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BACHISIO ZIZI


Cagliari, La Voce Sarda Editrice, 1987
Santi di creta
Bachisio Zizi
La stanza appariva senza confini in quella penombra che celava ogni cosa, perfino le pareti e il soffitto. Rumori e voci si percepivano soffocati e indistinti, come se la vita fosse desolatamente lontana. Il senso dello spazio si smarriva nel chiarore remoto di una finestra, una sorta di feritoia, anche se imitava le bifore delle antiche chiese.
Sospeso in quella povera luce, un letto in ferro battuto, con pomi d’ottone alle spalliere, accoglieva l’immobilità di Michele, gravata dalle ombre di un’imminente notte, anche se era ancora alto e caldo il sole di quel benigno novembre. Accanto al letto, seduto su una panchetta rivestita di stoffa, Francesco Senes stringeva una ciotola fra le mani, dentro la quale aveva filtrato gli umori di erbe misteriose, affidandosi al suo istinto di padre più che alla sua scienza di medico. S’illudeva di combattere così il male che consumava quel povero figlio, un male che credeva di sentire anche lui in un punto oscuro del suo essere.
 
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