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ENRICO COSTA


Faust. Cicalata teatrale
Enrico Costa

Da parecchie settimane il Faust calca le scene del nostro Civico. Darvi un giudizio su quest'opera sarebbe un'impresa troppo difficile, né sarò io certo che la tenterò. Il Faust è un'opera di genere speciale - direi quasi che ha dischiuso una nuova scuola, alla quale hanno attinto, ed attingono gli odierni maestri, facendola oggetto ai loro studi prediletti. - È un lavoro accurato e coscenzioso, frutto di serî studi - i suoi cori sono stupendi, la strumentazione elaboratissima, i diversi affetti e i diversi caratteri tratteggiati con rara maestria. - Goethe ha avuto un degno interprete in Gounod - la musica del severo maestro francese è ben degna del capolavoro del sublime poeta tedesco.
Io non saprei fare dei confronti, darvi delle tecniche ragioni, stabilire dei rapporti fra il genere di questa musica e il genere italiano. - Come profano, potrei dirvi che la musica del Faust non giunge subito alla mente, né al cuore. La prima sera della rappresentazione l'uditore rimane stordito. La sua mente si tortura per afferrare il senso di quelle severe armonie - e il cuore, perplesso, non sa che farsi, scosso da quel linguaggio che non può comprendere. - La musica italiana è più pura, più schietta, più spontanea; sa di essere bella, e perciò sdegna gli ornamenti e gli artifizî - essa non vuol essere aristocratica, e perciò parla il linguaggio universale, il linguaggio della natura, che ha la sua scala cromatica fra il lamento dell'usignolo e il fremito dei mari, fra il sospiro della brezza e l'urlo delle tempeste - linguaggio che tutti comprendono, sapienti e ignoranti, scienziati e profani.
Però, dopo alquante udizioni del Faust, il pubblico si ricrede - si abitua al genere nuovo - ascolta con maggiore attenzione - e finisce per gustare le squisite bellezze del capolavoro del Gounod, per mai più dimenticarle. - È questa la sorte toccata al Faust in tutti i teatri, cominciando dal 1859, anno in cui fu rappresentato per la prima volta nel teatro lirico di Parigi. E da quell'epoca fece il giro di tutto il mondo, formando la predilezione di tutti i pubblici, e quindi di tutte le imprese.

Lasciando a parte la musica, dovrei ora parlarvi dell'argomento del libretto - dirvi che non è un semplice intreccio da romanzo - che il melodramma è tutto filosofico - che Margherita non è solamente una buona e ingenua fanciulla, ma è simbolo della fede, della bellezza e della fragilità, come Faust è il simbolo del dubbio e dell'avida scienza, e Mefistofele il simbolo del male e della distruzione. Dovrei dirvi che i commentatori si logorano tuttodì il cervello per trovare nuovi misteri in quella voragine di filosofia che è il poema di Goethe - quantunque lo stesso Goethe, in una lettera diretta a Eckermann, abbia quasi confessato, di non aver mai voluto dire tante cose quante glie ne attribuivano i critici commentatori - e ben scrisse il Cantù, che in questo dramma ognuno trova ciò che vuole. - Tutte queste cose io dovrei dirvi, ma mi limito a raccontarvi il fatto puro e semplice, quale si presenta a un povero spettatore del Lobbione.
Faust è un vecchio dottore di Vittemberga; una specie di Alchimista, o se più vi piace, un Pescatore di Chiaravalle, il quale, dopo essersi logorato sui libri, studiando la natura, si accorge finalmente di saperne meno di prima. Stanco della vita, annoiato della scienza, vorrebbe darsi la morte con un filtro - maledice il piacere, i libri, la preghiera e la fede, e finisce per chiamare Satana, il quale viene in suo aiuto e gli offre la sua servitù. - Faust ricusa le ricchezze, la gloria e il potere, e domanda unicamente la gioventù ed i piaceri, che Satana a lui promette, col patto però che gli venda l'anima, sottoscrivendo un pagherò a 24 anni data (come dice la vecchia Leggenda di Widmann). Faust dunque, che prima era un vecchio-fanciullo, diventa una fanciullo-vecchio; e appena sente bollire nelle vene un sangue giovanile domanda subito d'amare. Il diavolo gli presenta Margherita, una bella fanciulla di 14 anni, la quale è per metà innamorata dell'ingenuo Siebel, che vuol sedurla a furia di mazzolini di fiori (non è Goethe, ma sono i signori Barbier e Carrè che lo dicono!). Il Diavolo dunque, predispone il cuore di Margherita in favore di Faust, non per mezzo della gioventù e della bellezza, ma per mezzo di quella leva potente che tanto può nel cuore femminile: la vanità. - Un astuccio di gioielli e uno specchio sono gli strumenti di cui si serve Mefistofele per vincere Margherita.
Conoscete la gazza? È un uccello conirostro della famiglia dei corvi e del genere pica. Esso ha l'istinto di rubare e di nascondere gli oggetti brillanti. Rossini se ne è innamorato, e basta. - Or bene, molti vogliono che la donna abbia qualche cosa di comune con quest'uccello. Essa, infatti, è amante di tutto ciò che brilla, come braccialetti, collane, pendini, ecc. È certo un istinto di natura perché si osserva tanto nella donna selvaggia quanto nella donna incivilita. - Cristoforo Colombo si servì dei gioielli per ammansare le donne americane... e vi riuscì. - Molti naturalisti pretendono che a un tale istinto debbasi ascrivere la pronunciata tendenza delle donne per i militari in genere. Ne volete una prova? Strappate agli ufficiale i bottoni di argento, togliete loro le spalline e la spada, e voi diminuirete il loro fascino verso le donne. - Conobbi un tenente di cavalleria innamorato follemente, e follemente riamato da una donna che non possedeva la dote necessaria. Quel militare per poterla sposare domandò le dimissioni... Ebbene... lo credereste? - Il poveretto finì per perdere l'amore della donna e l'impiego del Governo.
Scusate se ho deviato dal soggetto.
Margherita, dunque, è affascinata dai gioielli, e abbandona Siebel (forse anche perché sa che questi non è che una donna). Poco dopo accade nel giardino una certa scena, la quale, quantunque essa pure sia un simbolo, viene compresa, tanto dal colto pubblico della platea, quanto dall'incolto pubblico del Lobbione, in grazia della scuola moderna che vuol trovare la morale nel verismo. Termina l'atto colla luce elettrica, che avendo la procura della luna, corre a illuminare il bacio di Faust e di Margherita. Qui l'autore ha fatto uscire la luna dalle sue abitudini, poiché ognuno sa, che, ordinariamente, essa si caccia dentro una nuvola quando vi sono madri che dormono e diavoli che vegliano. Tiriamo innanzi.
Margherita termina per cadere... e ciò perché gli uomini non vogliono mai capire che le donne a cui natura donò un bel piedino, sono sproporzionate. La Venere dei Medici ha forse un piede piccolo? No, ha un piede regolare - ciò che non aveva Margherita. Ora, chi ha un piede piccolo ha le piante malferme, e chi ha le piante malferme sdrucciola facilmente sul lastrico - e Margherita sdrucciolò e cadde.
Cadde - e Faust da quel momento fa l'indiano, mostrasi appassionato, canta della buona musica, ma non parla mai di matrimonio e di riparazione...
Dal 3º al 4º atto non so quanto tempo trascorra; certo però, non meno di nove mesi. Margherita è in carcere e vi muore pazza. Il Diavolo grida che è dannata, ma invece è salva, come risulta da quella fanciulla coronata di rose che chiude lo spettacolo, e che sembrerebbe un'anima del Purgatorio, se le purghe in teatro fossero tollerate. - Di Faust non si sa nulla - si ritira preoccupato di quella certa cambiale a 24 anni data che deve pagare a domicilio del Diavolo il giorno della scadenza.
Qui termina l'opera, e qui terminerei anche io, se non sentissi il dovere di spendere due parole per l'esecuzione del Faust al nostro teatro.
Che devo dire? - Dirvi che vi è un appunto da fare - dirvi che tutti i personaggi sono a posto - che quest'opera non lascia nulla a desiderare; sarebbe lo stesso che dirvi degli spropositi - e spropositi io posso farne sempre, ma non ne dico mai.
L'avere rappresentato il Faust sulle nostre scene è già qualche cosa - e senza aver bisogno di fermarmi sui particolari, ognuno può di leggieri immaginare come sia andato lo spettacolo. - L'elogio maggiore spetta questa volta all'Impresa, la quale ha fatto dei miracoli, ed è andata incontro a non lievi spese per far gustare al pubblico un'opera che tutto il mondo conosce... meno Sassari.

 
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