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GRAZIA DELEDDA


Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1955
Padre Topes (I giuochi della vita)
Grazia Deledda
Qualche anno fa abitavano ancora, in un convento posto sulla vetta d'una montagna sarda, alcuni frati, credo francescani. Ogni tre o quattro mesi, uno di loro scendeva la montagna, prendeva un cavallino nel villaggio sottostante - e per lo più questo cavallino veniva concesso gratuitamente da qualche ricco contadino del luogo - e visitava cinque o sei paesi, in cerca di elemosine. Il più giovine dei frati, soprannominato padre Topes, per la sua figurina timida di topo, dal lungo musetto pallido ed i piccoli occhi lucenti, aveva appena ventidue o ventitré anni, sebbene ne mostrasse di più: pregava e taceva sempre; era in odore di santità, e si diceva fosse vergine. Egli era figlio d'un bandito morto assassinato molti anni prima: da fanciullo aveva fatto il mandriano, e sua madre, una fiera e miserissima vedova, avrebbe preferito ch'egli seguisse la via del padre, piuttosto che vederlo farsi frate.
 
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