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ENRICO COSTA


Da Sassari a Terranova e viceversa
Enrico Costa

Mercoledì, 20 aprile, il nostro Sindaco e relativa Giunta Comunale muovevano alla volta di Terranova per festeggiare l’apertura del tronco ferroviario Monti-Terranova, rassodando così i vincoli di frattellanza coi Comuni limitrofi alla strada ferrata, e in modo speciale con Terranova, la cui prosperità si collega alla prosperità della nostra Provincia. La Giunta aveva deliberato d’invitare ad un banchetto i Sindaci tutti dei comuni favoriti dalla Ferrovia, escludendone solo… la cassa municipale, la quale non prese parte alla festa, perché i diversi Consiglieri vollero spendere del proprio, non dell’altrui.

Gli invitati erano: il Comm. Vitelli, ex nostro Sindaco, che la Giunta volle fra i festeggianti perché aveva già inaugurato una parte di quella linea ferroviaria, l’ingegnere Mowlan rappresentante del Comm. Piercy, e l’Ispettore Bellesi capo del movimento.

Essendo anch’io uno della brigata (senz’essere un Consigliere) tenterò di farvi una breve descrizione della gita…

Ore 10, partenza da Sassari. Arrivo a Ploaghe alle 11, dove il Sindaco Cubeddu e l’Assessore Cav. Ferrà montarono un nostro vagone.

Ad Ardara fermata, e presa del Sindaco Gavino Carta.

Si giunge alla stazione di Oscheri, dove troviamo un gran numero di abitanti che accompagnarono il loro Sindaco Bua il quale montò pure nel nostro vagone.

Arrivo alla stazione di Berchidda; gran folla come sopra, e accoglienza del Sindaco Sini nel nostro vagone.

Eccoci a Monti; anche qui gran folla allegra e plaudente attorno al Sindaco Enrico Artemalle, che fu accolto a braccia aperte dalla nostra allegra brigata.

Insomma, non si faceva altro che rubar Sindaci a dritta e a manca. Il nostro convoglio, che strisciava sibilando sui binari, e attraversava trincee, ponti e gallerie, poteva raffigurarsi ad un gigantesco serpente a sonagli avido di preda.

I Sindaci però, invece di fuggire, accorrevano al fischio, e si lasciavano divorare.

La strada da Chilivani a Terranova è tracciata ed eseguita con tutta coscienza: – bellissime trincee, ponti di solida ed elegante costruzione. – Lungo la linea, però, regna il silenzio e la solitudine. Non un villaggio, non una casa all’intorno. La catena degli alti monti del Limbara spiccava in tinte brune sopra un cielo bigio, il quale minacciava di mandarci giù una pioggia non desiderata. Da una parte all’altra monti e sempre monti dalle vette frastagliate; massi enormi di granito che cangiavano di colore, come i camaleonti, quando il sole tratto tratto faceva capolino dalle nubi; di quà e di là boschi di quercie dai tronchi anneriti perché avevano ricevuto il battesimo del fuoco; e poi pittoresche vallate, e di nuovo bruni graniti, e di nuovo brune quercie secolari. Di tanto in tanto passavano dinanzi a noi, rapidamente, i bianchi casotti della Ferrovia: parevano fantasmi che s’inseguissero. Era uno spettacolo tutto nuovo; quel paesaggio pertanto ci attraeva. Quercie e graniti: – la natura pareva volesse intimorirci colle sue forze: noi però avevamo la debolezza di non badare a lei: tiravamo innanzi ridendo come matti.

Eccoci a Terranova; questo paese si presenta assai bene. Le masse granitiche che gli stanno alle spalle facevano maggiormente risaltare le sue linde casette illuminate dal sole. – Terranova è fabbricata sopra una terra vecchia; sono i verdi polloni che spuntano rigogliosi dal ceppo di una superba quercia. – Era là l’antica e forte Olbia. Se voi visitate la bellissima villa dei fratelli Tamponi, potrete ammirare gli avanzi del gigante caduto; le rovine dell’acquedotto, molti pozzi, lacrimatoi, frantumi di lapidi, capitelli, insomma una miniera di antichità romana.

Terranova ha le case bianche e le strade nere. – É una bella ed elegante sposina con brutti stivaletti. – Quando le sue vie saranno lastricate non può temere rivali. – Essa ha un passato remoto e un futuro prossimo. – La sua marina è bella; l’occhio si posa soddisfatto sugli isolotti che stanno nel suo golfo; fra tutti primeggia l’isola di Tavolara i cui contorni bizzarri attirano subito la vostra attenzione. Caratteristici sono i poggioli in legno, specie di ballatoi che fiancheggiano quà e là la via principale. – Le donne, coi tinelli sulla testa e col tradizionale uppu di sughero, vanno e vengono continuamente dal pozzo di S. Simplicio che dà l’acqua al paese. – I giardini di Terranova sono ricchi di fiori – il suo mare è ricco di frutti.

La Giunta di Terranova ci venne incontro ed accolse cordialmente la Rappresentanza Sassarese – Viva Terranova! e Viva Sassari! furono i saluti scambiati dalle due parti. Il signor Tamponi largheggiò di gentilezze colla comitiva. Il sindaco Sanguinetti volle ad ogni costo, ospite il nostro sindaco Giordano, il quale dovette cedere all’affettuosa insistenza del suo collega.

Alle ore 7 pom. pranzo all’Albergo dell’Avvenire, offerto dal Municipio di Terranova agli ospiti.

Cordialità e buon umore, voti ed auguri fecero gli onori della tavola. – Vi furono brindisi: parlò Giordano, Cubeddu, Soro Pirino, Abozzi, Pitzorno e altri; quindi, per voto unanime, si spedì al Ministro Baccarini il seguente telegramma.

I Sindaci di Sassari, Porto Torres, Ploaghe, Ardara, Oschiri, Berchidda, Monti e Tempio, Rappresentanti i Circondari di Sassari Ozieri e Tempio, uniti in fraterno banchetto rallegransi di sapervi confermato nel Ministero. – Essi raccomandano fervidamente le sorti di questo povero e rinascente comune, e sollecitano la immediata attuazione del nuovo orario delle ferrovie Sarde.

Verso le 10 si lasciaron le tavole ed ognuno tentò di mettersi a letto per dormire. Credo però che nessuno abbia dormito!

È così finì la giornata del 20 Aprile!

Giornata seconda – 21 Aprile. Alle ore 7 del mattino partenza sul vaporino Martino Tamponi per il Golfo degli Aranci e per l’isolotto di Tavolara.

Alle 12 pranzo al Faro: molto appetito e molto buon umore.

Dopo pranzo la brigata andò a visitare il Re di Tavolara, cioè a dire il padrone dell’isola, che dopo aver sostenuto una lunga lite col Demanio riuscì ad essere proclamato, anche giudiziariamente Domino assoluto dell’isola, abitata dalla sua famiglia, composta di 47 individui (figli, figlie, generi, nipoti e pronipoti) e dalla sua greggia, composta di vacche e pecore.

Il nostro vaporino era tutto imbandierato, e arrivati appiè dell’isola non mancammo di fare la salve d’onore sparando tre colpi col nostro piccolo cannone. Il Re rispose colle schioppettate, e ci venne incontro dopo aver issata la bandiera della sua Nazione (campo bianco, con scudo rosso ed una stella nel mezzo, sormontati da una corona).

Il Re (colla reale famiglia) ci fu largo di gentilezze e ci offrì del buon vino; poi ci condusse sotto un colossale carrubo, veramente stupendo, dove ci ricordò che il re Carlo Alberto lo aveva proclamato Re di Tavolara.

Si lasciò l’isola salutati dalle schioppettate di S. M. e reale famiglia; e noi ricambiammo il saluto coi soliti tre spari di cannone.

Arrivammo a Terranova alle 8 di sera; e ricordando il passato pensammo subito all’Avvenire, dove ci aspettava la cena.

E così si chiuse il secondo giorno!

Terza giornata – 22 Aprile. Dopo una notte passata meno male della precedente, l’alba picchiò ai nostri vetri, e ci alzammo tutti temendo che il treno se la svignasse senza di noi.

L’alba a Terranova è stupenda. Io consiglio gli artisti a farsi presentare a lei, perché vedranno una bella cosa. Non lascio però di dire che, per i non artisti, essa ha un’inconvenienza. Immaginatevi sul tetto un migliaio di passeri che col loro cinguettìo si ostinano a salutare il sole nascente! – Non mi ricordo di aver veduto e ascoltato tanti passeri in vita mia! Per i poeti dev’essere quella una bella ispirazione – ma per chi va a letto col fermo proposito di alzarsi tardi, l’affare è un po’ serio.

Alle 7 montammo in un treno speciale, in compagnia degli ingegneri Phoenix e Da Pra che si trovavano in Terranova per ragioni di servizio, e che forzammo a riunirsi con noi.

Alle 10 circa si arrivò a Chilivani, e scortati da tutti gli ingegneri della ferrovia visitammo le officine e le diverse macchine che erano tutte in moto.

Alle 11 pranzo nella Trattoria di Moraccini, che merita una parola di encomio per la bontà delle vivande e la puntualità del servizio.

Terminato il pranzo si visitò tutte le piantagioni di Chilivani, dovute alla bacchetta magica del comm. Piercy che dal nulla trasse un villaggio pieno d’anima e di vita. – Le nostre guide ci spiegarono tutto minutamente, e la giornata non poteva essere meglio impiegata.

Alla una e 15 minuti prendemmo posto nel vagone diretto per Sassari. Prima di partire l’ingegnere Phoenix presentò al nostro Sindaco un bellissimo mazzo di fiori colti nelle aiuole di quel tenimento.

– Sono i primi fiori nati a Chilivani – disse il Phoenix presentando il mazzo al Giordano, che lo accettò ringraziando con belle parole il donatore.

Non si parlò d’altro – ma il mazzo di fiori col suo misterioso linguaggio diceva a noi;

– Chilivani era un lembo di terra povero e deserto; ed oggi ha una ricca vegetazione ed è pieno di vita: – Chilivani non era che una sterile landa, - ed oggi è un delizioso giardino!

Verso le tre pomeridiane un fischio acuto e prolungato ci avvertì ch’eravamo entrando nella stazione di Sassari.

Che peccato!
 
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