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BIANCA PITZORNO


Trieste, Einaudi ragazzi - Edizioni EL, 1995
Streghetta mia
Bianca Pitzorno
Prologo indispensabile
 
Un sorrisino compiaciuto aleggiava sulle labbra di Asdrubale Tirinnanzi mentre, affondato sguaiatamente nella poltrona del notaio, ascoltava la lettura del testamento del suo pro-zio Sempronio, passato a miglior vita la settimana precedente per una fatale indigestione di pesce fritto.
"Finalmente, - pensava Asdrubale soddisfatto, - la vecchia mummia si è decisa a tirare le cuoia!"
Da queste poche righe, cari lettori, probabilmente avrete già capito che:
A) Il pro-zio Sempronio, da vivo, era stato molto ricco, e morendo aveva lasciato un bel po’ di quattrini.
B) Asdrubale Tirinnanzi era il suo unico erede.
C) Asdrubale era un pronipote senza cuore, egoista ed avido di denaro quanti altri mai.
Quello che non avete potuto indovinare, ma ve lo dico adesso e mi potete credere, è che oltre a ciò Asdrubale era un giovanotto dall’aspetto disgustoso, con le guance piene di foruncoli, il mento sfuggente, i denti storti e verdastri per la nostalgia dello spazzolino. Aveva i capelli unti e pieni di forfora, le orecchie sporche e una riga nera sul collo della camicia.
Era anche uno sfaticato che non aveva mai pensato a lavorare in vita sua. "Tanto, - pensava, - prima o poi arriverà l’eredità del pro-zio Sempronio!"
Quanto al pro-zio Sempronio, per tranquillizzarvi, perché vi so di cuore tenero nei riguardi dei vecchietti, vi dirò che era morto sì, ma a novantanove anni, dopo essersi goduto la vita con i suoi miliardi, senza che il fatto di avere un pronipote così antipatico gli avesse mai procurato il minimo dispiacere.
 
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