Gente
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 26
Uno del paese vi saprebbe indicare, ad una ad una, tutte le proprietarie di quelli indumenti: lo sciallino d'Efisia, il fazzoletto di Maria Grazia, i broccati della famiglia di Tizio, le ricche coperte di Caio, i damaschi preziosi di Sempronio.
p. 36
La vicinanza delle rovine dell'antica Tharros – che è una vera miniera per gli archeologi – ha dato una certa fama al paese ed ai suoi abitanti. Lamarmora, Spano, Maltzan dicono che le case dei contadini di Cabras erano un tempo altrettanti piccoli musei, ai quali accorrevano gli archeologi e gli speculatori da ogni parte dell'isola. I cabrarissi la pretendono a dotti in tal mestiere – scrive il Maltzan; il quale afferma averne conosciuto molti originali e sognatori; non certo (dico io!) più sognatori e originali di lui nel descrivere l'isola.
p. 65
Era Salvatore, vestito della corta giacchetta e coi calzoni bianchi rimboccati sopra il ginocchio.
p. 71
Da Oristano a Santa Giusta non si vedeva più terra. Era tutto un mare da cui spuntavano i tetti delle case e il ciuffo di qualche albero. In Oristano era un vero orrore. L'acqua precipitava nelle vie con sordo fragore e inondava i magazzini. I cittadini fuggivano atterriti, chiedendo invano soccorso.
p. 115
In quell'anno 1861 – come nei precedenti, e fino al 1884 – la popolazione di Oristano attingeva l'acqua al fiume di Ponte Grande.