Mai non fu, accademici, argomento più degno di proda e di verso che questo del quale per grazioso giudicio vostro io prendo oggi a favellarvi, né mai mi sentii da forza quasi divina tratto a dire come ora che debbo onorare con voi di pianto e di lodi abbellire la tomba del più volenteroso guerriero che fosse, del più infelice cittadino d’Italia, di re CARLO ALBERTO. Ben veggio io come aia alla gravità del discorso inferiore l’accorgimento e fiacca la parola mia. Ma non per questo ho io a temere la vergogna che seguita gli sforzi temerarii; ed è somma e inevitabile a chiunque osi delle cose grandissime con disuguale ingegno parlare. Imperciocchè alla ostentazione del sapere e al manco dell’arte fia soprabbondevole compenso quella stessa dovizia di fatti egregi ch’io vi verrò in semplici modi esponendo, avvegnacchè ornato abbastanza se non splendente di vivissima luce debba riescire ogni elogio, quando l’altezza delle commendevoli opere è siffatta, che il povero ingegno del lodatore in niun modo nuocer possa alla dignità del lodato.