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SALVATORE MANNUZZU


Torino, Giulio Einaudi Editore, 1994
Le ceneri del Montiferro
Salvatore Mannuzzu

La storia in breve, come quando la racconta.
Su di lui si formulano alcune ipotesi,
fra le tante possibili.

Questa che segue è solo una mappa, tracciata con finalità pratiche; perché non ci si perda, sopo, nel procedere. Punto d’avvio può essere la vecchia famiglia: provincia isolana e denaro. Cominciano gli anni cinquanta: il rampollo irregolare e triste (Raimondo) mantiene una donna (Maria) del suo paese, di modesta condizione, in città del Continente (Roma). Lai ha un figlio (Lucio), bambino quieto e selvatico, e un quasi marito, più o meno disoccupato (uno smarrito istriano: Walter); a sua volta li mantiene con i soldi dell’altro e vivono presso una parente affittacamere (Italia di nome e di fatto). Maria s’adatta, mette nel conto da pagare malumori e stranezze di Raimondo, che del resto può riuscirle non antipatico: lo raggiunge in albergo come arriva (lasciando detto a Walter).
Specifichiamo qualche data: tra il settembre e il novembre 1950. E ad esempio può esserci una gratuita passeggiata – ombra e sole – di Raimondo e Maria in carrozza, lì a Roma, per selciati, l’acquisto d’un paio d’occhiali scuri da parte di lui, che ha appena rotto quelli che portava e mal sopporta la luce, di sera uno spettacolo teatrale smorzato e incomprensibile, con lunga attesa durante l’intervallo di Maria rimasta sola, e il ritorno di nuovo insieme a piedi nella notte, appena spiovuto e sempre afa, costeggiando il recinto d’un parco, in camera l’amore fatto presto, senza parole, lui poi chi si affaccia nudo al balcone nel buio, e più tardi il suo parlare come solo a se stesso… Ma in genere silenzi, scontrosità, la tratta, non crudelmente, come un animale. A lei piace vivere, tenersi nella corrente, non capisce l’insofferenza di Walter: perché non va bene? Raimondo una volta arriva – subito dopo Natale: non sono riusciti ad avvertirlo – che il bimbo è morto, incontra la piccola bara portata giù per le scale, il prete, il capannello del funeralino. Nella cucina di Italia, dopo, siede col suo solito muso a un lato del tavolo, fra gli amici di Maria, compreso Walter, a prendere il caffè. – del bambino Lucio, “Lucianino”, si ricorda come avesse un occhio assai più piccolo dell’altro; e, sì, anche la simpatia mansueta e, davvero, non comune.

 
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