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GIOVANNI SIOTTO PINTOR


Milano, Tipografia Pietro Agnelli, 1865
Contro la proprietà intellettuale
Giovanni Siotto Pintor

All’Egregio Antonio Scialoja, senatore del regno.

Chiarissimo signore e collega,

nello scorgere domandata dal governo la estensione a tutto il regno delle leggi intorno alla espropriazione forzata e alla proprietà letteraria e artistica, io pigliai non poca maraviglia della malattia ond’è di presente travagliata l’Italia, il furore della pronta e immediata unificazione amministrativa e legislativa. Non è uopo ch’io le dica come desiderassi combattere la prima delle accennate leggi fuor di modo più illiberale della legge austriaca; né mi pungeva meno la voglia di dire contro quell’altra la quale mi parve ognora strana e abborrente da ogni ragione di civile consorzio per modo, da non avere mai inteso come o per quali vie abbia potuto penetrare in cervello umano. Ma nella tornata del 29 di marzo un buon numero di senatori si mostrò stanco della discussione quando, nello avere io preso a parlare sopra altro rilevantissimo argomento, mi si facevano quinci e quindi i rumori colle sacramentali parole – a’voti, a’voti – e vidi tra gli altri un uomo a me benevolo, un prefetto di provincia vicina, smanioso di tornare a’ suoi, gridare a squarcia gola co’ soddisfatti, quantunque proteste dignitose sorgessero da tutti i banchi contro la usanza non troppo parlamentare, a non dir altro, di strozzare la parola de’ colleghi.
 
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