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SALVATORE MANNUZZU


Torino, Giulio Einaudi Editore, 1992
Dedica (La figlia perduta)
Salvatore Mannuzzu

Dedica

Mia moglie crede che non le voglio più bene. Sono quasi vecchio e a lei, sebbene abbia dieci anni di meno, i capelli diventano bianchi. Precocemente; ma li ha tagliati da tanto, li porta corti come un ragazzo. I miei capelli invece hanno mantenuto il colore d'un tempo. È probabile che lei non mi perdoni neanche questo. Adesso perdona poco di me. In particolare non gradisce che scriva racconti; ciò che pure le piaceva. A volte sembra la disturbi qualsiasi segno di vitalità, o anche di vita, venga da parte mia. Ho detto che sono quasi vecchio: e l'età comincia a molestarmi. Forse lei non sopporta che cerchi di reagire – o solo di fingere; che io sia fatto in questo modo. Ma se poi, di rado, le confido uno dei miei malesseri, magari con l'intenzione di placarla, risponde sbrigativamente che sono gli anni, che devo andare da un medico. Nessuno però direbbe che nella nostra vita esistano conflitti. In apparenza essa scorre, dentro una casa troppo grande, come la vita di due coniugi senza figli e ormai anziani molto legati reciprocamente, con una stretta intesa tra loro; e così usi a fronteggiare il tempo rivolgendosi parole d'un linguaggio divenuto comune, leggero e scherzoso – capaci di allegrie convenzionali, persino eccessive risate.

 
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