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ENRICO COSTA


Voci di natura. Deliri di poeta
Enrico Costa
A SALVATORE FARINA.

I.

IN PRIMAVERA

Volgea l'aprile, e il giorno;
E l'onda luminosa
Che venìa d'occidente,
Vivida ancor, tepente,
Correa di cosa in cosa.
Sul mandorlo e sull'orno
Lieti gli augelli e garruli:
Sul colle e sulla verde prateria
Vestiti a festa i fiori;
Era dolce armonia
Di profumi, di canti, e di colori.
Un venticel giocondo,
Qual messagger d'amore,
Recava sovra l'ale
Il polline fecondo
Dall'uno all'altro fiore,
E fatto era ogni calice
Un talamo nuziale.
Sul colle e nella valle
Gli amor si confidavano
Gli augelli e le farfalle,
Le mammole e le viole;
Ed un raggio di sole,
Calando lento sui monti lontani,
Parea dicesse: «- amatevi,
Lo vuol la primavera;
O figli, buona sera,
A rivedervi tornerò domani! -»

E dal sol fecondata,
In un supremo palpito,
Fremeva la natura innamorata.

***

Giovane e bella, avvolta in veste bruna,
Soave e melanconica
Come un raggio di luna,
Io ti vidi quel dì. Fra tanta festa
Parevi in lutto; - in tanta gioia e riso
Della natura, tu parevi mesta:
Mesta di cor, di viso;
E, donna no, ma un angelo
Eri, chè nulla avevi di terreno! -
Quasi persona stanca,
Sull'affannoso seno
Si reclinava la tua faccia bianca,
E la bruna pupilla
Vidi mandar sulla tua smorta guancia
Una tremula stilla...
Ebbe arcana favella
Quel tuo pianto, o fanciulla! - il mio pensiero
Indovinò il tuo core,
E divisi quel giorno il tuo dolore;
Io quella sera appresi
Ch'eri buona, o Maria, quant'eri bella!

***

Segnò quell'ora l'amor mio - d'amore
Da quel giorno cantai; ma il mio tormento
Volli celar - non chiesi
Un tuo sguardo giammai, né un solo accento,
E in cor la fiamma alimentai segreta.
Era puro quel palpito,
E bastava al poeta!

***

Or t'è noto il mister?! - Vanne, insensata;
Fuggi sempre da me! Tu ancor non sai
Questa febbre qual sia!
Eternamente amata
Esser vuoi tu, Maria?
Làsciati amar, ma non amarmi mai!
Or t'è noto il mister?! - sì t'amo! T'amo
Perché nel cor mi susciti
I più gentili affetti;
T'amo perché a virtù sempre mi sproni
E pietoso mi rendi;
Perché gli estri mi accendi
Di tenere illusioni;
T'amo perché sei vita al pensier mio;
Perché mi parli all'anima
E mi avvicini a Dio;
T'amo perché sei pura
Ed ogni affetto è vergine
Nel tuo core gentile!...
Ma temo, angelo mio, questa parola
Che a noi manda l'aprile;
Temo amor, che è incostante;
Temo di me, di te, della natura
Che a noi d'amor favella
Come parla agli augelli ed alle piante;
Temo perché sei sola,
Troppo giovane, e bella!

***

Sappi: incostante è amor. Lascia ch'io t'ami
Perché d'uopo ho di te - d'uopo ho di questa
Febbre che mi consuma;
D'uopo della divina o folle idea
La qual distrugge o crea;
Che plaghe ignote addita
Co' suoi splendidi lampi;
Che popola di sogni
Questa misera vita!...
Làsciati amar - tu non amarmi! - Amore
Vivrà sempre nell'anima
Fin che si pasce il core
D'insoddisfatte brame.
Non carezzar le mie speranze! - stolta
Se a me tu credi! - infame
Se natura secondi! -
Talora io pregherò - né tu m'ascolta,
Né dirmi una parola;
Talor, forse, inebbriato,
Invocherò dal labbro tuo la santa
Rugiada d'un sol bacio... Oh, va, t'invola,
Fuggi da me. Guai, se quel dì sospiri!
Guai, se al mio labbro appressi
Le tue labbra tremanti!
Ahi, fuggiranno rapidi
I sospirati istanti,
E spariran con essi
I tuoi sogni dorati e i miei deliri!
Volubile farfalla in grembo a' fiori,
Trasvolerà quest'anima
A implorar nuove febbri e nuovi amori!

Nelle stellate sere,
Quando natura a noi rende l'oblìo,
Chiedi alle ardenti sfere
Il sovrano mistero
Dell'amor che vivifica, ed è immenso
Come il pensier di Dio!
Ma non chieder tu mai perché sul giglio
La farfalletta vada:
Non chiedere giammai perché l'aprile
Presenti al sole i calici dei fiori
Bagnati di rugiada!...

***

Lasciati amar... sei bella! - invidio tanto
Il fiorellin che muor sotto i tuoi passi
Profumando il tuo piede;
Invidio la tua fede,
I tuoi pensier, le lagrime, e il tuo riso;
L'aura che tu respiri, e il sol che bacia
Il tuo pallido viso;
I sogni tuoi purissimi
E i casti desiderî;
Invidio le tue treccie, e il sottil nastro
Che al tuo collo s'annoda;
L'altar dove tu preghi
E il libro delle preci che tu tocchi;
E invidio pur quei ricciolini neri
Che sul fronte ti aduna
Un ingenuo capriccio, oppur la moda:
Io, com'essi, vorrei baciarti gli occhi,
O mia piccola bruna!
Làsciati amar... ma non mostrarti lieta
Dell'amor mio... lo sai! Lascia ch'io brami,
Né sia pago giammai d'una parola
D'uno sguardo, d'un sospir; - lascia ch'io t'ami,
Ma non amarmi mai:
Il dì che m'amerai
Canti più non avrà per te il poeta!

***

Per un tuo bacio, sappilo Maria,
Io darei l'avvenir, darei la vita,
Darei l'anima mia!...
Ma il tuo bacio non vo' - mi fa paura
La voce di natura...
Non vedi? April c'invita:
Cantan gli augelli, olezzano le viole,
Ed un raggio di sole
Feconda il vol di quelle due farfalle
Che tremanti d'amore
Corrono a nozze in grembo de la valle.

Bella e ingenua fanciulla,
Va! - se d'amor non sai,
Godi, e nei sogni giovanil ti culla:
Lasciati amar, ma non amarmi mai!


II.

IN AUTUNNO

«- La tua fanciulla è morta! -»
Il tristo annunzio
Senza lagrime appresi
Da un mio fedel. - Compiango il mio destino,
Ma pietà non imploro
Né per me, né per lei. - Morta a vent'anni:
Quando nel cor le sorridea l'aprile!
Ahi! sul mattin, funesto
Ti fu il bacio del sol, nebbia gentile!
Un bacio ti diè forma
E ti disperse un bacio!...
Dove sei tu? - fra noi non lasci un'orma.
Forse confusa stai
Fra quelle nubi d'oro
Che lietamente annunziano il mattino!
Palpita pur, natura;
Di te non temo - la mia fiamma è pura.

***

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Notte più cupa e rigida
Mai non vide novembre. - Il ciel si oscura:
L'aria è pesante ed umida.
Urla tra i vani delle imposte il vento,
Ed al rauco lamento
Par che risponda il tuono in lontananza.
Un tizzo fuma e crepita
Là nel camino, e spande per la stanza
Un sinistro chiaror... Sul pavimento
Vedo l'ombre dei mobili
Guizzar confuse e tremule,
Come fantasmi tetri...
Piove - con suono stridulo
Picchia la pioggia ai vetri.

Son solo, ho mesto il cor. Siedo - ad un foglio
Confidar le mie smanie
E i miei pensieri io voglio:
Nol posso! - Arde la fronte - intirizzita
È la mia man... son stanco.
Mi sfugge dalle dita
La penna... e il foglio lacero, ancor bianco.

Piove; lento ho il respir... sì, son commosso,
Né so il perché. Che spasimo!
Ho triste il cor, pianger vorrei... nol posso.
M'alzo. La solitudine
Mi pesa... mi sconforta;
Il tristo annunzio, assiduo,
Mi torna in cor: - «la tua fanciulla è morta! -»
M'aggiro per la camera
Inquïeto, smanioso...
Mi faccio all'invetriate:
Oh Dio, che tempo uggioso!
E piove sempre... e brontola
Il tuono... e il vento sìbila.
Le vie son spopolate;
Le tremule fiammelle dei fanali
Si specchiano sul lastrico...
Dormon tutti i mortali:
Tutti... fuorch'io! - coll'uragano io veglio...

Sento nell'ossa un brivido
E m'appresso al camin - tormento i tizzi
Che, tormentati, gemono,
E mandano faville.
Insistenti, monotone,
Battono ai vetri le importune stille,
E batte al cor la noia.

Com'è lunga la notte! - il sonno fugge
Dalle mie stanche palpebre
E la tempesta rugge...
Come son lente l'ore!
Lo sconforto ho nell'anima,
Ho l'affanno nel core,
E nella mente mia
Quell'eterno pensier: «- morta è Maria! -»

Chino la fronte, e un breve
Riposo invoco. Alfin socchiudo gli occhi,
E parmi udir, fra gli urli, una campana
Che, lontana lontana,
Mi rimanda i suoi lugubri rintocchi;
E poi, fra l'ombre, un gemito,
Un respiro affannoso
Ed una lieve tosse;
E di là dalla porta
Un passo frettoloso
E singhiozzi sommessi;
Poi spavento di fosse
All'ombra dei cipressi,
E sempre in cor quel grido: «è morta, è morta!»
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

***

Piango: - perché? - Rispondimi;
Rispondimi, o Natura! - Ai sensi miei
Ancor tu parli con possente voce?...
Oh, va! - maliarda sei.
Forse additi una croce
Per dirmi che Maria mi fu rapita?
No, non è ver - tu menti!
Pianger non vo' - la mia fanciulla è in vita
Né può temer d'oblìo...
E che? - novello Satana,
Tentar tu vuoi la mente del poeta?
Dio ragiona allo spirito,
Tu commuovi la creta! -
Non ho creduto al palpito
De' tuoi incostanti amori
Quando in grembo all'april tu favellavi
Agli augelletti e a' fiori:
Non credo alle tue lagrime
Or che parli di morte in grembo al verno.
Immutabile, eterno,
Vive lo spirto, e muore ogni altro incanto...
Oh non tentarmi... lasciami!
Tu il riso fingi, come fingi il pianto.

***

Vieni, vieni, o Maria! - te sola invoco.
Morta non sei! - tu vivi in una stella,
Sempre giovane e bella,
Come ti vidi l'ultima
Volta che ti lasciai - si è fatta eterna
Or la tua giovinezza.
Né tempo omai, né affanni
E né maligna brezza,
Rapire a te, bell'angelo,
Potranno i tuoi vent'anni!
Tu non passasti, no; - son io che passo
Dinanzi a un orizzonte
Che sparir veggio in una nube nera;
Io, che conto ogni sera
Una ruga di più sulla mia fronte!
Deh, vieni a me dappresso,
Adorata Maria:
D'amarmi or t'è concesso,
Or posso dir: - sei mia!
Che importa a me se gli uomini
Illuso mi diranno?
Illuso? ebben, tal sia:
Odio il ver che sconforta - amo l'inganno
Che dà la pace al core.
L'anima che non crede
Non sa che cosa è amore;
Io credo in te! - voglio i miei sogni cari,
Il tuo amor, la tua fede.
Irrida il mondo all'amor mio... che importa?
S'ei mi deride, io lo compiango - pari
È la nostra pietà! - Mia bella morta,
Nel tuo soave spirito
L'anima mia s'aqueta.
Viva di dubbi il cinico:
Sognar vuole il poeta!

***

Or più non mi sgomenta quest'infida
Tepid'aura gentile
Che feconda le aiuole:
Non temo più la rigida
Brezza che sfoglia i fior. - Pianga o sorrida,
O dispogli novembre o vesta aprile,
La perfida Natura
Timor più non mi desta.

Deh vieni a me! - posar tu puoi, secura,
La tua splendida testa
Qui, sul mio cor; - non temo
Il lampo ardente de le tue pupille
Né il foco de' tuoi baci.
Dietro larve d'amor non mi consumo;
Fissar posso i tuoi occhi,
Rider posso al tuo riso che seduce.
Di sole or sei vestita,
Or trascorri sui fiori, e non li tocchi;
Il tuo pensiero è luce,
La tua voce armonia,
Il tuo sospir profumo...
L'anima mia t'invita:
Or puoi amarmi, o Maria!!...

 
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