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SALVATORE MANNUZZU


Torino, Giulio Einaudi Editore, 1992
La figlia americana (La figlia perduta)
Salvatore Mannuzzu

Spesso esistono alternative, ma scegliere non è facile: e (persino) quanto è disponibile può dispiacere nello stesso modo. Mettiamo il menù che la hostess aveva offerto, assai sbrigativamente: lasagna sommersa da una béchamel orrida, frammista a chissà quale carne tritata; o pollo greve, nel suo riso, di analogo ripieno e pelle grassa. Era il lunch, era il dinner? Fuori degli oblò il tramonto non finiva mai, grandi barbagli filtravano attardandosi tra cumuli fermi di nuvole. Fu nel tepore di quei riflessi, ancora, che incominciò il ritiro delle cuffie noleggiate per il film; intanto, da ogni prospettiva, la cabina rivelava il disastro delle ore di volo: nulla di peggio delle colonie umane. E passò di corsa, seguito dalla tutrice placida, venendo da una toeletta che immagino aveva ben contribuito ad allargare, il bimbetto lillipuziano vestito da Babbo Natale: quanti anni poteva avere? ma si era messo comodo, lasciando nel bagaglio a mano cappuccio con cernecchi e barba bianca. Sì, avevo un po' di paura, quelli che finora ho detto ne erano i segni. Una paura, una stretta al cuore, che non nominavo nemmeno con me stesso, ora che iniziava l'atterraggio e finalmente scendeva sera.

 
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