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ENRICO COSTA


Bibliografia. Una donna originale, di C. Tronconi
Enrico Costa
Una Donna Originale. Un atto in versi martelliani, di Cesare Tronconi. Comincio dal confessarvi una mia debolezza: odio il verso martelliano nel Teatro. Non ho mai saputo darmi una ragione della spiccata tenerezza di molti autori per le commedie in versi martelliani. Quei versi incatenati a due a due, come i galeotti, mi danno ai nervi, siano pure spontanei e cari come quelli del Goldoni, facili come quelli di Castelvecchio, accurati come quelli del Ferrari, e inarrivabili per eleganza e buona spezzatura come quelli del Giacosa. Capisco benissimo il verso sciolto nella tragedia e nell'idillio - il qual verso mi avverte di prepararmi ad udire un linguaggio alto, poetico, convenzionale, che noi non siamo usi udire nelle nostre conversazioni - un linguaggio che pertanto può nascondere facilmente la cadenza del verso, e non stanca mai colla noia delle interminabili rime che, involontariamente, ti costringono a fare il papagallo durante la rappresentazione della commedia; ma non so capire affatto la ragione del torturarsi il cervello colle rime, per scrivere commediuole alla buona, coi costumi del giorno; non so capire come si possa perdere un tempo prezioso a raggiungere col verso la spontaneità della prosa. Sarebbe il caso di esclamare con quel turco che assisteva a Parigi ad un festa da ballo: questa fatica non potrebbero farla i servi? Per esempio, guardate come è scorrevole questa prosa:
«Caro amico; ier sera sono stato all'Arena Sassarese. Che folla! La platea era piena di gente, e fu da tutti applaudita la buona commedia del Ferretti, Gli amanti di Verona».
Or bene; chi immaginerebbe mai che la suddetta prosa non è composta che di soli otto versi settenari rimati?
Caro amico, ier sera sono stato all'Arena
Sassarese. Che folla! La platea era piena
Di gente; e fu da tutti applaudita la buona
Commedia del Ferretti, Gli amanti di Verona.
E potrebbe un poeta menar vanto di questi versi? E se non vuol menarne vanto perché perde il tempo a scriverli, mettendosi nel pericolo di rovinare la sua commedia?
Ed ora veniamo alla commedia del Tronconi, scrittore ben noto all'Italia per le sue Madri per ridere, per la sua Evelina, e per la sua Passione maledetta - lavori che hanno suscitato una guerra fra i campioni dell'idealismo e quelli del realismo - guerra che per sé stessa basta a comprovare che Tronconi non è uno scrittore di dozzina.
Nel passato numero abbiamo parlato della Vipera del Tronconi; ed oggi diremo brevi parole per la Donna Originale. Questa commedia, come la prima, è lodevole per sceneggiatura, per vivacità di dialogo e per buona condotta, ma la Donna del Tronconi non è affatto originale ... La protagonista della commedia è una delle solite vedove che ha giurato di non più maritarsi, e di odiare gli uomini ... e finisce per cadere in un uomo - conseguenza naturale.
Il lavoro del Tronconi ci richiama moltissime commedie, fra le quali Cogli uomini non si scherza, e il Regno di Adelaide. Intendiamoci, io non voglio muovere severe accuse al Tronconi accusandolo di plagio, tanto più che io non divido le esigenze di molti rigorosi critici, i quali, in un mondo vecchio, vogliono a viva forza cose nuove. Gira e rigira la natura umana ha sempre le stesse passioni, e prima di tutte l'amore; e quando si vuole uscire dal vecchio, credendo di aver trovato del nuovo, si cade nello strano e nell'assurdo, e si scrivono commedie che muoiono l'indomani della loro nascita. Al Tronconi faccio un solo appunto. Ho protestato che odio i versi martelliani nel Teatro; ma mi piacciono tanto quando sono ben fatti. I versi di Una Donna Originale sono brutti ... molto brutti! E non so spiegarmi come il Tronconi li abbia scritti, dedicandoli all'egregio Angelo Sommaruga che sa farne dei buoni, ed ha un gusto squisito nello sceglierli per la sua Farfalla. Lo spazio non mi permette di riportare per intiero dialoghi, mi basta accennare qualche verso che lascia molto a desiderare e per eleganza, e per scioltezza, e per misura:

Senza del quale ... l'oro è peggio che niente
Perché eccita sol capricci in una vana mente.

Eppur son la più belle metà del creato!
Se serbansi fanciulle ... ridicole le trovan!
Le chiamano ... galline! Se si maritan provan
L'inferno in terra!

Chi giunge a tal estremo provoca reazione
E voglia con noi stessi d'ir in contraddizione.

(Che sento mai? Mi par che l'alma mi si sgeli!)

Saran circa dieci anni. Era una notte tiepida
D'autunno. Un giovinetto ... coll'alma molto trepida ecc.

E con malfermo accento: domani deo partir!
Le disse - Permettete. Qui si fermò ... Il respir
L'affanno gli togliea!

Se no, come gli altri ... già detto avria: non voglio.

Se di me ... sovvienvi ... una prece ... deh ... non negatemi.

Non lo vedete il come ... nella mia faccia beata?

Con tanta ritrosia vilmente si cader?

E così di molti e molti altri.
Conchiudo esortando il Tronconi perché curi di più un'altra volta i suoi versi; o meglio ancora perché scriva le sue commedie in buona prosa, nella quale per fermo egli è molto valente.

 
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