Vissuti entrambi nel IV secolo dopo Cristo, viaggiarono a lungo, soprattutto nel vicino Oriente. Combatterono l’eresia ariana e patirono l’esilio per questioni religiose. Morirono nello stesso anno, il 371: Lucifero nella sede cagliaritana; Eusebio, a Vercelli, città della quale era vescovo, per mano degli ariani che lo lapidarono.
Si ricorda Eusebio per le Epistole (d’argomento religioso) composte con passione evangelica.
A lui viene attribuito anche un Trattato sulla Trinità (secondo alcuni composto da san Atanasio) e un Evangelario latino, conservato nella cattedrale di Vercelli.
Lucifero anch’egli autore di Epistole, ha lasciato numerose opere scritte in latino, in difesa dell’ortodossia e in forte polemica con l’imperatore Costanzo.
Di lui disse Francesco Alziator: "La prosa di Lucifero non si fa mai arte, ma vibra di tanta passione, forza ed umanità da rappresentare nella storia letteraria, e non solo, dell’Isola, il più notevole esempio di fede nelle proprie idee".
Lucifero traduce in vantaggio quello che potrebbe essere un non piccolo svantaggio: il suo essere pene barbarus lo pone nella condizione di precorrere i tempi, di antivedere ciò che ancora deve arrivare, di non averne paura. Egli si trova all’origine della tradizione letteraria sarda non solo per ragioni cronologiche ma anche perché si è fatto iniziatore di un modus scrittorio che ha accompagnato gli autori sardi fino all’età contemporanea.