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ENRICO COSTA


Cronaca di città. L'eco del carnevale. Nel vuoto della Quaresima
Enrico Costa
VOLI DI ACTOS
Tra la veglia del martedì grasso,
e il sonno del mercoledì magro

Nel momento che scrivo la pazza allegria del Carnevale non è che un sogno - essa appartiene al passato. Il nostro periodico settimanale non può che riportare l'eco di tante gioie, di tante feste, di tanto baccano. Tra la stanchezza che io provo per le veglie protratte oltre il consueto, ed il mùrmure incessante di una folla stipata e clamorosa che tuttora mi risuona all'orecchio, parmi sentire le proteste d'amore fatte nei vertiginosi giri di un valzer, mentre si cinge col braccio una vita delicata e flessuosa; - parmi sentire ancora l'alito di una bocca sorridente carezzare le mie guancie, ed una voce tenera ed argentina susurrarmi all'orecchio un mondo di lusinghe e d'impromesse. Io chiudo gli occhi per togliermi alle seduzioni di una figlia di Eva, ma sento le musiche festose, e sento il profumo dei fiori precocemente appassiti sotto l'ardente pressione di cinque dita color di rosa. Quel profumo, che in sulle prime è soave, diventa in seguito inebbriante e finisce per darmi le vertigini. E chiudo gli occhi... ma in mezzo ad un fondo nero nero, vedo saltellare a misurata cadenza mille e mille domino di varianti colori, veli trasparenti, nastri frastagliati, tessuti di garza tempestati d'oro e d'argento; e cento ballerine profumate, vaporose diafane, mi danzano intorno con piede leggero come se sorvolassero sovra un campo di fiori senza piegarne i calici. La splendida sala gira a me d'intorno, le mie tempie battono violentemente, il respiro è affannoso, e tutto quel mondo di luce, di profumo e d'armonia, passa come in uno specchio attraverso la riscaldata mia fantasia. E fra le seducenti immagini vestite di luce, io vedo una maschera di seta nera contrastare vivamente coi vermigli colori di una guancia paffutella e gentile, ed alle insidiose aperture di quella maschera si affacciano due nere pupille che mandano lampi, fissandomi con voluttuosa insistenza e destandomi in fondo all'anima un tumulto di affetti. - Oh, chi potrebbe mai ridire l'arcano linguaggio di un delicato profilo che ti fa intravedere le sembianze di un angelo sotto la seta nera di una larva di demonio? - Chi potrebbe ridirmi il fascino irresistibile di un collo d'alabastro sul quale scende talvolta una ciocca di capelli, agitata dall'alito di un furente ballerino? - Chi potrebbe ridirmi il fremito di un giovane innamorato al contatto di quelle fronti ardenti, madide di sudore, le quali sembrano aspettare da un momento all'altro una corona di baci infuocati?...
Ma il Carnevale non è oramai che un passato, e il rammentarlo oggi in braccio alla sparuta e silenziosa Quaresima, produce un senso di indicibile angoscia.

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Il Carnevale di Sassari fu quest'anno assai più vivace e clamoroso che negli anni decorsi. I diversi locali aperti alle feste da ballo rigurgitavano di maschere e di persone d'ogni ceto - la Piazza Castello, come sempre, venne tramutata in un immensa sala da ballo; ed il brio lo spirito ed il chiasso vi regnarono sovranamente. Tutte le classi sociali, affratellate quasi in un onesto divertimento, sembravano darsi la mano - fu un movimento continuo, un va-e-vieni, un urtarsi - fu un'allegria spontanea, vivace, e nello stesso tempo contegnosa ed ordinata, degna certo di qualunque popolo colto e civile.

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Una società di onesti giovani appartenenti al Commercio, contribuì a rendere più brillanti le feste del Carnevale. Quaranta individui, con una mascherata fatta con buon gusto e con un ordine ammirabile, diedero quasi un nuovo indirizzo alle nostre costumanze carnascialesche - e noi speriamo che un altro anno si vorranno tradurre in vasta scala simili mascherate. - Ma, che diremo noi del pensiero gentile che ebbero questi giovani, di volgere, cioè, a profitto dell'umanità sofferente i loro divertimenti? - La beneficenza fu il santo loro scopo, e mentre la nostra cittadinanza è riconoscente a quell'eletta schiera di giovani gentili per il procurato divertimento, i poveri ricoverati dalla carità cittadina si ebbero, mercè le cure di quei generosi, un obolo dalla popolazione, e poterono raccogliere poco meno di 2400 lire a proprio benefizio. - Queste azioni non hanno bisogno di commenti. Sia dunque lode a quei volonterosi - e fra tutti ci piace segnalare alla pubblica benemerenza l'ottimo giovane Francesco Pieroni, autore e direttore di così bella mascherata.

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Il nostro Circolo Sassarese volle chiudere il Carnevale dando una sontuosa festa da ballo. Il nuovo locale era parato con magnificenza. Una vastissima sala da ballo sfarzosamente illuminata, un'altra di conversazione, due sale per giuoco e bigliardo, due per il buffet, camera di lettura, due gabinetti di toeletta, uno per uomini e l'altro per donne, componevano questo superbo locale il quale non poteva meglio prestarsi in tale circostanza. - Fu una specie di inaugurazione del nuovo Circolo, e se la festa non riuscì forse quale ognuno se la riprometteva, è vero altresì che essa fu tale da rendere orgogliosa la Direzione che la progettava e la cittadinanza che vi prendeva parte.
La splendida sala da ballo era addobbata con molto lusso, ed eleganza insieme, ed offriva allo sguardo quanto di più incantevole può immaginarsi.
Che dirò del ballo?... delle donne?... delle toelette? -
Figuratevi un immenso mazzo di fiori di squisita eleganza, coi calici dei più disparati colori, armonizzanti fra loro per bellezza di corolle e per soavità di profumo - immaginate cento eleganti toelettes di seta, di velluto con pizzi, di mussola, il tutto di buon gusto, grazioso, leggero - immaginate cento ninfe dall'occhio nero od azzurro, tutte sorriso e gaiezza - immaginate cento pupille piene di affetto, di passione, di vita - immaginate delle graziose vesti scollate che segnavano pudicamente (e nello stesso tempo con innocente civetteria) quei confini provocanti del seno che separano la timida fossetta della fanciulla dai verecondi tesori della maternità, per lasciare all'occhio degli indiscreti la prima, ed alla gelosa custodia della tela batista i secondi - immaginate cento sorrisi maliziosi e cento sguardi furtivi - immaginate infine sei grandissimi specchi che, al vivido splendore dei ricchi lampadari e doppieri, centuplicavano quelle sale, quei sorrisi quelle toelettes e i molti vasi di fiori - e voi avrete una pallida idea della festa data al nostro Circolo la sera del 26 febbraio.
Non vi era distinzione di casta - era una famiglia sola. La bellezza e l'armonia avevano riunito in un vincolo d'amore e d'ilarità tutte le classi sociali. - Forse di diamanti vi era penuria, ma vi erano certi occhi che splendevano più che i diamanti - forse i topazi ed i rubini scarseggiavano, ma nei dolci sorrisi si vedevano certi denti di avorio che valevano assai più di un monile di perle.
Qual'era la migliore fra le toilettes? - Quale era la regina della festa?
Stabilire un primato fra quelle donne sarebbe stato un compito ben difficile, e, il solo tentarlo, forse un'offesa al bel sesso; ed io non divido affatto il parere del mio caro amico Reporter della Gazzetta di Sassari, che, descrivendo un'altra festa da ballo (in famiglia) volle individuare una dozzina di ballerine colle rispettive toilettes. - Le toilettes del Circolo erano tutte eleganti perché armonizzavano perfettamente colle diverse figure e, direi quasi, col carattere delle ballerine - e le donne conoscono troppo l'arte dell'acconciarsi perché un uomo possa fare una critica dei loro abbigliamenti. - La bellezza della toeletta non consiste né nel valore dell'abito, né tanto meno nel colore della stoffa - consiste nell'insieme della grazia e della bellezza; in quel certo non so che che noi non sappiamo, né sapremo mai spiegare. Ho veduto una cara fanciulla la cui toeletta io giudicai fra le migliori - e non aveva che una semplice veste di mussola, la quale però armonizzava tanto con la dolce espressione di quel volto ingenuo e modesto. - Ho ammirato una bella ed elegante maritaia i cui occhi neri affascinavano, e i cui capelli vellutati, intrecciati a qualche fiore, cadevano con noncuranza sulle nude spalle... Era una bella toeletta... eppure nel momento che scrivo non so dirvi neppure di qual colore fosse la veste di quella donna.
Tutte quelle ballerine, lo ripeto, erano eleganti, e (diciamolo francamente!) l'innocente desiderio non se ne restò in antisala. Se si fosse potuto leggere nel cuore degli uomini, certo si sarebbero letti questi due pensieri scolpiti a caratteri di fuoco:
" - Com'è mai possibile che nel mondo si possa amare una sola donna?"
" - Com'è mai possibile che da un roveto ardente Mosé abbia proclamato il nono comandamento di Dio?"
Qualunque descrizione (voglio ripeterlo!) non può essere che pallida al confronto del vero. Tutti i giovani in seno a quella festa si cullavano nella speranza - mentre gli uomini maturi di beavano nel ricordo dei tempi passati, e guardando con occhio invidioso quelle coppie danzanti, si precipitavano disperati nelle sale del buffet per obliare nelle promesse della ghiottoneria le tentazioni dell'amore...
E anche Acros, privo di speranze e pieno di ricordi, spiccò un volo leggerissimo sui ravioli, i quali erano venuti alla festa da ballo colla toeletta di Eva, cioè a dire senza la camicia di formaggio.

 
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