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ENRICO COSTA


Realismo. La musica
Enrico Costa
Anche la musica ha dovuto in questi tempi risentire gli effetti del Realismo - ma siccome l'esprimersi col canto, co' trilli e coi ritornelli è sola facoltà concessa dalla natura agli uccelli, così la musica, volendo anch'essa cercare il nuovo ha creduto bene di fare un po' di rivoluzione - e in gran parte vi è riuscita. Non potendo prendere il nome di realista (perché essa opera direttamente sul sentimento e parla al cuore sotto qualsiasi forma) si è chiamata avvenirista per avere un pretesto qualunque a rivoltarsi come le altre sue sorelle.
La musica, volere o no, è stata sempre e sarà sempre serva umilissima della poesia; perocchè la musica senza parole non può destare determinati affetti nel nostro cuore - noi diamo alla melodia il nome della passione da cui siamo dominati nel momento che ci carezza l'orecchio. Tutt'al più può dividersi in tre categorie: marziale, allegra, patetica. Ha l'inno e le marcie per l'entusiasmo patriottico, i ballabili per le feste - tutti gli altri tempi esprimono il dolore o la melanconia. Disprezzo, gelosia, ira, sdegno, ferocia, ecc., sono passioni che non possono ritrarsi colla musica: siamo noi che battezziamo quelle note... come meglio ci conviene. Se però il pezzo musicale ha un titolo, o se sulle note viene apposta la parola, allora giuriamo in verbo magistri che la musica esprime fedelmente quell'affetto. Per meglio darti una prova di ciò, o per meglio spiegarmi, ti racconterò un fattarello.
Scrissi un giorno per un Maestro di musica un'Elegia in morte di una bambina di due anni. Il Maestro la musicò divinamente. Fu cantata in Teatro da un'egregia artista. Tutto l'uditorio, commosso, proruppe in fragorosi applausi:
- Che filosofia! - si diceva - che arte! Pareva udire il pianto disperato della mamma, i singhiozzi della moribonda, e persino il sordo rumore della culla mossa dal piedino della povera madre che sperava la guarigione della sua creatura. Che filosofia di strumentazione! Ecco la vera arte! Quella musica ti declama i versi! è il non plus ultra della verità!
Tre mesi dopo lo stesso Maestro, trovandosi a Napoli, fu incaricato di scrivere l'Esule. Io ne dettai le parole sullo stesso metro dell'Elegia. Sai tu che cosa fece il Maestro? Essendo occupatissimo, e non volendo rifiutarsi adattò i versi della bambina morente alla musica già scritta dell'Esule, cambiò la chiave di soprano in quella di tenore, ed un distintissimo dilettante cantò la romanza in un'Accademia. - Si ebbe applausi frenetici:
- Che arte! Che filosofia! - si gridò nella sala. Ti sembra di veder l'esule in terra straniera, e la sposa lontana che lo aspetta. Quell'arpeggio in minore pare il vento della sera che gli porta lo squillo della campana del suo paese! Ti pare di udire il fremito delle onde che lambiscono gli opposti lidi! Che arte! quella musica parla!
Intendi, o Stiavelli? La giovane madre si era cangiata in esule - il rumore della culla si era trasformato in campana - il vento faceva le veci del singhiozzo della bambina - e il pianto della mamma avea fatto un cambio coll'imprecauzione del povero esiliato.
Né ciò ti meravigli. Mi ricordo di aver letto in un giornale serio, a proposito della Messa di Verdi, che in un dato punto dello spartito vi sono tre o quattro squilli di tromba così a posto, che ti fanno rabbrividire pensando alla tromba dell'Angelo nel giorno del giudizio universale. Non ebbi mai occasione di assistere alla famosa Messa, ma non mi farebbe stupire se un contadino posto a giudicare quello squillo dicesse: -è una trombetta che suona la sveglia! - Oppure: - è la diligenza che parte! - Per esempio, si disse dell'Aida, che vi è un tal colore di musica locale che ti par d'essere in Egitto. Per fortuna dell'autore, gli italiani che sono stati in Egitto sono pochissimi!
Vedi, dunque, quanto può la fantasia riscaldata! Saputo il titolo di un'opera o di un pezzo - o meglio, saputo il nome del Maestro - vi si fabbrica sopra il dizionario dei sinonimi di Tommaseo. In un accordo minore vi sono più affetti, che non vi siano esseri animati in una goccia d'acqua. - Oh, quante volte mi è accaduto di sentire in piazza, mentre suonava la banda cittadina: « - che pezzo noioso e insipido! - di chi sarà? - » Ed essere poi una sinfonia di Rossini, od un pezzo concertato di Donizetti! - Per fortuna che in musica, in drammatica ed in letteratura, si ha sempre l'avvertenza da tutti di chiedere il nome dell'autore; altrimenti se ne sentirebbero delle belle davvero!! E pensare che talvolta i critici più accaniti in Teatro sono quelli che, sdraiati nel palco, battono la misura a contrattempo colle dita di una mano inguantata!
Tutto ciò, amico mio, per dirti che la musica, riguardo agli affetti, è schiava umilissima della poesia, e per quanto faccia, non potrà fare che una semplice rivoluzione di forme.
Parleremo dunque della musica in merito alla sua falsariga - la poesia.
Scimmiottando la moda, che volle le vesti alla Lobbia, alla Garibaldi, alla Margherita, ecc., anche i Maestri si ribellarono, e vollero i libretti alla Realismo. Quindi, siccome la musica non fa che la sarta, ha dovuto tagliare gli abiti secondo il corpo difettoso che dovea vestire. Come i poeti e i letterati, i Maestri vollero seguire il gusto del pubblico - invece di imporsi colla melodia e colla semplicità, caratteri della vera musica italiana, complicarono la strumentazione, vollero fare intingoli alla tedesca, e col pretesto di bandire le cadenze, le caballette ed i ritornelli, bandirono le frasi melodiche. - Nacque la mania dei forti contrasti - si andò in cerca del meraviglioso e dello strano, e si crearono situazioni dette interessanti, forse dall'interesse che avevano i Maestri a metterle in musica. Alla povertà di cuore si supplì colla ricchezza di scena - al buon senso ed alla natura succedette il meccanismo - alla calma degli affetti sereni si antepose la tempesta delle passioni - lo strumentale soffocò il vocale - la plastica infine uccise il sentimento, perché non potendo più toccare il cuore si tentò colpire l'immaginazione.
Bisogna confessare per onore del vero, che il pubblico non si gettò nell'avvenirismo in musica, coll'avidità che si era gettato nel realismo in letteratura. Fece le boccaccie, applaudì... ma non fu convinto.
Succede infatti in musica un fatto curioso. Mentre quasi tutti i capolavori musicali dei nostri sommi, come Norma, Barbiere, Lucrezia Borgia, ecc., furono salutati al loro primo apparire coi fischi o colla freddezza, per entrare poco a poco nelle grazie del pubblico fino a destare l'entusiasmo, ed essere infine giudicati veri parti del genio - le opere moderne subiscono precisamente l'effetto contrario. Oggi un'opera va in scena? - grande entusiasmo! - applausi frenetici - cento chiamate all'onore della ribalta - si fotografa l'autore - si vedono i ritratti per le vetrine - tutti i giornali si danno la parola d'ordine: - sentinella all'erta! - biografie, poesie, corone d'alloro, ecc., ecc. - L'indomani poi, calma - si mormora a Milano e si borbotta a Roma - si protesta a Bologna e si fischia a Napoli. Dopo una settimana, silenzio... più nulla! - lo spartito riposa sotto la polvere degli scaffali, e le Imprese ritornano a Bellini, a Rossini e a Donizetti. La società è sazia - ha divorato il genio, lo ha digerito, e ne domanda un altro, con una febbre di novità, a spegnere la quale non v'ha chinino che basti!
Il lettore a questo punto dirà ch'io sono uscito dall'argomento; ma il lettore s'inganna - ho scritto cose reali - quindi siamo proprio nel Realismo!

***

Per omaggio alla verità bisogna convenire che l'opera in musica non ha le conseguenze fatali della letteratura. Se la musica attuale non fa bene, fa pochissimo male - o meglio è proprio senza scopo.
Sarebbe impresa troppo lunga passare in rassegna le diverse opere dei Maestri moderni. Prendiamo ad esempio il Gran Genio vivente - Giuseppe Verdi. - Ha esso forse tentato in questi tempi di realismo, di dare alla sua Arte un indirizzo morale? Neanco per sogno! - Grandezza di forme - maestria di strumentazione - pezzi concertati della forza di cento cavalli - novità di trovate; ma dall'insieme dei suoi ultimi capolavori che ti resta? - Note, note, note!
Perdonami se sarò costretto a ripetere qualche pensiero da me altre volte esternato in più d'una rassegna teatrale.
Verdi, che nella sua giovinezza ha esordito con buoni soggetti, inspirandosi nelle pagine della Bibbia, di Shakspeare, di Byron e di Schiller; Verdi che nelle guerre dell'indipendenza italiana ha fatto battere mille cuori col Nabucco, coi Lombardi e coll'Attila, ha finito per gettarsi corpo morto nel drammaccio francese puro sangue. Fu grande, e volle immortalare le adultere e le traviate. Benedette donne perdute e da perdere! tema unico dei nostri tempi! Dato l'ostracismo al cuore e al sentimento, siamo rimasti coi sensi scoperti, e ci siamo persuasi alfine che l'uomo ha gli stessi organi e gli stessi istinti del bruto. Provocare i sensi! - ecco il punto di mira del Teatro e della letteratura! - Credi tu che il furore fatto dalla Diva Patti nella Traviata, e il clamoroso successo di tante artiste nella Signora delle Camelie, si debbano unicamente alla bella musica di Verdi e al bel dramma di Dumas? - Baie! - Tanto la Traviata quanto la Signora delle Camelie, operano direttamente sui sensi del pubblico, il quale lascia il Teatro colla febbre della voluttà nel corpo e nell'anima. Nella sera della rappresentazione di queste opere-cantaridi, le vergini sono irrequiete - le spose commettono le infedeltà... di pensiero, e le bambine dicono ingenuamente alle loro mamme: « - quando sarò grande mi farò traviata anch'io! - »
E torno a Verdi. « - Egli fu grande; si impose, e forse abusò del suo potere; regnò sovrano, e forse regnò da tiranno; approfittò della sua forza, e forse perché si vide circondato da deboli. Egli si ricorda assai spesso di essere il gran Verdi; ma non vuol ricordarsi che un genio ha pure una missione da compiere - un progresso cui mirare; non progresso di sole forme, ma di concetti; non progresso di suoni matematici, ma progresso di nobili sentimenti; non progresso unicamente artistico, ma civile e morale.
E Verdi, pare fatalità, è salito in fama musicando i peggiori libretti per forma e per concetto; onde vengono sul labbro spontaneamente queste domande:
« - La musica è un'arte od una scienza? - appartiene alla meccanica dei suoni, od alla poesia del sentimento? - ha essa bisogno, o no, di sposarsi alla parola per essere potente? - deve essa avere uno scopo sociale e morale, come tutte le produzioni dello spirito umano? - può essa avere la virtù di riabilitare la poesia oscena? - può perdere tutto, o parte del prestigio che esercita, vestendo azioni basse e triviali? - E un gran Maestro può egli musicare un aborto letterario od un concetto sconcio, senza recar pregiudizio alla propria fama?
Lo scrissi altra volta: « - Bellini non musicava che i soli libretti di Felice Romani - Donizzetti leggeva venti volte un libretto, e non lo musicava se non rispondeva a tutte le esigenze dell'Arte -Mercadante voleva temi robusti, e rifuggiva da certe mollezze - il papà Rossini poi non voleva una scena né una parola oziosa nei libretti; talvolta tagliava intiere scene, tal'altra da un verso faceva un pezzo concertato.
Osserviamo ora i capolavori dei singoli Maestri:
« Rossini s'immortalò col Guglielmo Tell; volle, cioè, distinguersi illustrando una delle più belle tragedie di Schiller. - Donizetti s'immortalò colla Lucia di Lamermoor; volle che il suo maggior trionfo fosse unito ad uno dei più cari romanzi di Valter Scott. - Bellini s'immortalò col capolavoro di Felice Romani, la Norma, melodramma di squisita fattura e pieno di sentimento. - Meyerbeer s'immortalò illustrando una pagina memorabile della storia di Francia: Gli Ugonotti. - Mozart s'immortalò col capolavoro di Byron: Don Giovanni. - Mercadante col capolavoro del gran poeta americano Cooper: il Bravo di Venezia. - Gounod col capolavoro del gran poeta tedesco Goethe: Faust. - Petrella col capolavoro di Tomaso Grossi: Marco Visconti. - Ponchielli volle a compagno nella sua gloria il capolavoro del grande poeta italiano Manzoni: I Promessi Sposi. - Pacini sacrò le sue più belle melodie alla grande e infelice poetessa greca: Saffo.
« Eccoli gli uomini che hanno consacrato la parte più eletta del loro genio ad opere che ne fossero degne! - Eccoli i veri geni che hanno maggiormente diffuso nel mondo, colle loro sante melodie, altrettanti lavori pregevoli per forma e per concetto patriottico, filosofico o morale.
« E Verdi?
« Verdi è una gloria italiana, e si è immortalato colla Traviata, col Rigoletto, e con Un Ballo in Maschera - ha voluto cioè unire il suo gran nome alla storia di una prostituta, alle avventure di un gobbo, ed agli amori di un'adultera!
« Oh, perché mai Verdi, che può imporre al mondo la sua musica, non ha pensato, e non pensa d'illustrare una bella pagina della Storia d'Italia? Sono dunque fredde e mute le pagine della nostra Storia? Non abbiamo dunque più glorie da cantare, azioni generose da trasmettere ai nostri nipoti per mezzo di questa Dea delle armonie che pure è nata e sorride fra noi?! »
È doloroso a dirsi! Ben raro è il Maestro italiano che dedichi il suo ingegno ad un fatto patrio - tutti domandano un argomento alla Brettagna, alla Francia, alla Russia e... all'Egitto; e pretendono colla musica italiana dare un colore locale alle nevi della Siberia ed alle ardenti sabbie del deserto di Sahara!!
Il realismo, falsariga della musica, vuole così!
Oggigiorno però non si vuol chiedere uno scopo all'arte. Tu dici che l'Arte non deve mettersi esclusivamente a servizio di chicchessia, perché allora sarebbe Arte passeggiera!
Ed io che, fino ad oggi, credeva proprio il contrario!

***

Ai prossimi numeri le altre chiacchierate. Vedi bene, caro Stiavelli, che sono lontano dal pensiero di volerti sedurre. So che a questi miei pensieri sorrideranno molti; ed io mi rassegno al loro sorriso!

 
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