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ENRICO COSTA


A G. Caprin
Enrico Costa


La Nina ha un bel visino che innamora,
E bionda ell'è come le spiche in giugno;
Ha due bianche manine da signora
E due piedi che stanno nel mio pugno.

Da un sottil nastro di velluto nero
Le pende al collo una crocetta d'oro.
Dolce ha lo sguardo, e il portamento altero,
Ed ama il canto, il riso, ed il lavoro.

Un cardellin che tutto il dì gorgheggia,
Una macchina inglese da cucire
E pochi arredi, forman la sua reggia
In tre stanzuccie da dugento lire.

Nina sta in casa colla vecchia nonna
Che è cieca, e con un biondo fratellino.
Va a messa il dì di festa - e alla Madonna
Ogni sabato accende il lumicino.

Se un giovine l'adocchia, o una parola
Le sussurra all'orecchio, ella, commossa,
Serra lo scialle, aggiusta la pezzuola,
Affretta il passo, e si fa rossa rossa.

E dice camminando "- oh, lo sfacciato!
Oggi m'insulti perché son soletta:
Se mio fratel più grande fosse stato,
Quella parola non l'avresti detta! -"

Veste elegante - ha una pezzuola fina,
Un velo ed uno scialle a righe nere;
Ma pochi san che per la poverina
Quegli abiti son ferri del mestiere.

Fa la sartina - ed un certo decoro
Vuole il mondo. Si sa che una marchesa
A un'indigente non può dar lavoro
Perché al blasone recherebbe offesa!

Ma quando Nina è in casa, e niun la vede,
Fa da padrona, e non cura le dame;
Le basta un po' di pane, e, se lo crede,
Col riso e il canto sa ingannar la fame!

Se può comprare il latte per la nonna,
E il suo Carletto può mandar a scuola,
Nina è contenta - e prega la Madonna
Che i digiuni e i dolor mandi a lei sola.

Venduto ha già il suo vezzo e gli orecchini
Perché scarso a' bisogni era il lavoro;
E se i guadagni dureran meschini
Venderà pur la sua crocetta d'oro:

Quella crocetta ch'ebbe per memoria
Dalla sua mamma, morta sulla paglia
D'una soffitta - È assai tristae la storia
D'un cor che cede in sleal battaglia!...

Eppur v'ha chi l'insulta, e, quando è sola,
D'amor le parla, ed oltraggio le reca.
Infami! - Nina è un'onesta figliuola
Che dà pane a un fanciullo e ad una cieca.

***

La mia stanzuccia dà in un cortiletto
Attiguo ad una casa signorile;
Una bella Marchesa ho dirimpetto,
E di fianco ho la mia bionda gentile.

È mezzanotte. Io scrivo; e gli occhi, gravi
Di sonno, tengo immobili al soffitto,
Chiedendo invano alle tarlate travi
Alquante idee pel mio giornale - Il Diritto.

Fuori fa freddo - è il mese di gennaio:
Sudano i miei cristalli... e sudo anch'io;
Tuffo la penna ognor nel calamaio,
Ma una riga non v'ha sul foglio mio.

In tre vegliamo. Io scrivo - al pianoforte
Studia la dama - e la Nina lavora...
Calan sui tetti l'ombre - e par di morte
Il gelido silenzio di quest'ora.

L'onde di luce, che sfuggono ai vani
Delle tre imposte, ad abbracciarsi vanno
Nell'ombre del cortil - beffardi e strani
Accoppiamenti: - il gaudio coll'affanno!

Stride la penna - la macchina geme
E ride il pianoforte. Ondulazioni
Di discorde armonia! Danzano insieme
I tre raggi di luce ed i tre suoni.

La dama che ho di faccia è vedovella
Ed ha una vecchia che le tien bordone:
Ell'è giovane, è ricca, è molto bella,
E a nuove insidie le sue grazie espone:

La mattina toeletta - a mezzogiorno
Le visite - la sera un esercizio
Di cembalo - sul tardi andare a torno -
La notte accesso al damo di servizio...

E rispettata ell'è - le fa un inchino
Chi l'incontra per via; ben fortunato
Se può condurle a spasso il cagnolino,
O se a portar l'ombretto è destinato!

***

Scricchiola, penna mia! - brontola e stridi,
Macchina da cucir! - spandi, o pianoforte,
Le tue liete armonie!... tu, o mondo, ridi,
Ché il Diritto è fatto di ragioni storte!

Batti, o Dama gentil, batti sui tasti
E sfoga colla sarta il malumore:
Schiusa non t'ha la veste quanto basti
Perché il tuo seno mostri il suo pudore.

Gira, o macchina, gira! e alla dimane
Pensa di lei che il tuo soccorso implora.
Perché brontoli? Nina non ha pane,
Ma tu l'olio ce l'hai: - dunque, lavora!

E tu, muovili presto quei ginocchi,
O Nina! - Perché piangi? a che non canti?
Stolta; pane non hai - se sciupi gli occhi
L'ultima speme perderai - gli amanti.

Lavora dunque! - e pensa che piccino
Il tuo fratello egli è, cieca la nonna...
Perché son sordi gli uomini e il destino
Esser sorda al pudor vorresti, o donna?

Scricchiola, penna mia! Scrivi sul bianco
Le tue menzogne nere - ha un tristo verso
La povertà! Poeta, o Saltimbanco,
Mi prostro all'oro, Re dell'Universo!

Scricchiola e scrivi: - "Articolo di fondo:
Coscienza schiava... e libera opinione:
Pel povero che strilla, a questo mondo,
Il più grave dei torti è aver ragione."

Scricchiola ancor: - "Cronaca cittadina:
La Marchesa ha sposato un Generale;
Nel fiume si è gettata una sartina,
Ed è morto un poeta all'ospedale."

Milano, ottobre, 1878

 

 

 
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