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ENRICO COSTA


Realismo. Il passato e il presente
Enrico Costa
Puoi immaginare se mio zio è vecchio: ha preso parte alla battaglia di Waterloo sotto Napoleone I. Egli ha sulle spalle un'ottantina d'anni, eppure, se tu lo vedessi, è più robusto ed arzillo... non dico di me, né di te (ché siamo magri come due zolfanelli) ma di un granatiere dell'antico stampo.
Quand'io, di ritorno dal Teatro, rientro in casa a tarda sera, lo trovo alla finestra fumando la sua vecchia pipa - mi domanda nuove della commedia o dell'opera, e mi tiene chiacchierando fino alla mezzanotte.
L'altra sera si parlava di letteratura, di musica, d'arti. Se tu l'avessi inteso! Dio, che torrente! E come si riscaldava l'amico! Io gli mettevo dinanzi i nostri grandi uomini - e quell'uomo là, caparbio come un tedesco, si stringeva nelle spalle con un certo risolino di compassione che mi gelava il sangue.
Dopo aver parlato dei tempi passati, ponendoli a confronto coi presenti, egli tolse da tasca il suo grosso orologio d'oro a ripetizione, e premendo col pollice una molla fè scoccare le ore.
- Senti, nipote mio? - mi disse il vecchio.
- Sento, sento, carissimo zio. Volete dirmi che sono le dodici e tre quarti, e che è tempo di andare a letto. Non è così?
- No, poltronaccio! - voglio che tu mi dica che cosa è questo.
- Quella lì? Oh bella; la vostra casseruola, carissimo zio.
- Eccola là, la gioventù beffarda! - gridò mio zio non potendo celare il dispetto che lo rodeva perché io disprezzava il compagno indivisibile dei suoi giorni.
- Non vi offendete, via! - se fossimo costretti a portare con noi quella patata d'oro, addio taschine di gilè! Oggigiorno il progresso ci ha regalato gli orologi, poco più grandi di un soldo. Fatemi il piacere, via...
- Che parli tu di progresso?
- Non ho forse ragione?
- Niente affatto. Oggi voi avete gli orologi piccoli à remontoir, con échappement à áncre, di venti, trenta e quaranta rubis; ma ogni momento siete dall'orologiaio per farli aggiustare, perché non vi segnano con precisione le ore; e in ciò il progresso fu previdente. Esso vi guasta la macchinetta, perché non vi accorgiate che consumate il tempo inutilmente. - Vedi tu quest'orologio? o meglio questa casseruola? Ebbene, non falla il minuto: io l'ho 44 anni, e non l'ho fatto ripulire che due sole volte. È vero che a me costò sessanta scudi, mentre voi, colle macchine e col progresso, lo acquistate con sessanta, cinquanta ed anche venti lire!
« Vedi tu questo cappello a cilindro? Io l'ho ventidue anni, e par nuovo. Esso è di vero castoro, e mi costa sette scudi. Oggi però avete il progresso, avete le macchine che imitano il castoro, e con sole dodici lire avete un cappello, nouveauté, perfectionné à London, à Paris. Però ogni anno ne comprate uno nuovo, perché i cappelli si sciupano, scoloriscono, non fanno usaggio.
« Vedi tu questo parapioggia?
- Ma caro zio...
- Si, questo parapioggia! - gridò mio zio prendendo da un canto della camera un enorme ombrello di seta rossa col manico di ottone e coll'indisensabile anello d'avorio per fermaglio. - Io l'ho venticinque anni, e sembra nuovo. Mi costa sei scudi. Voi però lo avete per dieci e per sette lire - il progresso ve lo dà elegante, pieno di catenelle, da portarsi come un bastoncino. Dopo un anno però vi piove sul capo, e bisogna comprarne un altro...
« Vedi tu questi pantaloni? Questo pastrano? Questo panciotto? Questa cappa?
- Anche gli abiti poi...
- Si, signore, anche gli abiti! Tutto ciò io lo ho indosso fin dal giorno che ho sposato a buon'anima di Catterina, la madre della sorella di tuo cugino Giovanni. Vera lana, veh? Vera seta, che mi è costata due e tre scudi il palmo. Ma voi avete oggi le macchine; il progresso ha trovato modo di ingannare il prossimo imitando la seta e la lana - si è trovato il mezzo di tingere, e con pochissime lire comprate oggi ciò che a noi costava l'osso del collo. - Ma dopo un mese le vostre stoffe scoloriscono e cadono in brandelli. Avete i passamontagna, i passafiumi, gli impenetrabili... e con tutto ciò siete sempre stracciati... e raffreddati...
- Voi però ...
- Noi però siamo gli antichi: tutto avete inventato voi; noi eravamo materiali, ignorantacci, mentre voi siete i gentili, gli eleganti; voi fate tutto con grazia - le macchine a vapore hanno sostituito le mani dell'uomo. - Oggi un fazzoletto vi costa venticinque centesimi; poco importa se dopo tre giorni esso si straccia, facendovi rimanere con tanto di naso fra il pollice e l'indice! - Va là! tutto è apparenza, roba effimera che non ha durata, che non fa usaggio; il vostro è il secolo delle dorature, delle vernici, delle chincaglie. Eppure, a sentirvi, voi avete fatto l'Italia, mentre noi, codini fino all'osso, non siamo stati che babbei - ed avete ragione! Voi accendete il lume con un semplice zolfanello, mentre noi per accenderlo dovevamo per un'ora battere l'acciarino!
- Ma che volete conchiudere con tutto ciò?
- Voglio conchiudere che il vostro è più fumo che arrosto - che certi vostri gran trovati non sono che effimeri - che siete una generazione di poltroni e d'egoisti - che non pensate mai all'avvenire - che lavorate per voi soli, scrivete per voi soli, fabbricate per voi soli; e se i vostri nipoti vogliono qualche cosa, che se la scrivano, che se la fabbrichino. Ma il mio orologio, il mio ombrello, la mia cappa, e...
- Ma che c'entrano le vostre anticaglie? perché volete tirarmele fuori?
- Vuoi che io te lo dica, eh?
- Sentiamo un po'.
- Perché con tutto questo progresso che mi metti nelle orecchie non riuscirai mai a convicermi - perché la vostra letteratura, le vostre arti, le vostre creazioni insomma, sono precisamente come i vostri delicati orologi, i vostri gentili ombrelli, le vostre graziose stoffe - roba di un giorno, che ha molta apparenza e poca sosanza - roba che costa poco, è vero, ma dura anche poco, e non fa usaggio, per dirtela con frase commerciale. - Tessuti ben lavorati, con etichette dorate... ma in fondo poca lana e molto cotone. - Ma date uno sguardo generale alle vostre commedie, ai vostri romanzi, ai vostri versi, ecc., ecc. - Ebbene? Stoffe a colori smaglianti - e nulla più! Tre mesi, quindici giorni, e voi mettete i vostri lavori da banda, come i cappelli a cilindro, come gli ombrelli, come i vostri abiti; - e se volete qualche cosa di buono, avete bisogno di riccorrere agli antichi - a quegli antichi che voi ingenerosamente criticate, tartassate, insultate. - Gli uomini del passato erano veri genî e veri patriotti; essi comprendevano la vera missione del poeta e dell'artista, e se faceva d'uopo andavano contro al gusto del pubblico col fermo proposito di combattere le mollezze e correggere i costumi, poco curanti delle critiche accerbe dei giornali e delle chiacchiere dei maligni. Oggigiorno però si seconda il gusto dei lettori e degli spettatori. - Volete mollezze? - voi dite - e noi scriveremo mollezze. Volete drammi immorali? - e noi faremo arrossire le panche. - Volete un vermuth per destarvi l'appettito dei sensi? - e noi ve li stuzzicheremo col nudo. - Il pubblico però, appagato nelle sue brame, è soventi come il fanciullo: date a lui un giocatolo - egli si divertirà per un poco, poi lo farà in pezzi per chiederne uno nuovo e per farlo nuovamente in pezzi quando ne sarà stuffo... e sempre così!
- Eppure io so che...
- Leggerezza, leggerezza, leggerezza! Si scrivono quattro chiacchere del momento; si dà loro un po' di forma seducente in caratteri elzevir corpo 8, su carta distinta di color giallo, con frontespizio in lettere che arrossiscono, e il mondo è soddisfatto. Un po' di gas, un zampilletto d'acqua di Selz che bolle per tre minuti secondi, e poi... calma perfetta. La maggior parte dei vostri libri sono da vagone; si leggono una sola volta, a varie riprese, nell'ora del chilo... e si dimenticano.
« Baci lascivi, adultere, putredine - ecco il sugo spremuto dai vostri lavori conditi dall'umorismo e dai calembours, i quali adescano l'annoiato che ha bisogno di ridere tra una speculazione ben riuscita ed una fanciulla maestrevolmente sedotta.
« Dubbio, sconforto, ateismo - ecco i tre moti d'ordine. Prima francesi, tutti francesi, dal romanzo alle mode, dai comandi della contraddanza ai comandi militari - oggi tedeschi, tedeschi nell'anima, dal dubbio sistematico al fucile ad ago. E perché ciò? perché i tedeschi hanno vinto a Sédan. Se domani toccasse una vittoria strepitosa alla Turchia, sorgerebbe in Italia una fede ed una letteratura turca. - Destino delle nazioni - scimmiottare i grandi vincitori!
Il fatto è, che giammai un popolo si mostrò avido di novità, come al presente; e questa smaniosa avidità del nuovo, è l'indizio più caratteristico della vostra decadenza; e vuol dire che il cuore è insoddifatto - esso anela ad un bene che non trova, vuol fuggire da un vuoto che lo spaventa, vuole inebbriarsi d'alcool perché ha bisogno di dimenticare.
Uno spettro sorge gigante a corrompere le vostre coscienze, a indurire i vostri cuori, a soffocare i nobili palpiti delle più sante aspirazioni - è lo spettro dell'affarismo. Esso, come l'aria, entra dappertutto e avvizzisce il bello, il buono e l'onesto; penetra nei romanzi, nelle commedie, nelle poesie, nella musica, nel giornalismo, negli edifizî, nei commerci, nella politica, ecc., ecc. - Il realismo potrebbe pur battezzarsi col nome di affarismo - il nuovo seduce il compratore.
Vittor Hugo ha scritto: la stampa ucciderà l'architettura - e pare che abbia ragione, perché gli edifizî moderni sono di pasta frolla. Ma non è la stampa che ha ucciso gli edifizî - è la speculazione. I nostri antichi fabbricavano sul sodo - essi ci hanno lasciato capolavori di architettura e di costruzione, perché pensavano per i nipoti, come ne fan fede i superbi avanzi del Colosseo, del Panteon, delle Terme, degli Acquedotti, ecc., ecc. I vostri palazzi sono invece destinati a sparire fra pochi anni, perché gli appalti e le speculazioni ne hanno dimezzati i muri e assottigliate le travi; perché l'intonaco ha saputo celare la perfidia delle pietre e l'infedeltà della calce.
Il Commercio ha esso pure il suo realismo. Mentre un tempo le ricchezze si accumulavano gradatamente per mezzo di un onesto tasso d'interesse - mentre un tempo la base di questa ricchezza era il lavoro, l'economia, il risparmio - oggi le avventate speculazioni, i giuochi di borsa, le mascherate usure del 50 per cento, la febbre di arricchire in un giorno, pongono una benda agli occhi di moltissimi negoziatori ingordi, i quali calpestano le delicatezze e soffocano i rimorsi per arrischiare operazioni immoralissime. E intanto un paese plaude all'arricchimento di dieci, senza curarsi dell'impoverimento di mille; mentre la miseria sale, sale sempre, spaventosa e tremenda, sotto le spoglie di un'agiata apparenza dovuta ad una promessa di pagamento fatta in carta da bollo!
« E la politica ha il suo realismo. Sotto lo elastico nome di amor patrio si nascondono le ambizioni più sfrenate - per mezzo di bassezze si raggiungono le agognate altezze - tutti sono teneri del paese, e non vi parlano che del bene pubblico; - gente che non ha mai amato la prorpia famiglia, che non ha mai conosciuto affezzioni, viene a parlarci della indipendenza della patria, della felicità dei popoli e del benessere dell'umanità, mentre non aspirano che alle onorificenze o alla popolarità; - essi sprezzano ad alta voce gli onori ed i ciondoli, e poi si raccomandano ai Prefetti ed ai Deputati per ottenere il distintivo della benemerenza. Anime candide, hanno la sfacciataggie di dire che la loro coscienza è pura come il diamante; ma poi, come il diamante, essi riflettono tutti i colori dell'iride appena vengono toccati dal sole con uno dei suoi raggi d'oro. Essi sembrano brillare per la loro specchiata virtù, ma appena li gratti perdono la doratura e lasciano vedere il legno di cui sono fatti - legno roso dal tarlo dell'ambizione, dell'egoismo, e peggio ancora. Domandalo pure a certi scandali accaduti nei saggi Consigli dei Comuni, delle Provincie e della Nazione! Le fedi politiche si sono moltiplicate all'infinito, ed oggi la patria si può amare in centomila modi: abbiamo i petrolieri, i codini, i comunisti, i socialisti, i monarchici, i liberali, i progressisti, i moderati, ecc., ecc. - e poi le mezze tinte come nella pittura, i mezzi toni come nella musica, e le fedi composte, come nella Rosa dei venti: codini-monarchici, repubblicani-ultra, moderati-liberali, liberali-progressisti, ecc., ecc.; cosichè nessuno può conoscere a punto fisso la fede del compagno, e si può passare da una fede all'altra senza essere tacciati di Girella. - La società è in una buona via! - da una parte lodi e allori immeritati - dall'altra la berlina e la caricatura - da una parte giornali pettegoli che gettano nel fango la riputazione di galantuomini, e dall'altra giornali che fanno a memoria la biografia dei neo-cavalieri, chiedendo un compenso alla lode - da una parte la pubblicazione delle sventure accadute fra le pareti domestiche, dall'altra le Accademie che ti acclamano grand'uomo e ti mandano le medaglie d'oro colla fattura del costo... Ed eccoti il vero realismo dell'odierna società! - Se poi con questo realismo non... »
A questo punto si presentò sulla soglia la nostra vecchia domestica:
- La zuppa si raffredda.
- Andiamo a cena, zio!
E per la prima volta benedissi quella buona donna che interruppe la predica del vecchio soldato di Napoleone I. Dio sa dove mio zio sarebbe andato a finire!

** *

Sai tu, Giacinto, perché i vecchi parlano male del tempo presente? - per la stessa ragione che la volpe della favola parlava male dell'uva - perché non possono goderli. - D'altra parte, a noi tocca compatirli. Quell'anima onesta di Massimo d'Azeglio scrisse che « l'abitudine è mezzo padrona del mondo; il così faceva mio padre, è sempre una delle grandi forze che guidano l'umanità. »
Io sono ben lontano dall'accettare per moneta legale tutti i ragionamenti del mio vecchio zio; esso ha detto molte corbellerie... ma non potrai negare che qualche verità è pure uscita dalle sue labbra!

 
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