freddi e mobili
Avorî, a cui solea pur egli un giorno
Gli estri affidar... Ma è muta or quella mente,
Muti quei tasti, e muta a lui d'intorno
Ogni creata cosa...
Ah, tacete, o profani...
È stanco Donizetti... Ei si riposa!

ENRICO COSTA

IL MAESTRO ELEMENTARE
NOVELLA ITALIANA
DEDICATA AL SIGNOR
MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

 

I
Era il più caro giovine del villaggio e i genitori, sebbene povera gente, lo mandarono alle scuole della vicina città.
Pane e formaggio, formaggio e pane furono il principale alimento di Tommaso Magrini. La carne, il pesce e cose simili vedea raramente, e facea festa quando la madre, ogni quindici giorni, gli portava frutta e uova. Così fece le scuole del ginnasio e del liceo, dopo le quali intraprese la carriera ove si apprende a spacciare i malati a furia di ricette. Ma dopo il terzo anno di corso ristette. Una felice idea gli era venuta in capo; e si fece maestro elementare.

II
Dopo molte raccomandazioni, Tommaso co' suoi mille sogni dei vent'anni, aprì la scuola del villaggio di B. Il primo trimestre passò liscio liscio, ma dopo cominciarono i guai.
Coll'animo palpitante si presentò un giorno all'esattore: era la prima volta che doveva assaggiar la paga delle proprie fatiche! Ma l'esattore, fiutato il mandato di centoventiquattro lire e novantotto centesimi, gli disse asciutto: non abbiamo denari.
- Perché?
- Perché il comune è in debito.
- Ma e come farò io a vivere?
- Mah!
E Tommaso ritornò in casa sospirando e col cuore stretto stretto, che parea gli soffocasse nel seno.
Dopo tre giorni, trovò modo di vendere il mandato ad un consigliere comunale per novanta lire. E Tommaso potè vivere ancora.

III
Venne la fine del termine del secondo trimestre, e Tommaso, col mandato alla mano, pregò, scongiurò il solito esattore, che stette duro come... un uomo. Il maestro minacciò di chiudere la scuola, e i consiglieri gli minacciarono lo sfratto. Ne scrisse al consiglio provinciale scolastico, il quale scrisse al sottoprefetto, il quale scrisse al sindaco e all'esattore. Ma l'esattore sempre duro, e Tommaso vendette il mandato al solito consigliere pel solito prezzo. La stessa fine sortirono il terzo e il quarto mandato. E nel mese di agosto il maestro fu licenziato, perché era un testardo, un piagnone, un asino. E non era che un affamato!

IV
Nel secondo anno di sua carriera Tommaso Magrini fu nominato maestro, dopo infinite raccomandazioni, nel villaggio di T. ove visse felicissimo, perché l'esattore pagò sempre puntualmente. Il maestro era contento, la scuola faceva miracoli, ed egli allora sentì la virtù di congiungersi a una ragazza del paese, la quale fu subito da lui trasformata in Signora, meno i guanti, il groppone, le treccie finte, le polpette e il famigerato chignon. Se non che le ire di parte tenevano diviso il villaggio, e alla fine dell'anno scolastico Tommaso venne congedato, perché la moglie apparteneva ad una famiglia nemica a quella del Sindaco.

V
Nel terzo anno Tommaso, con la moglie e con un bimbo (un caro angioletto!) andò nel villaggio di C. Ma in quell'anno il paese era senza capo. Ogni tanto la scuola era visitata da un diverso consigliere, che si chiamava egli stesso il vicesindaco, e il futuro sindaco. Chi dava un ordine, chi un contrordine. Chi voleva che l'ora d'ingresso si suonasse alle otto e chi alle otto e mezzo del mattino. Chi comandava si accettassero anche i fanciulli dai cinque anni, e chi, dopo otto giorni, li mandava via dalla scuola. Tommaso era in angosce. Un giorno gli scappò la pazienza, e disse a brucia pelo ad un assessore, che nel consiglio non era né capo né coda. Per addimostrargli però che i consiglieri avevano capo, e anche coda, essi gli diedero le dimissioni fin dal mese di maggio, perché era indolente, insubordinato ed insolente.

VI
E presa la moglie e il figlio, Tommaso andò, nel terzo anno dell'apostolato, nel villaggio di O. E nel villaggio di O. come in quello di C. gli animi erano divisi, e, peggio ancora, l'amministrazione una miseria. Tommaso trovò un amico che gli comprava i mandati con uno sconto del sedici per cento. E non istava malaccio, perché tutti gli volevano bene; e anche alla moglie, la quale s'acconciava a cucire, e a far le calze alle signore ed ai signori del paese. Egli fu anche inscritto elettore; e non è a dire le feste che gli fecero nel mese di luglio il sindaco, il sovrintendente, ed i consiglieri d'ambo i partiti. Ma taffete! Il sindaco cadde con tutti i suoi seguaci, e il maestro fu mandato via dalla scuola alle prime sedute. Fu in tempo a consolarlo la moglie, che gli partorì una bambina, un vero angelo di amore.

VII
Nel quarto anno, con la moglie e co' suoi due angioli, Tommaso si portò a F., maestro di quella scuola. Ma F. era nelle condizioni di B. e di O.; e manco male ch'egli era omai pratico del mestiere, perché la natura lo aveva provveduto di un buon naso; e sapea così fiutare, che se era per aria un usuraio, era fatto subito cosa sua. Però questo fu, forse, l'anno più disgraziato per lui. La moglie non trovò che pochissimo lavoro, e vedutosi ridotto alla strette e quasi, come suol dirsi, senza calzoni, si diede a fare ripetizione agli alunni che lo pagavano. Non l'avesse fatto! Furono scritti contro di lui dei ricorsi anonimi e non anonimi, accusandolo che nella scuola commetteva ingiustizie; e piovvero a lui avvertenze e minacce del provveditore, avvertenze e minacce dell'ispettore, avvertenze e minacce del sottoprefetto, intimazioni del delegato scolastico, furibonde ammonizioni del sindaco e più furibonde prescrizioni del sovrintendente. Il maestro rispose a tutti che non sapea come vivere, che i mandati non gli venivano mai recati in essere, che egli e la famiglia vivevano nella miseria; ma dovette cessare dalle ripetizioni.
E a farlo apposta, quasi ogni otto giorni, gli venivano circolari del ministero, circolari del prefetto, circolari dell'ispettore, circolari del sottoprefetto, avvertenze del delegato, tutte intorno al miglior metodo da usarsi nell'insegnamento, e intorno allo scrupoloso adempimento del suo mandato: ma non una circolare, non una lettera che parlasse del miglior metodo per realizzare il mandato di pagamento del suo magro stipendio di cinquecento lire!

VIII
E, come Dio volle, venne l'agosto. Negli esami finali, fra i più tonti, fu anche riprovato il figlio della fantesca del parroco; il che gli attirò un violentissimo temporale. Anche l'usuraio rifiutò di comprargli il mandato dell'ultimo trimestre. Non fa duopo dire che il consiglio comunale lo licenziò subito. Il povero Tommaso, disperato, mandò la sua infelicissima Anna e i figli presso la famiglia di lei, ed egli si ridusse nel paese nativo, presso un buon zio; ché i genitori gli erano mancati, quando appunto studiava i misteri della scienza di Galeno.

IX
Oh quante volte al tacito
Morir d'un giorno inerte,
Chinati i rai famelici,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L'assalse il sovvenir!

Tanto s'adoprò il buon zio, che lo fe' impiegare nel dazio consumo perché nel paese si ebbe grande abbondanza di uva e di mosto. Tommaso faceva da guardia e da scrivano e nel mese di settembre poté guadagnarsi trentacinque lire. Ma la nuova vita gli provò e colse le febbri di stagione. Allora lo punse il desiderio della scuola, e poté ottenere il posto in S. ove raccolse la famiglia.

X
Dopo sei mesi, molestato dal mal di petto, passò i giorni dalla scuola al letto e dal letto al lettuccio. Terminato l'anno scolastico, il municipio gli diede le dimissioni, perché Tommaso Magrini non era atto alle fatiche della scuola; gli rilasciò un bellissimo attestato di moralità e lo mandò in pace.
Allora egli trasmise al prefetto il mandato dell'ultimo trimestre, pregando ché gli si desse danaro, perché quella carta nessuno volea riconoscerla, e implorando un sussidio. Espose tutti i suoi mali; disse che non poté fare la scuola serale, perché il consiglio comunale non volle mai somministrare il lume, e tante altre cose.
Così, tutto il mese di settembre, visse di speranze, ma vane.
Infermò sul serio: però, a divagare la febbre, la malinconia, e anche la disperazione onde veniva spessamente assalita l'anima sua, la buona Anna gli regalò un'altra bambina, un angiolo di bellezza! Povero Tommaso! Egli non godette lungamente neppure questa larva di gioia! Al primo cadere delle foglie morì, abbandonato alla pietà dei generosi la moglie ed i figli.

XI
Dopo otto giorni, nel giornale ufficiale del capo luogo della provincia si leggeva, proprio in una colonna degli Atti della Deputazione Provinciale, non potersi accordare il sussidio richiesto dal maestro elementare della scuola unica di S. signor Tommaso Magrini.

XII
L'altro ieri mi recai a visitare il Ricovero di Mendicità di Sassari. Anna ed i tre piccoli orfani sono ivi ricoverati; e, caso strano, vi è ancora una vecchia maestra elementare di cui dirò le vicende in una seconda novella.

SALV. SECCHI DETTORI

 

CRONACA POLITICA

Incominciamo la nostra rassegna settimanale in momenti pieni di dubbî e di preoccupazioni. Dovunque volgiamo lo sguardo vediamo il cielo della politica pieno di punti neri. Vi è un gran numero di questioni che domandano imperiosamente di venire risolte.
Fra queste tiene il primo posto quella che suol dirsi questione d'Oriente, un gruppo di problemi che da anni ed anni tiene la diplomazia in angosce. In questi giorni avemmo una nuova levata di scudi dei rajà della Bosnia e dell'Erzegovina, ma la ragione del ferro e del fuoco pare che trionferà anche una volta. Però il grande malato dà segni non dubbi della non lontana sua fine.
L'Austria-Ungheria si risente delle agitazioni dell'Oriente, ed equilibrandosi tutta sul sistema dualistico tragge una vita penosa, incerta del domani. Attratta dall'elemento slavo che prevale di numero, si stacca sempre più dai Tedeschi e dagl'Italiani che obbediscono ad una forza centrifuga irresistibile. La politica metternichiana ha fatto il suo tempo, la nuova aperta e liberale non si è ancora bene spiegata.
La Germania, nell'orgoglio della sua potenza e circonfusa degli splendori d'una gloria immensa, s'impone all'Europa. Temuta più che amata, attende con occhio sicuro e fermo lo svolgersi degli avvenimenti, e forse agogna novelle annessioni di territorio.
L'impero del silenzio, come una volta era chiamata la vasta monarchia degli czar, si tiene tuttavia in un grande riserbo, ma il testamento di Pietro il grande turba sempre i sonni del Romanow. Ciò porta ad una collisione coll'Inghilterra nelle regioni dell'Asia, e forse ne nascerà tale un cozzo da far tremare l'Europa.
Il ministero Derby-Disraeli vorrebbe ricomporre l'antico prestigio dei Tories, ed alza spesso la voce nelle quistioni internazionali. Ma la pace sta a cuore sopra ogni cosa all'Inghilterra, e a quel nume sagrificherà molto, forse anche la propria dignità.
Coll'alzarsi della Germania da una parte e dell'Italia dall'altra si abbassò la Francia. Umiliata e mutila da spaventosi disastri militari, ora ripiglia fiato, riorganizza l'esercito ed ha ricomposto le finanze. Ma la Francia è dilaniata internamente dai partiti e l'avvenire le si presenta buio assai.
Guardando all'Ebro e al Manzanare l'occhio rimane rattristato dallo spettacolo d'un popolo dibattentesi nell'anarchia e desolato dalla guerra civile.
Rimane la patria nostra alla quale sorride un grande avvenire. Giunta al colmo delle sue politiche fortune, attende ad un vasto e profondo lavoro di organizzazione interna. L'opera sarà coronata quando avremo un forte esercito, una florida finanza e la questione religiosa cesserà di tenere agitati gli animi.
Ecco a larghi tratti la situazione politica dei grandi Stati europei, i quali poi sono tutti più o meno travagliati da due grandi malori: l'internazionale rossa e l'internazionale nera. Ma si spera che le forze riunite della civiltà basteranno a domare il mostro bicipite.

A. P.

 

COSE DELL'ISOLA

Compagnia Sarda di Navigazione l'Icnusa. Del progetto sorto a Cagliari per opera di rispettabili persone onde costituire una Società di navigazione Sarda, si è già tanto occupata la stampa Isolana, che noi per giungere troppo tardi potremmo dispensarci dall'occuparcene; pure non crediamo opportuno il tacerne affatto trattandosi di cosa che, ove basata su logiche presunzioni e su fondate speranze, ridonderebbe a grande vantaggio del nostro Paese.
Ad eccitamento dell'Egregio Comitato Promotore si volle anche quì istituire un Sotto-Comitato, allo scopo di appoggiare, assai più moralmente che materialmente, il progetto; però, la risultanza, a quanto ci si dice, fu ben meschina, dacché i pochi volonterosi che aderirono all'invito non riuscirono a trovarsi insieme che una sola volta senza neppure poter costituire l'ufficio di presidenza. Questa prova di indifferenza e di apatia tanto più ci ha meravigliati inquantoché il progetto in quistione strenuamente difeso nelle colonne della Gazzetta di Sassari, si era con questo mezzo fatto accogliere assai favorevolmente dalla pubblica opinione, almeno a quanto ne disse il profondo e sagace scrittore nel cominciare del suo quinto articolo.
Privi di cognizioni tecniche e fors'anco amministrative su tale materia, noi non siamo in grado di trovarci coll'autore della cattedratica e pesante Risposta del Nostromo, per appoggiare l'idea - né combatterla aspramente coi brillanti e sarcastici modi del Sulliotti: ci limiteremo quindi a formulare alcuni quesiti ed attendiamo che i nostri lettori pronuncino il loro verdetto.
1° Può esser sufficiente il capitale di Lire 1,500,000 per costituire una società di navigazione a vapore?
2° Non potendosi col capitale di Lire 1,500,000 costrurre che due soli vapori, è sperabile che gli utili possano coprire le spese e permettere di distribuire un dividendo, sia pur modesto, agli azionisti?
3° Esaminate le attuali condizioni dell'Isola il progetto è esso sorto opportunamente?
4° La minaccia di far concorrenza ad un'altra società di navigazione già organizzata da tanti anni, piena di esperienza, provvista di considerevoli materiali e sussidiata del Governo con indennità pel servizio postale ed anticipazione di fondi per non vederla ridotta a mal partito, è realmente seria?
5° I mezzi di cui può disporre la classe Commerciale in Sardegna (poiché esclusivamente ad essa è d'uopo fare appello) sono tali al presente od è a supporsi che lo siano per l'avvenire, per cui sia lecito sperare la organizzazione di una Società fornita di eccellenti materiali e di eccellentissimi milioni, tanto da presentarsi in buona fede al Governo, onde surrogare l'attuale Compagnia nei suoi vantaggi e nei suoi oneri pel servizio postale fra il Continente e la Sardegna?
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Scuole elementari. Sappiamo che s'è stabilita ad Oschiri una Scuola Maschile Superiore e che un'altra se ne stabilirà nel Comune di Patada.
Mentre non abbiamo che elogi pei Municipi dei suddetti Comuni, incoraggiamo gli altri a imitarne l'esempio.
Non possiamo poi che biasimare quei Municipi i quali si appalesano nemici della popolare istruzione mantenendo nei loro bilanci la vergognosa cifra di Lire 333,33, per la Maestra delle scuole femminili uniche.
Noi propugneremo la causa degl'insegnanti elementari i quali privi di qualunque avvenire sono anche miseramente retribuiti.
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Pubblicazione. Nel nostro giornale pubblicheremo le poesie sarde dell'illustre poeta vivente Paolo Mossa da Bonorva, le quali sono uno splendido monumento di letteratura sarda.

 

CRONACA DI CITTÀ

Scuola di disegno. Il pittore signor Giacomo Galeazzo, incaricato della Commissione faceva testé acquisto in Torino dei modelli in gesso per la Scuola di disegno, che già da parecchi anni venne aperta in Sassari sotto la direzione del signor Bernardini, Professore di Ornato. Ci assicurano che sia una raccolta bellissima, e noi ne godiamo, perché vedremo progredire una Scuola che è di tanta utilità per l'operaio, e per chi vuol trarre diletto dalla bellissima Arte del disegno.

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Scuola di canto. Sappiamo che il Maestro signor Gnocchi ha presentato al Municipio una proposta per l'ingrandimento della Scuola di musica testé annessa alla Banda Cittadina, e che conta diggià 36 alunni i quali diedero un ottimo risultato.
Il signor Gnocchi vorrebbe unire a questa Scuola, le altre due del solfeggio (o istradamento al canto corale) e degli strumenti ad arco, con obbligo agli allievi di prestar l'opera loro gratuitamente per due anni al Teatro Civico.
La somma bilanciata per la Banda non aumenterebbe che di sole Lire 1600 annue, somma per vero molto modesta ove si prendano in considerazione tutti i benefizi che ne risentirebbe il nostro Teatro, il quale oltre ad acquistare maggior credito al di fuori, educherebbe una buona parte dei nostri operai, che trarrebbe un doppio profitto morale e pecuniario: tanto più che i nostri Impresari sono presentemente costretti di ricorrere al Continente per Completare i Cori ed anche qualche parte principale di Orchestra. Noi speriamo che il Municipio vorrà accogliere favorevolmente la vantaggiosissima proposta del Maestro Gnocchi.

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I nostri monelli. Più che le cavallette da cui negli anni decorsi furono devastate le nostre campagne, la nostra Città ha da lamentare una schiera di piccoli briganti. Non vi ha nulla di sacro per questi devastatori. Sorge un fabbricato nuovo? Si dà termine all'intonacamento di una casa? Dopo poche ore i monelli v'incidono sopra, o vi dipingono dei brutti ceffi con un pezzo di carbone; né basta; vi abbiamo letto delle parole sconcie, ciò che ci strinse il cuore pensando che fra quei discoli erano anche dei piccoli letterati che uscivano dalla Scuola. Questi monelli danneggiano le tenere piante del Giardino Pubblico, estirpano i fiori e gettano delle pietre nella Vasca per spaventare i pesci. Insudiciano i quadrelli delle denominazioni delle vie, strappano gli avvisi delle Cantonate e vi portano via anche il cartello del teatro. Nel pubblico passeggio s'inseguono fra loro a bella posta e vi urtano in modo da farvi rompere il collo...
Non si potrebbe frenare in qualche modo l'audacia di questi esseri così impertinenti?
Noi non pretendiamo certo di farne tanti uomini seri, diciamo solo che bisognerebbe dar loro una buona lezione, perché un simile procedere per parte di tali biricchini non fa troppo onore ad una città incivilita.
Raccomandiamo pertanto ai Maestri elementari perché mettano in avvertenza i loro piccoli scolari.

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Acquedotto. Abbiamo visitato i lavori che si fanno verso Osilo per la costruzione del tanto sospirato Acquedotto di Sassari, e siamo rimasti molto soddisfatti vedendoli a buon punto. La strada carrozzabile che conduce al gran Bacino è presso che ultimata, e l'escavazione dei pozzi è bene inoltrata. Sono circa 3500 metri di galleria che deve praticarsi nella viva roccia, per cui la nostra riuscirà un'opera monumentale. Il nome onorevole degli intraprenditori ci garantisce della certezza e della bontà di un'opera, per la quale si spesero già tante inutili parole e tanti inutili soldi. Fra due anni dunque i nostri asini a quattro gambe sgombreranno, (o almeno diminuiranno). Ed era veramente tempo, poiché li abbiamo sopportati per molti secoli!!!

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Teatro Civico. L'apertura del nostro massimo ed unico Teatro avrà luogo verso la metà del mese venturo. Pare però che l'Impresario voglia compensare tale ritardo colla buonissima scelta dello spettacolo e con una compagnia di canto eccellente, a quanto ci assicurano persone molto competenti nell'arte musicale. La stagione di autunno si aprirà coll'Ione del Petrella, a cui faranno seguito la Giovanna di Napoli dello stesso autore, e il Torquato Tasso del Donizetti. Per la seconda stagione avremo il David Rizio del Canepa, ed il Barbiere del Rossini; si parla pure del Ballo in maschera del Verdi. La scelta delle opere non poteva essere migliore.
Avremo una terza stagione, con Recita. Il Municipio ha concesso il teatro per tre anni al signor Franceschini nella stagione di quaresima col patto espresso che egli porterà una scelta compagnia, e noi vogliamo sperare che il nuovo impresario vorrà mantenere la sua promessa; ché se ciò non accadesse sarebbe un pregiudicare i propri interessi.
Avendo parlato del David Rizio del nostro concittadino non crediamo fuor di proposito far conoscere che anche quest'anno lo spartito del Canepa fu richiesto per la seconda volta dal Municipio di Barcellona, dove fu invitato l'autore per metterlo in iscena. Sappiamo però che il Canepa è partito per la Russia per la messa in iscena e per la direzione dell'opera I Pezzenti in cui il 3° atto venne rifatto.

 

PENSIERI E MASSIME

Io non voglio decidere qual sia il primo merito di una donna; ma in generale la prima domanda sul conto d'una donna che non si conosce è: È bella? La seconda: Ha dello spirito? Ben di rado avviene che si faccia una terza domanda.

FONTENELLE

La Bellezza non è riposta in un naso greco o romano, nei capelli neri, negli occhi azzurri, né nell'armonia dei contorni, a meno che non vi accontentiate della bellezza delle statue; ma in una qualche cosa alla quale non si è ancora dato il nome, in una qualche cosa di quasi divino, in un riflesso dell'anima che si dipinge sul volto d'onde noi tiriamo la conseguenza che la bellezza, la quale è relativa come tutto ciò che esiste è per noi l'accordo che supponiamo esistere tra l'anima contemplata e la nostra.

ALFONSO KARR


L'amore in Francia è una commedia; in Inghilterra una tragedia; in Italia un'opera seria, e in Germania un melodramma.

MADAMA DI BLESSINGTON

Non vi è donna così fedele che non abbia cessato d'esserlo almeno col pensiero.

DIDEROT

Le leggi sono come le tele dei ragni le quali prendono i piccoli insetti, ma vengono traforate dai più grossi.

ANACARSI DA SCITA

Il matrimonio nasce dall'amore come l'aceto dal vino.

BAYRON

L'impero di un malvagio si fa sentire talvolta anche nei cuori più miti e virtuosi.

SHAKESPEARE

Vedi: le generazioni degli uomini hanno fatto come i poeti; l'uno ha preso dall'altro. Immagina un po' Omero ritornato addietro nel mondo per esigere dai suoi debitori quello che gli cavarono in prestito di sotto, e lo negarono di poi, e tu vedresti che Virgilio rimarrebbe in camicia, il Tasso in mutande, ed Ariosto poco più che in farsetto.

GUERRAZZI

 

INVENZIONI E SCOPERTE

Proprietà del petrolio. Un ingegnere francese ha adoperato con felice risultato il petrolio per tornire i metalli più duri. Gli strumenti unti costantemente col petrolio resistettero perfettamente, e riuscirono a perforare il più duro metallo... Avviso ai costruttori di macchine ed ai fabbri ferrai.

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Calzature impermeabili. Il sig. W. Broguet di Verviers trovò il mezzo di rendere impermeabile il cuoio.
Il suo metodo consiste in una composizione speciale fra le due suole o tra la fodera e la tomaja. Questo grasso è composto di cera gialla, di cera nera, di pece bianca e di sego: si lascia cuocere il tutto e se ne ottiene un grasso assai duro che poi viene rammollato dal calore naturale dei piedi. I cacciatori di cui abbonda la nostra Sardegna vorranno porre in opera il trovato del signor Broguet.

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Modo facile per ottenere un buon aceto. Il chimico Braconnot ci insegna, che il vino passa tanto più presto allo stato di aceto, quanto più è piccola la quantità sulla quale si opera e quanto più si trova in contatto coll'aria e col maggior calore possibile.
Or bene, nell'estate si prendano varie bottiglie comuni, vi si versi in ciascuna un cucchiaio di vino, non troppo vecchio, poi si espongano all'aria senza turacciolo quando la temperatura è dai 20 ai 24 gradi almeno. Questa piccola quantità di vino sarà ben presto convertita in aceto; si aggiunga allora successivamente del vino poco alla volta in principio, e poi in maggior quantità, fino che le bottiglie sieno piene.
Si otterrà in questo modo del puro e buon aceto in tanta quantità che si vorrà.

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Funghi velenosi. La prefettura di Valchiusa allo scopo di prevenire casi di avvelenamento per parte dei funghi ha fatto pubblicare le conclusioni di una memoria redatta dal Dottor Luigi Menier medico capo dell'Ospedale di Avignone, fra le quali troviamo che ogni fungo velenoso diviene inoffensivo dopo essere stato immerso durante due ore nell'acqua acetata e d'aver bollito da una mezz'ora ad un'ora. Con questo semplice mezzo, alla portata di tutti, ogni qualità di funghi perde, qualora le abbia, le qualità venefiche.

 

MELENSAGGINI

PROGRAMMA DI TESTADURA

Dunque avete inteso? Il nostro Giornale non si batterà né per la carne, né per il pesce; impugnerà l'asta per difendere le triglie, ma non disprezzerà gli amici delle cotellette: sarà un animale anfibio; sarà un giornale libero, imparziale, indipendente, anche più della Gazzetta Ufficiale; vi si leggeranno sempre cose originali, salvo quelle volte che non avremo rubato tutto dagli altri periodici.
Ci occuperemo di tutto lo scibile umano, e diremo delle gran belle cose, purché non diciamo delle castronerie. Infine il nostro Giornale sarà una rarità della specie. Abbiamo già molte richieste da tutte le Biblioteche Nazionali ed Estere, le quali intendono gelosamente custodire una copia dei nostri scritti; però per non defraudare i droghieri, i pizzicagnoli ed i conduttori di quei gabinetti ove la lettura è un accessorio, si tireranno 18000 copie in più di quelle destinate alla pubblicità.
Entro nella parte amministrativa e finanziaria.
Convinti di aver avuto un'idea molto luminosa nel fondare questo Giornale abbiamo voluto essere pochi a dividere la torta; non siamo che sei! È un affare d'oro che ci capita fra le mani; ci siamo divisi fra noi le cariche, ognuna delle quali è lautamente retribuita. L'obbligo di collaborazione al Giornale non è fra noi soci obbligatorio, dimodoché quando al sabato non vi sono articoli preparati, è segno che alla domenica il Giornale non esce. Gli abbonati devono sempre pagare anticipatamente.
Il fondo capitale è di lire 100 diviso in mille azioni da Dieci centesimi l'una; non siamo stati così bestie da aprire la pubblica sottoscrizione; ce le siamo tenute tutte per noi! Noi siamo convinti che questa speculazione, benché non sia brillante come quella d'una Società per navigazione a vapore, pure basterà in pochi anni a permetterci in estate il lusso d'un vestitino fatto con biglietti da Cinquecento Lire, cuciti insieme. Quando il fondo di riserva giunga a Lire 50,000, queste verranno impiegate in tante Azioni della Banca del Popolo. Questo diavolo di progetto ci ha scatenato contro ire ed invidie perché tutti avrebbero voluto intingere la forchetta nel nostro piatto, ma noi, furbi, abbiamo risposto: marameo! Ci siamo e ci stiamo! Allora non potendo essere con noi, si son posti contro di noi, ed hanno detto che faremmo assai meglio ad occuparci degli affari nostri, ché l'articolista di Giornale è un mestiere da sfaccendato, ché a lavar la testa all'asino ci rimetteremo sapone e fatica, e cento altre sciocchezze di questo genere le quali però invece di raffreddarci, ci hanno gonfiato d'amor proprio, di spirito patrio, di carità cittadina ecc. ecc., di modo che in questo momento, se ci vedeste, sembriamo tanti globi aerostatici nel momento di partenza. Nella nostra qualità di anfibi non ci mancheranno regali di berretti frigi e di corone d'Italia; siamo disposti ceder tutto agli amatori di questi generi per il modico compenso di L. 1,50 al pezzo.
Del resto, tutto per ischerzo! Noi saremo esatti quanto può esserlo il probo negoziante, il quale rispetta sempre la propria parola, la propria firma ed in ispecial modo poi quando sa che facendo altrimenti andrebbe in galera.
Mi pare che come programma non possiate desiderare di più.

TESTADURA

 

VARIETÀ

Le medichesse. "Il Consiglio generale di medicina a Londra è stato recentemente consultato dal Governo Inglese ed invitato ad esprimere il suo parere sulla delicata questione dell'ammissione delle donne alla carriera medica e sulla validità dei diplomi da esse ottenuti in Istituti esteri.
Il Consiglio la discusse e l'approvò.
Finora la sola donna che abbia qualifica legale per esercitare la medicina è Miss Elisabeth Garret Anderson.
Immediatamente dopo la sua ammissione fu deliberato che non verrebbero ammesse all'esame se non le persone le quali abbiano fatto il loro corso di studi in una scuola riconosciuta. Ora, nessuna scuola riconosciuta avendo ancora ammesse a' suoi studî persone dell'altro sesso, questa decisione ha impedito ogni presentazione ulteriore e nessuna donna si provò a seguire l'esempio di Miss Anderson."
Che peccato! Tutti i giovani si farebbero curare dalle medichesse, e c'è da scommettere cento contro uno che tutta la gioventù mascolina si darebbe ammalata per sei mesi dell'anno!

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Statistica dell'uomo. Ecco un curioso lavoro di statistica che fu presentato all'accademia di scienze da un valente professore di anatomia di Parigi.
"Un uomo che ha raggiunto l'età di 60 anni ha dormito 6000 giorni, lavorato secondo i casi 6000 giorni, camminato 800 giorni, mangiato per 15000 giorni, è stato ammalato per 500 giorni e si è divertito per 4000 giorni.
In questi 60 anni ha mangiato 70000 libre di pane, 20000 libre di carne e 5000 libre di legumi; di più ha bevuto 32000 litri di liquidi diversi, che basterebbero a formare un lago di 300 piedi di superficie su 3 di profondità".
Si può aggiungere che un uomo a quell'età, diventando vedovo e rimaritandosi ogni tre giorni, potrebbe essere comodamente padre di 2500 figli. Camminando dall'età di sei anni, per otto ore il giorno, a passo regolare, un uomo a 60 anni può aver percorso circa 350,000 chilometri di strada, vale a dire, partendo dalla terra all'età di sei anni, arriverebbe a 60 anni alla luna, avrebbe tempo di fare circa 10 volte il giro del mondo a piedi.

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I giornali in America. Nel 1675 si publicava negli Stai Uniti un solo giornale La May Flower di Cambridge. Nel 1775 i giornali sommavano a 37, ed a 40 allo scoppio della rivoluzione nel 1776. Nel 1850 li vediamo aumentare all'enorme cifra di 2526, con una tiratura di 426 milioni di esemplari. Nel 1860 salgono alla cifra portentosa di 4051 colla tiratura di 928 milioni. Nel 1870 raggiungono finalmente la cifra di 5821, con tiratura di 1,500,000,000 esemplari.
Auguriamo alla Stella di Sardegna altrettanto!!

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Le locomotive del Globo. Il Journal Officiel scrive che il numero delle locomotive in attività su tutte le strade ferrate del globo è attualmente (al 31 Luglio scorso) di 50,000, che rappresentano il cospicuo capitale di 2 miliardi e mezzo di lire.
Ecco gli Stati che posseggono un maggior numero di locomotive:
Stati Uniti . . . N. 14, 200
Inghilterra . . . » 10,900
Germania . . . » 5,900
Francia . . . » 5,900
Russia . . . » 2,500
Austria . . . » 2,400
Italia . . . » 1,200
Ungheria . . . » 500

 

PICCOLA POSTA

Ai signori Insegnanti e Segretari Comunali dell'Isola.
A voi che siete gli antesignani del progresso raccomandiamo la massima diffusione della Stella di Sardegna.
Signor A. F. Ozieri. Abbiamo ricevuto la tua bellissima corrispondenza che pubblicheremo nel primo numero. Grazie. Signorina I. B., Ozieri. Aspettiamo il seguito del suo grazioso Racconto. Scriva; scriva sempre! Signor A. R., Cagliari. Ricorda la promessa: confidiamo molto nella tua amicizia. F. V., Cagliari. Aspettiamo qualche tuo scritto pel prossimo numero. A. M., Oristano; G. S. Tempio; G. M. P., Cuglieri; P. M., Bosa fidiamo sulle vostre promesse. G. M., Roma. Manda pure, pubblicheremo. O. B., Genova. Hai ricevuto la mia lettera? Aspetto molto da te!
F. F., Milano. Destati e cammina! Io ti aspetto. G. B. Sorso. Aspettiamo.

SCHINTU VINCENZO, Gerente responsabile.

 
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