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RAIMONDO MANELLI


Terni, Thyrus, 1968
Quaresime e veglie (La terra e gli uomini)
Raimondo Manelli

Dalla mia adolescenza riaffiorano

quaresime lunghe.

 

Dimesso dal cantiere, mio padre

frugava disperato i boschi d'alci

in traccia di pere selvatiche.

 

Sullo strame di stuoia

mi svegliavano, all'alba, topi in agguato

tra fascine di secco lentischio.

e non davo battaglia: tentavo

la rima ai primi versi e temevo

sui pochi libri il dente nemico.

 

Nella camera attigua, mia madre vegliava.

Esperta di tante strade

ignote alle automobili,

lei che sapeva trattare la falce

come i ferri del seggiolaio, si avvide

che il cuore robusto reggeva alle prove;

ma di fatica le morivano i ginocchi.

 

Condannata all'inerzia, restrinse

la fatica vitale al cervello:

e più non conobbero sonno i suoi occhi.

Rattratte le membra, sul misero giaciglio

ancora tesseva pensieri e consigli,

senza tregua, finchè il cuore le saltò

come all'émpito dell'acqua una diga.

 
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