Signori Senatori.
Intanto ch’io aspetto col più vivo desiderio quel giorno che, giusta la vostra deliberazione del 19, io possa a voi dimostrare ampiamente la necessità grande che vi ha di una legge nuova intorno all’ordinamento giudiziario e alle promozioni de’ membri della magistratura giudicante, non ho voluto metter tempo in mezzo a richiamare la vostra attenzione sopra un fatto strano, quantunque (ahi misera Italia!), né nuovo, né raro, né insolito, né singolare, né unico, né inaudito. Ben mi accorgo ch’io tocco un tasto assai delicato. Ma io piglio sul serio la libertà della parola e l’adopero largamente ogni volta che mi paia necessaria, o soltanto utile e opportuna. Riconosco tuttavia il dovere di farmi intorno intorno siepe di riservatezza e di prudenza. Porterò rispetto a tutto, a tutti, e sarò breve, ossia perché non è mestieri di parole molte là dove parla da sé la muta eloquenza dei fatti, ossia perché come lasciò scritto il Savio:
In multiloquio non deerit peccatum.