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ENRICO COSTA


Alla squilla
Enrico Costa
La nostra consorella dedica l'articolo di fondo della passata domenica alla Stella di Sardegna (o meglio, al suo Direttore) facendole carico delle considerazioni esposte nell'articoletto di Cronaca Belle Arti, pubblicato nel N° 19.
Ci spiace che, per la ristrettezza dello spazio concessoci dall'indole della Stella, noi non possiamo dilungarci come avremmo voluto. Procureremo però, anche brevemente, di dare alla Squilla tutte le soddisfazioni che desidera, con quella gentilezza che essa ha usato con noi.
In primo luogo ci affrettiamo a dichiarare, una volta per sempre, che nella Stella di Sardegna, non solo si può scrivere all'insaputa del Direttore; non solo il Direttore ha scrupolosa cura di leggere e di pesare tutto ciò che si pubblica; ma, dal 1875, anno in cui fu fondato il nostro giornale, fino ad oggi, tutti gli articoletti non firmati comparsi nella Stella, a cominciare dalla Cronaca di Città fino alle Cartoline Postali, furono scritti (e lo saranno sempre!) di proprio pugno del Direttore; e se qualche settimana il Direttore è stato costretto ad assentarsi da Sassari (ciò che è accaduto rarissime volte) ha lasciato sempre gli appunti per la stessa Cronaca. Ciò premesso, eccoci a rispondere.
La Squilla, nel suo lungo articolo di fondo, prende un abbaglio tale, che basta da solo a distruggere tutte le requisitorie fatte sui nostri pretesi falli. - Noi dichiariamo formalmente, che il pensiero d'incolpare la Giunta Progressista della decadenza delle Belle Arti a Sassari non balenò mai alla nostra mente. Questa decadenza si è operata lentamente e gradatamente nel corso di venti e forse trent'anni; ed oggi è giunta a tale stadio, che ci fa paura - seriamente paura; poiché, quando in un popolo il gusto artistico scende, è indubitabile che la cancrena dell'egoismo sale, minacciando di uccidere la coscienza del bello, del buono e dell'onesto. Di questo decadimento noi non accusiamo chicchessia - la colpa è degli uomini e dei tempi. Non abbiamo alcun interesse per aggravare più le passate che le presenti amministrazioni; forse è colpa di tutte e due - forse di nessuna; il certo è che si è infiltrata nel sangue della nostra popolazione, proverbiale per la sua apatia; ed è per questa sola ragione che ci siamo rivolti ai Rappresentanti del nostro paese (ai vivi non ai morti) perché scongiurassero il pericolo, stuzzicando se facesse duopo il sentimento del bello, acciò non si addormentasse del tutto.
Oggigiorno - confessiamolo pure - la politica di seconda e terza mano ha assorbito le questioni vitali del paese, come le smodate e vergognose polemiche, che mettono alla berlina persone rispettabilissime, hanno invaso le quattro pagine dei modesti periodici provinciali, nati col programma di occuparsi unicamente del nostro bene. Si prova da tutti una gioia feroce quando si può trovare un appiglio per poter leggere impunemente la vita al prossimo; e allora, le penne scricchiolano - la materia abbonda - e il giornale, per diffetto di spazio, rimanda ai prossimi numeri gli articoli di pubblica utilità. La maggior parte del pubblico che legge, sempre curiosa e crudele, fa circolo intorno ai due litiganti, e ride battendo le mani - precisamente come quando due poveri diavoli si azzuffano in piazza, graffiandosi la faccia e stracciandosi i pantaloni per mostrare la camicia. E intanto, durante la lotta, il progresso stagna, e la moderazione trascende.
Ancora una volta, e per sempre: noi non abbiamo antipatia di sorta né per Moderati né per Progressisti - abbiamo sempre parlato ai Capi costituiti della nostra città, perché il dovere di cittadino ce lo ha imposto; - non abbiamo mai domandato ad alcuno né le fedi di nascita, né la professione di fede, paghi di saperli onesti e di carattere. Abbiamo sempre lodato quando vi era da lodare - abbiamo biasimato quando vi era da biasimare, senza badare se il bene o il male veniva fatto colla mano destra o colla sinistra; ma più che la lode, più che il biasimo, abbiamo avuto in mira di consigliare il bene - quel bene che, per la molteplicità delle incombenze, può talvolta uscir di mente anche ai galantuomini. - Abbiamo talvolta troppo gridato, ma l'abbiamo fatto per essere ascoltati, perché il gridar forte è il carattere dei nostri tempi. - Il dovere del giornalismo non è quello di rinvangare sempre il passato per rintracciarvi i vecchi peccati collo scopo di servirsene come un'arma di difesa in favore dei i nuovi peccatori - ma bensì quello di consigliare le cose buone da farsi. Vi sono alcuni maligni, i quali non vogliono suggerire un bene, per il solo scopo di poter fare più tardi un accerbo rimprovero. Si dicono patriotti, e sono partigiani!
Noi non abbiamo antipatia, né per Moderati, né per Progressisti. - Progresso, per noi, vuol dire andare avanti e mirare in alto - moderazione vuol dire tolleranza, rispetto, dignità; e da questo lato noi vorremmo, che tutti i moderati fossero progressisti, e che tutti i progressisti fossero moderati.
Il Direttore della Stella non ha mai tenuto due pesi e due misure, né ha fatto mai accuse velate. Non avrete che a riandare tutte le Cronache di Città per convincervi che la sua parola fu sempre la stessa sotto tutti i Regni. Egli ha scritto senza astio e senza passione, e fino ad oggi credeva di averne dato nella Stella una prova luminosa. Se qualche volta cadremo in errore, fatecene avvertiti, chè noi non avremo vergogna di ritrattarci riconoscendo il nostro torto, ben lieti quando la ritrattazione tornerà a vantaggio della fama del nostro paese. - Noi non abbiamo mai lavorato nell'ombra - ogni articolo ha la sua firma, e sotto agli articoli che non l'hanno mettetici pure quella del Direttore, e ne conoscerete l'autore.

***

Noi pertanto persistiamo a lamentare la decadenza delle arti nella nostra città - e specialmente della musica. Avevamo, un anno fa, una piccola banda, e non l'abbiamo più. Non si è mai pensato sotto alcuna Amministrazione di formare degli allievi, e perciò non abbiamo che una diecina o quindicina di suonatori - gli stessi che suonavano venti anni or sono. Bisogna che il Municipio curi l'esercizio dei Teatri; perché il Teatro, oltre ad essere una buona scuola; oltre far passare il danaro dalla classe che può spendere a quella che vive nelle strettezze; oltre di dar sviluppo al commercio, serve per dar lavoro agli artisti. Non basterebbe aprire una scuola di canto e di strumenti ad arco (che mai abbiamo avuto!); bisogna pensare al Teatro; e ciò non porta aggravio al nostro piccolo erario. Che vale istruire un operaio nella musica, se non gli date occasione di guadagnare un soldo coll'arte che gli fate imparare? - Per esempio, è magrissima ragione quella da voi affacciata - di aver cioè ricusato quest'anno il teatro perché non era assicurato dagli incendi!
Pertanto il primo nostro violino è stato costretto ad emigrare da Sassari per mancanza di lavoro - e se un buon uomo vorrà d'ora innanzi accollarsi l'impresa del Civico, oltre la Compagnia, dovrà condurre con sé dal Continente metà dell'orchestra, metà dei cori maschili, e tutto il coro di donne. Belle speculazioni!
Non vogliamo farvi la storia del nostro Museo, per carità del natio loco!
Quanto alle sale dei quadri, ben sapevamo che il Municipio aveva dato ordini per farli collocare; e diffatti nel nostro periodico del 31 marzo avrete letto un articoletto di lode alla Giunta. Se dopo due mesi di silenzio abbiamo rammentato al Municipio il suo obbligo, dovete farcene colpa? - Perché al biasimo d'oggi crederete voi più che alla lode d'ieri? - Che centrano i progressisti, le passate e le presenti amministrazioni?
Persuadetevi dunque, che noi non abbiamo in animo di offendere chicchessia, né Progressisti, né Moderati; diremo sempre le cose come le sentiamo; e se cadremo in qualche errore, spetta ai Rappresentanti del nostro paese rendercene tosto avvertiti perché noi possiamo rettificare i nostri articoli di cronaca.
Siate persuasi: la Stella di Sardegna ha sempre cercato di fare il suo dovere. Così lo facessero molti dei suoi abbonati!!

 
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